Auditorium Pedrotti – Conservatorio G. Rossini, Pesaro per i 200 anni del Barbiere di Siviglia e il compleanno di Rossini
“IL BARBIERE DI SIVIGLIA”
Commedia in due atti di Cesare Sterbini
Musica di Gioacchino Rossini
Edizione critica Fondazione Rossini/Ricordi a cura di Alberto Zedda
Il Conte d’Almaviva SUNNYBOY DLADLA
Bartolo FILIPPO FONTANA
Rosina CECILIA MOLINARI
Figaro YUNPENG WANG
Basilio DIMITRI PKHALADZE
Berta GIORGIA PACI
Fiorello LI SUXIN
Ambrogio GIUSEPPE LAMICELA
Un ufficiale XUE TAO
Orchestra e Coro del Conservatorio Rossini
Direttore Alberto Zedda
Maestro del coro Aldo Cicconofri
Chitarra Irene Placci Califano
Pesaro, 27 febbraio 2016
Pesaro ha appena festeggiato il suo ‘nume’ Rossini, nella doppia ricorrenza del compleanno – che a rigore cade ogni quattro anni, essendo Gioacchino nato il 29 febbraio del 1792, bisestile come il 2016 – e dei 200 anni del Barbiere di Siviglia, che ha visto la luce il 20 febbraio del 1816. Per far questo la città ha organizzato dieci giorni di manifestazioni ed eventi che hanno avuto come momento culminante e conclusivo la rappresentazione del Barbiere di Siviglia in forma di concerto al Teatro Rossini, diretto da Alberto Zedda, con i giovani cantanti dell’Accademia Rossiniana e l’Orchestra e il Coro del Conservatorio cittadino. La rappresentazione è stata preceduta da una prova generale aperta al pubblico, alla quale ho assistito, che si è tenuta all’Auditorium Pedrotti, la magnifica sala da spettacolo del Conservatorio Rossini. La presenza delle principali autorità cittadine, dei vertici del Rossini Opera Festival e di un nutritissimo pubblico invitato ha fatto sì che la concentrazione, l’impegno e la resa complessivi fossero quelli di una vera e propria recita, più che di una prova. Ma l’atmosfera, ancor più che quella di una recita, sembrava essere quella di una festa, una festa per Rossini, per la città e per la musica; e a renderla tale hanno contribuito in maniera fondamentale l’età e l’entusiasmo dei suoi protagonisti, sulla scena e in orchestra. Faceva eccezione il maestro Alberto Zedda, con le sue ottantotto primavere: eccezione per l’età, non certo per l’entusiasmo. Zedda è un uomo minutissimo, ha statura e proporzioni di un tredicenne e un viso da antico saggio; il suo corpo invece è sorprendentemente giovane ed elastico, pronto a pulsare con la musica in un gesto direttoriale scattante, armonico e cordiale, una danza festosa che anima tutti i suoi arti senza lasciare nessuna traccia apparente di stanchezza. È insieme un protagonista e un simbolo di uno dei fenomeni culturali più interessanti del XX secolo, quella che generalmente viene chiamata Rossini Renaissance, e che ha portato alla riscoperta e riproposizione al pubblico dell’intero corpus delle opere del compositore. Zedda ha dato un contributo alla attuale conoscenza di Rossini su tre campi di azione diversi: in veste di filologo musicale, dando l’avvio e partecipando alla stesura di numerose edizioni critiche, in veste di direttore d’orchestra, sottoponendo alla verifica della vita teatrale le partiture ricostruite sulla base delle fonti originali e in veste di insegnante, approfondendo gli aspetti stilistici che caratterizzano la prassi esecutiva rossiniana a beneficio di quei cantanti che desiderano specializzarsi in questo genere di repertorio frequentando l’Accademia. E proprio gli allievi dell’Accademia Rossiniana, insieme ad alcuni dei migliori studenti di canto del Conservatorio di Pesaro, quasi tutti al di sotto dei trent’anni, sono stati gli interpreti di questa edizione del Barbiere, presentato nella più rigorosa integralità, e ovviamente nell’edizione critica approntata da Alberto Zedda per la Fondazione Rossini. La stessa età media, se non addirittura inferiore, caratterizza gli strumentisti dell’Orchestra del Conservatorio, tutta composta da allievi e da qualche insegnante. L’Orchestra ha dimostrato fin dalla Sinfonia un ottimo livello e una perfetta capacità di aderire alla visione del direttore, fornendo l’energia, la brillantezza di suono, lo scatto, e contemporaneamente la trasparenza e la leggibilità che caratterizzano il Barbiere, ormai veramente classico, di Zedda. Qualche occasionale minimo anticipo o ritardo negli ingressi, raro e più che scusabile, non ha reso meno bella un’esecuzione che, cosa ben più importante, era giusta nel tono, nell’atmosfera, nei tempi, nel passo. Il Coro, anch’esso composto da allievi, ha offerto una prestazione ottima, con grande compattezza di suono, precisione e flessibilità dinamica, oltre all’irrinunciabile brio, contribuendo in maniera determinante a due finali d’atto scintillanti. I solisti, dei quali si è sottolineata la giovane età, sono tuttavia artisti in carriera che hanno già partecipato a più produzioni teatrali; stanno muovendo i primi passi verso la loro maturità professionale, ma hanno già esperienza del palcoscenico e del pubblico, come testimonia la loro generale disinvoltura e assenza di impaccio. Alla serenità dei cantanti deve avere sicuramente dato un apporto fondamentale l’approccio amorevole del direttore che con lo sguardo, con il sorriso, con un gesto impercettibile delle dita, non ha abbandonato i suoi ‘ragazzi’ nemmeno per un istante, sostenendoli durante i loro interventi e gratificandoli poi con cenni di approvazione, oltre ad unirsi, ogni volta, all’applauso del pubblico, nel modo curioso che hanno i direttori di applaudire, colpendo cioè il palmo della mano con la bacchetta.
Il tenore sudafricano Sunnyboy Dladla, che interpretava il ruolo del Conte di Almaviva, ha un interessante timbro, gradevole e luminoso, non particolarmente chiaro per un tenore rossiniano; ha facilità nella salita agli acuti e una buona omogeneità dei registri. Ancora non ha superato l’ostacolo linguistico: non solo la pronuncia è abbastanza esotica, ma gli capita a volte di cambiare le vocali o invertire le sillabe, come fa chi si affida alla sola memoria e non alla comprensione del testo. In tale situazione è difficile dare il giusto risalto alla parola nei recitativi. Ha offerto una buona prova nella canzone e ancor più nella serenata del primo atto, nella quale ha dimostrato di poter cantare piano e a mezzavoce, legando con eleganza. Le agilità più rapide lo mettono un po’ in affanno, l’intonazione è sempre ottima, ma la nitidezza a volte ne risente, comunque la sua esecuzione del funambolico rondò finale è stata caratterizzata da qualche preoccupazione, ma da un esito complessivo assolutamente onorevole.
Il baritono Yunpeng Wang, cinese, ha interpretato il barbiere Figaro. È in possesso di uno strumento interessante, lucente e timbrato, di volume medio, che non teme i sol naturali dell’aria di sortita di Figaro e scende al grave mantenendo la sua pienezza. Probabilmente potrebbe trarre beneficio dall’abbandonare un po’ di tensione e trovare una maggiore morbidezza nell’emissione. Anche lui ha una pronuncia da migliorare, ma, a differenza del collega, nei recitativi riesce ad essere espressivo oltre che spigliato. È dotato di naturale simpatia nella fisionomia, nelle espressioni e nei gesti, della quale si avvantaggia il suo Figaro. Nelle agilità della sua parte non ha problemi, è preciso e rapido. Acquistando con il tempo esperienza e padronanza linguistica, promette di diventare un ottimo baritono brillante. Conclude il terzetto dei protagonisti assoluti la Rosina di Cecilia Molinari. Con il giovane mezzosoprano gardesano saliamo di un gradino e ci troviamo di fronte ad una cantante non solo dotata di un mezzo importante, ma anche ad un’artista matura, sorprendentemente matura per i suoi ventisei anni. Cecilia Molinari ha una voce compatta, vellutata, con un colore naturale scuro da contralto, ricca di armonici, ed ha una emissione morbida, priva di costrizioni muscolari, che consente al suono di ‘correre’, indipendentemente dal volume, che è buono, ma non trascendentale. La sua Rosina oltre ad essere benissimo cantata – eccellente è stata l’esecuzione dell’aria “Una voce poco fa”, con elaborate variazioni che chiamano in causa più il registro grave che quello acuto – è un personaggio vivo, una ragazza frizzante e piena di voglia di vivere, ma anche intelligente e concreta, innamorata, ma non svenevole. Sarà impegnata al ROF 2016 come Zaida nel Turco in Italia e non è difficile prevedere per lei una bella carriera.
Don Bartolo era affidato alla voce di Filippo Fontana, il quale si sta mettendo in luce in ruoli di basso buffo e di baritono brillante, in larga prevalenza rossiniani. È dotato di una voce piuttosto esile e chiara, ma non sprovvista di proiezione ed è un gustoso interprete dalla ottima dizione, misurato ed elegante. Tonante è il Don Basilio simpatico e cialtrone di Dimitri Pkhaladze. Il basso georgiano ha uno strumento scuro e potente, di bel timbro, soggetto con l’appressarsi della maturità a sicuri sviluppi positivi; inoltre ha una pronuncia italiana ottima, una buona padronanza della scena e una maschera teatrale interessante. Convincente è stata la Berta del soprano-soubrette Giorgia Paci, dal canto corretto ed espressivo.
Si è trattato come già detto di una rappresentazione in forma di concerto, senza scene né costumi quindi, che però aveva una sua essenziale ‘regia’, con piccoli movimenti dei personaggi, l’uso di pochi semplici oggetti, qualche trovata divertente, in particolare nella famosa scena della barba. L’entusiasmo del pubblico nei confronti di tutti gli interpreti, con particolari manifestazioni di apprezzamento per Cecilia Molinari e ovazioni fragorose per il Maestro Zedda, ha corrisposto all’entusiasmo profuso in palcoscenico e coronato allegramente la festa per Rossini e per il suo Barbiere. Foto Amati e Bacciardi