John Dowland (1563-1626ca): Praeludium; “In darkness let me dwell”; Viscount Lisle’s Galliard; “Sweet stay a while”; “A Fancy”; “In this trembling shadow cast”; “Henry Guildforde’s Almaine”; “Shall I strive”; “A Fancy”; “Farre from triumphing court”; “Coranto”; “Stay time a while”; “An Almand”; “Lady if you so spight me”; “Pavan”; “Tell me true love”; “Galliard to Lachrimae”; “Thou mightie God”. Michael Chance (controtenore); Paul Beier (Liuto). Registrazione: S.Bartolomeo, Nomaglio, Italia maggio 2011, ottobre 2013, settembre 2014. T.Time: 78’19 1 cd Stradivarius STR 33914.
L’Inghilterra del tardo Rinascimento ha rappresentato uno dei terreni più interessanti di elaborazione musicale in chiave nazionale, forse l’unico dove il preponderante influsso italiano non ha totalmente annullato le identità nazionali ma è servito come lievito per far evolvere una scuola locale di primario interesse sia in sé sia come brodo di coltura da cui nascerà la straordinaria fioritura della musica inglese della seconda metà del XVII secolo.
L’Inghilterra del tardo Rinascimento ha rappresentato uno dei terreni più interessanti di elaborazione musicale in chiave nazionale, forse l’unico dove il preponderante influsso italiano non ha totalmente annullato le identità nazionali ma è servito come lievito per far evolvere una scuola locale di primario interesse sia in sé sia come brodo di coltura da cui nascerà la straordinaria fioritura della musica inglese della seconda metà del XVII secolo.
Fra le figure più significative di questa stagione vi fu certamente John Dowland (1562/3-1626) liutista e cantante, fra le poche figure di musicisti inglesi capaci di ritagliarsi uno spazio sulla scena europea. Formatosi a Oxford – ma già nel 1580 aveva potuto arricchire la sua formazione a Parigi dove accompagnò Sir Henry Cobham –, cercò in seguito di ottenere l’incarico di liutista alla corte di Elisabetta I. Il fallimento del tentativo segnò la nascita di un’ostilità del compositore per la Regina che lo spinse non solo ad abbandonare l’Inghilterra per cercare affermazione sul continente ma nella quale possiamo trovare una delle cause della sua conversione al cattolicesimo avvenuta nel 1594.
Sono anni fondamentali per la sua formazione: Dowland comincia ad affermarsi in Germania alla corte del Langravio d’Assia e poi visita più volte l’Italia soggiornando a Genova, Firenze e Venezia e venendo a conoscenza di quanto avveniva nella penisola intorno alle Accademie musicali e all’emergere del genio di Monteverdi. Tra il 1598 e il 1606 è primo liutista alla corte di Cristiano IV di Danimarca. La fine della dinastia Tudor e l’ascesa di Giacomo I offrono inoltre un’occasione a Dowland di tornare in patria così nel 1612 riesce ad essere assunto fra i musicisti di corte. Il 1612 è anche l’anno della definitiva pubblicazione a stampa del corpus delle sue composizioni per voce e liuto che, composte a partire dal 1597, costituiscono la sua opera fondamentale in cui appare evidente l’evoluzione da composizioni strutturalmente semplici e vocalmente lineari a brani organizzati in più sezioni, dalla linea melodica molto ricca e dalla palese influenza italiana – nel tipo di vocalità, dell’uso di cromatismi – ma sempre all’interno di un linguaggio personale e originale in cui gli elementi stranieri sono sempre integrati in un linguaggio prettamente nazionale che nasce dallo stretto rapporto con le particolari sonorità della lingua inglese.
Registrato per i tipi Stradivarius questo CD permette di apprezzare al meglio la qualità delle musiche di Dowland affidandone l’esecuzione a due assoluti specialisti come il liutista Paul Beier, uno dei maggiori interpreti contemporanei di questo strumento, e il controtenore Michael Chance, ben noto al grande pubblico per importanti esecuzioni di musica rinascimentale e barocca. Il programma vede un’alternanza di brani vocali e di brani per solo liuto – per lo più danze di corte di cristallina, raffinatissima perfezione – provenienti da varie raccolte che coprono l’intera carriera del compositore.
I brani vocali, tutti tratti dalla raccolta del 1612 “A Pilgrimes Solace”, sono nove, tutti in inglese mentre non sono stati scelti brani italiani anche se al tempo celebri come “Lasso vita mia” del 1612 più il n. 10 del “Musicall banquet” del 1610 non più compreso nella definitiva raccolta di due anni dopo e che per la sua pulizia e semplicità formale offre un termine di paragone per apprezzare la ricchezza delle composizioni più mature. Chance canta benissimo, dal mkmento che si avvale di un’estrema musicalità, di una linea vocale di assoluta purezza e di un totale senso dello stile; la voce di controtenore, che può suscitare qualche perplessità quando viene usata in ambito lirico in sostituzione dei castrati, si adatta, inoltre, come un guanto a queste raffinatissime e manieristiche melodie esaltandone ulteriormente la preziosa, astratta raffinatezza.
“In Darkness” che da il titolo alla raccolta merita pienamente la popolarità di cui godette all’epoca: la ricchezza armonica, l’uso espressivo di cromatismi e dissonanze avvicinano questo brano alle migliori pagine italiane del tempo e Change ne offre una lettura inappuntabile dove ogni elemento trova la giusta valorizzazione. Negli altri brani troviamo una prevalenza di tonalità lirico-patetiche come in “In this trembling shadow cast” dove le suggestioni del lamento italiano si incontrano con l’essenzialità del madrigale inglese mentre una leggera che si percepisce in “Lady, if you so spite me”.
- 2, 4, 10, 14, 18