Teatro Goldoni – Stagione Lirica dell’Opera di Firenze 2015/2016
“HÄNSEL E GRETEL” (Hänsel und Gretel)
Fiaba musicale in un atto di Adelheid Wette
Musica di Engelbert Humperdinck (elaborazione di Luca Tessadrelli)
Rifacimento drammaturgico e versione ritmica di Lorenzo Arruga
Edizione: Casa MusicaleSonzogno di Piero Ostali, Milano
Peter DARIO SHIKMIRI
Gertrud EUNHEE KIM
Hänsel ANA VICTORIA PITTS
Gretel FRANCESCA LONGARI
Die Knusperhexe (La strega) ANTONELLA CARPENITO
Sandmann (L’omino della sabbia) PAOLO ANZILIERO
Orchestra del Conservatorio di Musica “Luigi Cherubini” di Firenze
Coro delle voci bianche del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Farhad G. Mahani
Maestro del coro Lorenzo Fratini
Regia Gianmaria Aliverta
Scene Alessia Colosso
Costumi Gianmaria Aliverta, Simone Martini
Luci Adriana Renna
Nuovo allestimento
In collaborazione con l’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino e il Conservatorio di Musica “Luigi Cherubini” di Firenze
Firenze, 11 marzo 2016
Nell’aprile del 1890 Adelheid Wette, sorella di Humperdinck, chiese al fratello di mettere in musica quattro filastrocche tratte dalla fiaba Hänsel und Gretel dei fratelli Grimm per poterle far cantare ai propri figli; il progetto si espanse e Humperdinck, che da tempo cercava del materiale per un’opera dal soggetto comico, si lasciò persuadere a ricavarne un Singspiel di breve durata, che ben presto si trasformò nell’opera (o “Märchenspiel”, fiaba musicale, come la definì il compositore) in tre atti che venne eseguita in prima assoluta il 23 dicembre 1893 a Weimar sotto la direzione di Richard Strauss, la cui futura moglie, la “famigerata” Pauline de Ahna, doveva dar vita al ruolo di Hänsel se non che un’indisposizione la costrinse a cedere il posto a Ida Schubert originariamente prevista nei panni di Gretel. Fu un successo enorme e l’opera si propagò con fulminea celerità nei teatri dell’Europa settentrionale e negli Stati Uniti, diventando immediatamente un appuntamento d’obbligo soprattutto durante le feste natalizie, operistico contraltare dello Schiaccianoci čaikovskijano. In Italia e in altri paesi dominati dall’opera italiana invece Hänsel und Gretel non riuscì ad attecchire, ed è tuttora rimasta ai margini del grande repertorio. A Firenze, tanto per fare un esempio, la fiaba musicale giunse solo nel 1941, e poi il silenzio, fino a questa riproposta in tono minore, da intendersi non tanto per la qualità intrinseca di questa serie di recite quanto per il fatto che in fin dei conti l’opera è stata data in una versione abbreviata e soprattutto con un’organico orchestrale notevolmente ridotto. Hänsel und Gretel è stata scritta infatti per un’orchestra dalle dimensioni e dal respiro sinfonico, e non a caso, subito dopo Strauss, è stata appannaggio di Mahler e di praticamente tutti i grandi direttori di area tedesca. Nonostante la gamma wagneriana (e di Wagner Humperdinck era stato in fondo allievo) di colori e tessuti che seppe trarre dall’orchestra, il compositore riuscì tuttavia a mantenere semplici le fondazioni melodiche e ritmiche della musica; e, quantunque sembri indulgere in infinite variazioni polifoniche delle sue melodie popolari, Humperdinck è rimasto di fatto molto vicino in spirito alla spensierata sensualità (da intendersi riferito ai sensi) dei due protagonisti, ed è stato proprio tale uso spregiudicato delle tecniche musicali wagneriane non appesantito dalla complessità delle venature filosofiche del Gesamtkunstwerk che attrasse immediatamente il pubblico di fine Ottocento. Tale preambolo si è reco necessario per far comprendere come, per forza di cose, un’orchestra ridotta non dia che una vaga idea della complessità di quest’opera, tanto più che l’orchestra in questione, quella del Conservatorio di musica “Luigi Cherubini” di Firenze, non ha questa volta brillato per levigatezza. Farhad G. Mahani, classe 1985, direttore di origine iraniana e formazione italiana, ha comunque mostrato controllo tecnico, privilegiando, forse per compensare il ridotto peso sonoro, tempi vivaci e impulso ritmico. La recita oggetto di questa recensione prevedeva il cast alternativo; l’altro, il cosiddetto primo cast, era dominato, a quanto pare, dalla presenza debordante di Chris Merritt, l’ex belcantista da tempo passato a ruoli da caratterista. Nonostante quella di assegnare la parte della strega a un tenore sia usanza nata nei primi del Novecento, la mia preferenza personale si indirizza verso il filologico impiego di un mezzosoprano in quanto il tenore “in drag” in un ruolo in bilico fra il comico e il terrificante fa decisamente pendere l’ago della bilancia verso il grottesco. Anche quando si sceglie una voce femminile, spesso e volentieri ci si rivolge a istrioniche cantanti a fine carriera, mentre qui ci siamo trovati di fronte a Antonella Carpenito, giovane mezzosoprano nel pieno dei mezzi vocali, dal bel timbro scuro e dagli acuti sicuri (ne è testimone il si bemolle acuto che spesso e volentieri viene gridato se non eliminato del tutto, nonché le risate sui si naturali acutissimi); una lieve momentanea sfasatura con l’orchestra nel momento in cui il personaggio si presenta non ha inficiato una prestazione di rilievo. Apprezzabilissima anche la prova dei due protagonisti, Francesca Longari, una Gretel cui si potrebbe soltanto suggerire di ricercare maggior sfogo e libertà nel registro acuto, dotata di bel timbro più corposo del solito, e sufficientemente distinto da quello da vero mezzosoprano lirico dell’Hänsel di Ana Victoria Pitts. Le due si sono rivelate all’altezza della situazione nel momento più celebre dell’opera, l’Abendsegen, in cui son riuscite a trovare tutte le dinamiche, ovvero i vari gradi fra piano e pianissimo, richieste dalla situazione: è un altissimo momento musicale che con le sue rassicuranti forme triadiche ci fa fisicamente avvertire l’allontanarsi del terrore dalle menti dei due bambini.
Fra i due genitori, la Gertrud del soprano Eunhee Kim pareva senz’altro quella che porta i pantaloni in casa in virtù di un volume vocale non indifferente, mentre Dario Shikhmiri ha ritratto un Peter un po’ in sordina; paradossalmente era risultato più convincente lo scorso anno in un ruolo ben più impegnativo, l’Eisenstein del Pipistrello. Dotato di voce appropriatamente aggraziata e ipnotica nonché ben appoggiata sul fiato il giovanissimo sopranista Paolo Anziliero vestiva i panni di quello che un tempo in italiano era noto come il Nano Sabbiolino, e che qui invece chiamano Sandmann o Omino della Sabbia. Eccezion fatta per Anziliero e la Carpenito, gli altri cantanti fanno parte dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino. Chi ha una certa familiarità con quest’opera avrà notato che non si è fatta menzione del ruolo del Nano Rugiadoso, perché, fra i vari taglietti interni, sotto la scure è inspiegabilmente e brutalmente caduta quella che normalmente sarebbe l’intera scena prima dell’atto terzo: l’opera è stata infatti eseguita nel rifacimento drammaturgico e versione ritmica italiana di Lorenzo Arruga, in un unico atto senza intervalli, e la regia è stata affidata a Gianmaria Aliverta, anch’egli poco più che trentenne, che, coadiuvato dai bei costumi curati da lui stesso in collaborazione con Simone Martini e dalle scene di Alessia Colosso, ha creato un allestimento godibilissimo, di impianto tradizionale ma con una significativa, direi cruciale deviazione narrativa: i due bambini infatti, allorché la madre infuriata li manda nel bosco a coglier fragole, si rimpiattano invece dentro un armadio (che, trasformandosi in vari ambienti, è la principale componente scenografica dello spettacolo); il padre se ne accorge e ivi li rinchiude per punizione. L’avventura nel bosco si trasforma quindi in un viaggio psicologico in cui si confrontano con i mostri della loro iperattiva immaginazione infantile, imparano a dominare la loro paura, riescono ad acquistare fiducia nelle loro capacità e in ultima analisi ad instaurare una certa qual parvenza di armonia in famiglia. Aliverta, che ha posto molto cura nella recitazione e interazione fra i vari personaggi, ha quindi dato vita a un allestimento in cui il lieto fine secondo me giunge carico di interrogativi (quale maturazione – e quali conseguenze psicologiche – posson derivare da una punizione che oggi giorno comporterebbe il ricorso al Telefono Azzurro e il coinvolgimento dei servizi sociali). Ma abbiamo in fondo a che fare con una fiaba dei Grimm, territorio di crudeltà ben più efferate. Si tratta infine di un allestimento che meriterebbe di esser ripreso in condizioni “normali”, senza tagli di intere scene e sorretto da un’orchestra che rispetti il suono voluto dal compositore. Foto Pietro Paolini