“Don Giovanni” al Teatro Comunale di Ferrara

Teatro Comunale “Claudio Abbado”, Stagione d’opera 2016
“DON GIOVANNI”
Dramma giocoso in due atti, Libretto di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Don Giovanni LUCA DALL’AMICO
Il Commendatore FEDERICO BENETTI
Donna Anna VALENTINA VARRIALE*
Don Ottavio DAVIDE GIUSTI
Donna Elvira GIOIA CREPALDI*
Leporello LORENZO GRANTE*
Masetto ROBERTO MAIETTA*
Zerlina LETIZIA QUINN*
* vincitori del XLV Concorso Internazionale per Cantanti “Toti Dal Monte”
Orchestra Regionale Filarmonia Veneta
Coro Iris Ensemble
Direttore Francesco Ommassini
Maestro del Coro Marina Malavasi
Regia Lorenzo Regazzo
Scene e costumi Eugenio Monti Colla
Luci Roberto Gritti
Coproduzione Fondazione Teatro Comunale di Ferrara e Teatri e Umanesimo Latino Spa
Ferrara, 6 marzo 2016
Forse c’entra, forse no. Però parto da qui: a Ferrara, la replica domenicale del Don Giovanni mozartiano va in scena in un teatro intitolato a Claudio Abbado, mentre si diffonde la notizia della morte di Nikolaus Harnoncourt. Addentrandosi nella Trilogia dapontiana, entrambi scelsero la via del gioco teatrale fine e profondo. L’allestimento odierno, che vede in scena i vincitori del Concorso “Toti Dal Monte”, quella strada sembra averla smarrita. E non c’entrano tanto le scene e i costumi del sommo marionettista Eugenio Monti Colla, che nulla vogliono dipingere se non un Seicento colorato da figurina Liebig (ma il sipario dipinto che relega i personaggi in proscenio occhieggia molto a quello pensato da Ezio Frigerio per il Don Giovanni scaligero del 1987).
Quel che proprio su Mozart non ci sta è il burlesco. E qui ci mette del suo la regia di Lorenzo Regazzo. Poco importa se l’illustre basso dichiara di aver attinto alla Commedia dell’arte; Leporello sarà pure parente di Arlecchino, ma non suo coetaneo, per cui renderlo un mobilissimo saltimbanco tutto smorfie (con buona pace del bravo Lorenzo Grante, non sempre preciso ritmicamente, ma a cui non difettano dizione ed emissione sicure) è quanto mai fuori luogo. La messinscena potrebbe indagare la psicologia dei personaggi, invece si compiace di piccole e grandi trovate. Una su tutte: il catalogo delle conquiste del protagonista, che in corso d’opera si fa viepiù grande fino a schiacciare, in ipertrofica versione di cartapesta, il protagonista prossimo alla dannazione eterna. Mettici pure i figuranti con gli addominali scolpiti dal carboncino del truccatore più che dalla palestra, e il confine del comico involontario è abbondantemente valicato.
Luca Dall’Amico appartiene alla tradizione che vuole Don Giovanni basso anziché baritono. Niente di illecito, ma ne risulta un protagonista che è maturo viveur più che “giovane cavaliere estremamente licenzioso” come lo vorrebbe il libretto, di belle note gravi ma raramente leggero e sempre più affaticato in acuto man mano che l’azione procede. Vittime della sua seduzione la Donna Anna di Valentina Varriale e la Donna Elvira di Gioia Crepaldi, le migliori della compagnia, entrambe di bel temperamento: morbida, luminosa, spontaneamente nobile la prima nelle sue due arie che ben risolve in quasi ogni nota, drammatica e tagliente lama sopranile la seconda. La Zerlina di Letizia Quinn risolve il suo ruolo con voce di soprano assai leggero e qualche fissità di troppo. Il suo Masetto è Roberto Maietta, che accenta e scandisce a dovere a dispetto di una voce non grande. Che invece non difetta al tenore Davide Giusti: sempre lodevole proposito non ridurre Don Ottavio a flebile cicisbeo, ma qui si cade nell’eccesso opposto e s’indulge in un canto virile sì, ma stentoreo e spianato. Completano il cast il Commendatore corretto ma alquanto flebile in acuto di Federico Benetti e il Coro Iris Ensemble, che si sarebbe gradito più omogeneo e sonoro. In buca, se si distingue il bel lavoro del continuista Gianni Cappelletto (discreto, competente, sempre al servizio del canto), più opaca risulta la concertazione di Francesco Ommassini, alla guida dell’onesta Filarmonia Veneta. Composta, mai incisiva o incalzante, quest’orchestra di rado riesce ad essere quel che Mozart vorrebbe: il motore drammaturgico di questo archetipico capolavoro.