Madrid, Auditorio Nacional de Música
Orquesta Nacional de España – Temporada 15/16 “Malditos”
Orquesta Nacional de España
Direttore Juanjo Mena
Pianoforte Christian Zacharias
Wolfgang Amadeus Mozart : Concerto per pianoforte e orchestra n. 24 in do minore K. 491
Anton Bruckner : Sinfonia n. 6 in la maggiore WAB 106
Madrid, 5 febbraio 2016
In una recente intervista realizzata dal critico musicale Jesús Trujillo, Juanjo Mena ha raccontato un aneddoto autobiografico, di quando studiava direzione orchestrale sotto la guida di Sergiu Celibidache a München: ebbe occasione di dirigere la VII Sinfonia di Bruckner con l’Orchestra di Euskadi, e volle applicare i celebri, estenuati tempi che il suo maestro staccava con i Münchner Philharmoniker nella grandiosa sala del Geisteig. Ma l’Orchestra di Euskadi, il luogo in cui si esibiva, l’esperienza dello stesso Mena, non avevano nulla a che vedere con il risultato cui Celibidache era giunto nella sua analisi del suono e del ritmo bruckneriani dopo decenni di studio e di sublimazione filosofica. L’umile orchestra fu schiacciata da ritmi che non poteva in alcun modo sostenere, e l’esito complessivo fu «un desastre», come riconosce lo stesso direttore («DOC. La revista de la Orquesta y Coro Nacionales de España» 28, enero 2016). Il ricordo personale è molto interessante perché dimostra l’umiltà di Juanjo Mena: anziché ostentare il proprio “pedigree” celibidachiano, presenta quel magistero come modello unico, irraggiungibile, e perciò assolutamente pericoloso per chi intenda imitarlo. Ma dalle considerazioni sul passato emerge anche l’atteggiamento direttoriale che Mena adotta adesso nei confronti di Bruckner, plasmando l’esecuzione in rapporto all’orchestra e al luogo in cui si trova. Questo è un autentico insegnamento di Celibidache, perché è sempre Mena a ricordarne la differenza di approccio ritmico a seconda che eseguisse Bruckner con i Münchner, con l’Orchestra della Radio Svedese o con l’Orchestra RAI di Torino (di cui dice di avere studiato le registrazioni). Ha appena diretto dal vivo e poi inciso in studio la VI Sinfonia bruckneriana con la BBC Philharmonic Orchestra (di cui è Direttore stabile dal 2011), ma non ha mai diretto questo autore con la Orquesta Nacional de España, di cui pure è il Primo direttore ospite. La sua concezione della musica di Bruckner, comunque, è concentrata sul cangiante messaggio religioso interno alle sinfonie, coniugabile con un lirismo recondito, che il direttore ha il compito di rintracciare, per evitare che risuonino soltanto strutture iterate, elaborazione armonica e grandiosità.
Nel Majestoso che costituisce il I movimento, Mena non si sogna neppure di riproporre i tempi staccati da Celibidache negli anni Ottanta e Novanta; preferisce sfruttare la potenza del tema principale, enunciato a tutta forza dall’orchestra, in modo da profilare subito un Bruckner trionfante nei momenti di pienezza. È molto apprezzabile il lavoro compiuto dal direttore al fine di ottenere un suono corposo e screziato, bene amalgamato e di grande impatto (se non fosse per qualche piccolo mancamento dei corni), anche perché tale lavoro fa risaltare di più i contrasti volumetrici delle varie parti. Con il timpano molto marcato e i tempi briosi, il Bruckner di Mena finisce per assomigliare a quello di Karajan, dal piglio estremamente sicuro. L’Adagio. Sehr feierlich è il movimento meglio riuscito e più originale dell’intera esecuzione: anche qui il tempo di partenza è piuttosto scorrevole, ma progressivamente si dilata, e in modo impressionante quando suonano i soli archi; il concetto di adagio bruckneriano è dunque inteso dal direttore come una conquista graduale, che risponde anche alla prescrizione d’autore di “solennità”. Lo Scherzo. Nicht schnell è rapido e reboante, forse anche un po’ troppo impetuoso, ma il Trio. Langsam conserva il suo alone di mistero e di indeterminatezza (quasi inudibile la ripresa in pianissimo dello stesso Trio, secondo una nuova dinamica molto interessante). La costruzione agogica è talmente spiazzante per il pubblico madrileno che qualcuno accenna un applauso al termine del III movimento; deve trattarsi di un applauso apotropaico, di quelli con cui ci si vorrebbe liberare di un’entità che ancora non conosce bene, o che è difficile accettare. Come sempre in occorrenza dell’inizio, anche nell’attacco del Finale. Bewegt, doch nicht zu schnell il direttore opta per un tempo piuttosto rapido; netti, granitici, aggressivi gli squilli di trombe e tromboni al comando di un Mena che rende palpabile la soddisfazione di Bruckner nella composizione del IV movimento. Anche la problematica stretta conclusiva è risolta nella chiave del brio, fastigio di una gioia incontenibile, destinata certamente a non ripetersi mai più nelle sinfonie future. Il successo è grande, anche se il pubblico iberico deve ancora instaurare un rapporto di piena fiducia nei confronti della musica bruckneriana (qualche segno di cedimento tra i presenti inizia già dopo l’Adagio); ma gli accorgimenti di “conciliazione” tra direttore, orchestra e sala offrono sin da questa prima prova un risultato degno di grande ammirazione.
La prima parte del programma aveva carattere solistico, perché ne era protagonista il pianista Christian Zacharias, impegnato nel concerto n. 24 di Mozart. C’è una ragione ben precisa dell’inversione d’ordine nella cronaca: l’Allegro iniziale mozartiano era certamente caratterizzato da un tocco molto dolce, ma non comunicava se non un’atmosfera romantica ante litteram (e forse nell’accezione peggiore dell’aggettivo); le cadenze affrontate senza alcun impegno virtuosistico, gli arpeggi affrettati, le risonanze metalliche degli accordi, la povertà di colori denotavano una partecipazione piuttosto scarsa da parte dell’interprete (fino a pochi giorni fa, del resto, era in programma il Concerto n. 2 di Chopin, e non quello di Mozart). Con una certa violenza Zacharias poneva fine all’Allegretto conclusivo, per poi concedere un fuori programma scarlattiano ancora all’insegna della sprezzatura. A buona consolazione di chi apprezza non soltanto la musica pur che sia, ma in primo luogo l’impegno interpretativo, per fortuna si approssimava all’Auditorio Nacional il Bruckner di Juanjo Mena …