Bruxelles, Théâtre La Monnaie – stagione 2015/2016
“L’OPERA SERIA”
Commedia per musica. Libretto di Ranieri de’ Calzabigi
Musica di Florian Leopold Gassmann
Fallito MARCOS FINK
Delirio PIETRO SPAGNOLI
Sospiro THOMAS WALKER
Ritornello MARIO ZEFFIRI
Stonatrilla ALEX PENDA
Smorfiosa ROBIN JOHANNSEN
Porporina SUNHAE IM
Passagallo NIKOLAY BORCHEV
Bragherona MAGNUS STAVELAND
Befana STEPHEN WALLACE
Caverna RUPERT ENTICKNAP
Orchestra Sinfonica del Théâtre La Monnaie e Baroque Orchestra B’Rock
Direttore René Jacobs
Regia, scene e costumi Patrick Kinmonth
Luci Andreas Grüter
Drammaturgia Olivier Lexa
Coreografia Fernando Melo
Produzione La Monnaie / De Munt
Bruxelles, 16 febbraio 2016
Il Théâtre La Monnaie propone sempre una stagione molto varia e poco convenzionale, con pochi grandi classici, opere moderne o addirittura contemporanee, e qualche rarità che non è dato ascoltare spesso nei teatri d’opera. Capita cosi di scoprire dei piccoli ma interessanti gioielli della produzione operistica. L’anno scorso era successo con il Fierrabras di Schubert, quest’anno è stata la volta dell’Opera Seria di Florian Leopold Gassmann, compositore di corte a Vienna durante il regno di Giuseppe II, autore di numerose opere per il carnevale di Venezia, maestro del giovane Salieri e ammirato da Mozart. L’Opera Seria, composta nel 1769 su libretto di Ranieri de’ Calzabigi, è stata riscoperta e proposta nel 1994 al festival di Schwetzingen proprio dal direttore di questa produzione a La Monnaie, René Jacobs, e con poche produzioni successive a Berlino, Hannover e Parigi. Un’opera cosi lunga – tre ore e un quarto – e a tratti di esagerata lentezza potrebbe sembrare destinata soltanto agli appassionati di musica barocca, e tuttavia se lo spettatore si arma di pazienza, per superare in particolare il primo atto, alla fine della serata non sarà certo deluso. Al contrario, dopo l’effervescente terzo atto uscirà dal teatro sorridendo. L’Opera Seria è la parodia di un’opera, una sottile presa in giro del mondo operistico del settecento, e s’ispira al libello satirico Il teatro alla moda, scritto nel 1720 da Benedetto Marcello per dar voce alle sue critiche sull’opera seria e sull’ambiente sociale del teatro d’opera. Il primo atto è dedicato alla creazione dell’opera seria L’Oranzebe, con l’impresario Fallito che, con un occhio ai costi, cerca di imporre tagli su partitura musicale e libretto, e conseguenti zuffe tra il compositore Sospiro e il librettista Delirio. Il ruolo maschile principale è affidato al tenore Ritornello, che deve vedersela con tre prime donne dai nomi assai eloquenti di Stonatrilla, Smorfiosa e Porporina. Al secondo atto, la prova generale, si mettono in mezzo anche le mamme delle cantanti, Bragherona, Strega e Caverna, ognuna impegnata a sgomitare per sostenere la figlia. Capricci, dispetti e battibecchi a non finire. Il terzo atto è la rappresentazione della prima dell’opera, che si risolve in un fiasco colossale. Fallito fugge con la cassa e tutti i cantanti si trovano finalmente concordi nel cantare un’invettiva corale contro l’impresario imbroglione. Su tale impianto narrativo, la partitura musicale combina lo stile dell’opera seria con quello dell’opera buffa. Gassmann e Calzabigi spingono all’estremo la caricatura dell’opera seria esagerandone alcuni aspetti, quali le introduzioni esageratamente lunghe a certe arie, il contrasto grottesco tra la strumentazione di un’aria e il testo cantato, o l’aria di paragone che trae le similitudini dal mondo dei pesci, con effetti esilaranti, e l’orchestra che deve imitare i guizzi di un delfino. Convincente e riuscita la regia di Patrick Kinmonth, che ha curato anche le scene e i costumi. Pur negli spazi relativamente ristretti del palcoscenico del Cirque Royal, Kinmonth riesce a creare una narrazione convincente in cui intervengono ben undici interpreti e gli improbabili numeri di danza richiesti dal libretto. La scena è dunque quasi sempre affollata e movimentata, ma la regia è molto abile nell’evitare la confusione. Come in precedenti spettacoli, la struttura del Cirque Royal impone soluzioni non convenzionali, con la scena divisa in due parti unite da una passerella e in mezzo l’orchestra. Per il resto le scene sono essenziali, e la scelta appare indovinata anche perché i costumi, al contrario, offrono una grande varietà spaziando dal diciottesimo secolo ai giorni nostri. Tutta l’opera è giocata sul filo dell’ironia, e le coreografie di Fernando Melo non fanno eccezione mettendo in scena una parodia delle coreografie di una famosa coreografa belga. Kinmonth si diverte anche a prendere in giro le produzioni operistiche moderne, con un uomo-pantera fasciato in lattice nero che è tenuto al guinzaglio da Stonatrilla. Le tre madri – due ruoli da soprano e uno da basso – sono interpretate da uomini in abiti femminili, e i costumi scelti per l’Oranzebe che va in scena al terzo atto sono esageratamente pesanti e caricaturali, di dimensioni abnormi. Se nei primi due atti i costumi richiamano il diciottesimo secolo, nel terzo atto ci riportano al presente, per segnalare che la rappresentazione dell’Oranzebe va in scena davanti ai nostri occhi, teatro nel teatro; autori e madri assistono anch’essi alla prima, e dopo le prime arie membri della produzione seduti tra il pubblico cominciano a fischiare e a insultare gli interpreti. Delirio esce sul palco e informa i suoi colleghi della fuga di Fallito (e la stampa belga presente alla prima riferisce che il direttore de La Monnaie, Peter De Caluwe, aveva appunto lasciato il teatro in quel momento, contribuendo ironicamente alla confusione tra realtà e rappresentazione). Gazzarra feroce tra le tre madri barbute, e bellissimo finale con tutti i cantanti in scena per giurare vendetta all’impresario disonesto. Gli interpreti sono tutti di ottimo livello vocale e interpretativo. Particolarmente in luce il baritono Pietro Spagnoli, (il librettista Delirio), un autentico mattatore dello spettacolo. Sempre padrone della scena, sicuro nella recitazione e naturalmente ironico, ha cantato con una voce sempre molto presente e brillante unita a un fraseggio sempre molto accurato. Convince altresì il tenore Mario Zeffiri (Ritornello) che con il suo brillante registro ha conferito il giusto tocco finale alla caricatura del cantante d’opera, soprattutto in quel capolavoro di autodenigrazione rappresentato dalle prime scene del terzo atto. Il basso Marcos Fink (l’impresario Fallito), dopo un inizio un po’ sottotono, si è ripreso “riscaldato”a rappresentazione dopo un inizio non particolarmente ha mostrato invece qualche incertezza all’inizio dell’opera, in particolare nei toni gravi al punto da essere sovrastato dall’orchestra, ma è migliorato nelle parti successive. Efficace e vocalmente appropriato il tenore Thomas Walker (Il compositore). Brillantissime ed efficacissime le “virtuose”: Sunhae Im (Porporina), Alex Penda (Stonatrilla) e Robin Johannsen (Smorfiosa). Nei ruoli minori delle madri “en travestì” spicca la potenza di Magnus Staveland (Bragherona). La Baroque Orchestra B’Rock, creata a Gand nel 2005 con l’intento di esplorare il repertorio meno conosciuto della musica barocca del 17mo e 18mo secolo, è brillante e incisiva nel rendere tutte le sfumature della partitura, dal serio al faceto, con l’aiuto dei musicisti dell’orchestra de La Monnaie. René Jacobs conosce l’Opera Seria come nessun altro e guida magistralmente l’orchestra tra virtuosismi e momenti di fine umorismo. Si intuisce nell’orchestra, e fra orchestra e direttore, una grande confidenza e un affiatamento che hanno senz’altro dato un contributo decisivo alla felice riuscita della serata. Il pubblico ha tributato meritati applausi a uno spettacolo di buona musica e buon canto, non comune, divertente. Gassmann e Calzabigi si sono divertiti a prendere un giro l’opera seria, La Monnaie si è divertita a prendere in giro se stessa, e gli spettatori hanno riso come raramente succede all’opera. Foto © Clärchen & Matthias Baus