Venezia, Teatro La Fenice
Orchestra e Coro del Teatro La fenice
Direttore James Conlon
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti
Soprano Nadine Sierra
Tenore Stefano Secco
Antonín Dvořák: Sinfonia n. 8 in sol maggiore op. 88
Giuseppe Verdi:“Il trovatore” – “Chi del gitano i giorni abbella?”
Gioachino Rossini: “Il viaggio a Reims” – Overture
Giuseppe Verdi :“Rigoletto” – “La donna è mobile”
Giacomo Puccini: “Gianni Schicchi” – “O mio babbino caro”
Johann Strauss Jr.: Quadrille su temi da “Un ballo in maschera” di G. Verdi op. 272
Giuseppe Verdi :“I vespri siciliani” – Sinfonia
Gaetano Donizetti:“L’elisir d’amore” – “Una furtiva lagrima”
Charles Gounod: “Roméo et Juliette” – “Je veux vivre dans le rêve”
Giuseppe Verdi: “Nabucco” – “Va’ pensiero sull’ali dorate”; “La traviata” – “Libiam ne’ lieti calici”
Venezia, 30 dicembre 2015
Tradizionale appuntamento (siamo ormai giunti alla tredicesima edizione) con il Concerto di Capodanno al Teatro La Fenice, un evento che ormai si è conquistato una rinomanza internazionale – come attestano le numerose emittenti europee che lo trasmettono in vari paesi, oltre alla nostra Rai – e che giustamente rivendica un suo spazio, una sua cifra distintiva, senza alcun complesso di inferiorità rispetto al celeberrimo Neujahrskonzert che da gran tempo si svolge presso la Musikvereinssaal di Vienna. Se tra i principali obiettivi della manifestazione veneziana vi è quello di festeggiare l’Anno Nuovo all’insegna della grande musica italiana, con particolare riguardo a quella legata a Venezia, ciò non toglie che – come dimostra anche l’edizione 2015-16 – il programma messo insieme dalla direzione artistica del teatro possa attingere anche alla produzione d’oltralpe, compresa quella viennese-mitteleuropea, includendo addirittura un autore come Johann Strauss Jr., universalmente considerato come la quintessenza dello spirito viennese, per quanto, in questo caso, rappresentato da una composizione, che è un rifacimento di temi, tratti da una delle più famose opere di Verdi, Un ballo in maschera. Purtroppo, poche ore prima dell’inizio del primo dei tre spettacoli previsti per questa edizione del concerto, si è verificato un piccolo grande colpo di scena: Celso Albelo, il tenore che avrebbe dovuto esibirsi a fianco di Nadine Sierra, ha dovuto dare forfait a causa di un’improvvisa indisposizione. L’appuntamento, comunque, non è saltato, in quanto il tenore spagnolo è stato sostituito da Stefano Secco. E tutto è andato – nonostante quest’imprevisto – alla grande. Lo spettacolo, di cui rendiamo conto, infatti ha pienamente confermato l’alto livello che contraddistingue il “lagunare” Concerto di Capodanno. Determinante è stata la presenza del Maestro James Conlon, tornato alla Fenice dopo vari anni, una delle bacchette più prestigiose a livello internazionale – fine interprete di un vasto repertorio, tra cui quello operistico, in particolare italiano –, sostenuto da un’orchestra davvero in stato di grazia, oltre che da due voci di eccellente livello, per non parlare del coro, come sempre affidato alle cure del Maestro Moretti.
Un insieme orchestrale coeso e scattante, preciso negli attacchi e perfettamente intonato, in grado di offrire sonorità immancabilmente nitide, anche nei passaggi in cui l’orchestrazione si faceva più densa, ma anche impeccabili interventi solistici, laddove doveva mettersi in luce una singola sezione o un singolo strumento: tutto questo si è potuto apprezzare a cominciare dall’Ottava sinfonia di Dvořák – nella prima parte del concerto –, che il Maestro newyorkese ha interpretato da par suo – tra l’altro, a memoria come tutto il resto del programma –, grazie anche a un’equilibrata scelta di tempi e a un gesto direttoriale chiaro e autorevole: dal primo tema del movimento iniziale (Allegro con brio), patetico e di ampio respiro, in cui legni, corni e violoncelli sembravano un unico strumento, al brioso secondo tema – anticipato suggestivamente dal flauto –, che Conlon ha scandito con dionisiaco entusiasmo, all’Adagio con gli archi particolarmente espressivi, all’Allegretto grazioso, in cui violini e viole hanno sfoggiato un suono teso e perlaceo, all’ultimo movimento (Allegro ma non troppo), introdotto dalla fanfara delle trombe, cui segue il tema di danza dei violoncelli, contrappuntato dal fagotto, tema che verrà variato in diversi modi per arrivare all’ultima esclamazione finale di tutta l’orchestra.
La seconda parte del concerto era dedicata, come di consueto, a brani operistici, in cui hanno brillato il coro come i cantanti. Quanto a questi ultimi, Stefano Secco si è imposto fin dal primo brano a lui affidato (“La donna è mobile”), dove ha sfoggiato un bel timbro di tenore lirico con inflessioni virili, offrendo con sicurezza un fraseggio scolpito, oltre a morbide mezze voci, e segnalandosi positivamente nella cadenza e nell’acuto finale. Del pari autorevole la sua interpretazione di “Una furtiva lagrima”. Non è stata da meno Nadine Sierra, che – avvolta in un grazioso abito bianco – ha affrontato la apparentemente facile aria dal Gianni Schicchi “O mio babbino caro”, con voce timbrata ed omogenea sapientemente modulata, sfoggiando altresì un’ottima dizione. La Sierra ha anche convinto pienamente – questa volta vestita di rosso vivo così come nel finale del concerto – in “Je veux vivre dans le rêve” da Roméo et Juliette di Gounod, in cui ha brillato quanto ad agilità ed acuti. Nume tutelare, anche in questa seconda parte, il Maestro Conlon, che ha offerto, tra l’altro, un’interpretazione fondata su equilibrio agogico e bel suono nell’ouverture da Il viaggio a Reims e nella sinfonia da I vespri siciliani, segnalandosi particolarmente in quella che era un’assoluta curiosità nel programma del concerto, La Quadrille su temi da Un ballo in maschera, che ha diretto con verve e brillantezza, mettendo in valore la festosa orchestrazione realizzata dal compositore austriaco. Ottimo – come si è detto – il coro nella pagina dal Trovatore come nel immancabile “Va’ pensiero”. Irresistibili i due cantanti nell’augurale “Libiam ne’ lieti calici”, prestazione acclamatissima – come peraltro tutto il concerto – e, come di prammatica, bissata. Buon Anno ai nostri lettori! Foto Michele Crosera