Napoli, Teatro di San Carlo, stagione di balletto 2015-2016
“LO SCHIACCIANOCI”
Coreografia e Drammaturgia Lienz Chang da Marius Petipa e Lev Ivanov Ivanovic.
Musica Pëtr Il’ic Čajkovskij
Principessa di Zucchero CLAUDIA D’ANTONIO
Principe di Zucchero SALVATORE MANZO
Clara CANDIDA SORRENTINO
Drosselmeyer GIANLUCA NUNZIATA
Aiutante di Drosselmeyer CARLO DEL MARTINO
Regina della Neve ALESSANDRA VERONETTI
Principe Della Neve ALESSANDRO STAIANO
Orchestra e Coro di Voci Bianche del Teatro di San Carlo
Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo
Allievi della Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo diretta da Stéphane Fournial
Direttore Nicolae Moldoveanu
Direttore del Coro di Voci Bianche Stefania Rinaldi
Scene Nicola Rubertelli
Costumi Giusi Giustino
Napoli, 2 gennaio 2016 ore 17.00
Ogni Natale porta con sé un nuovo Schiaccianoci al Teatro di San Carlo di Napoli. Un appuntamento irrinunciabile che il pubblico partenopeo sa apprezzare ogni anno, facendo registrare sold out ripetuti e dimostrando che il “classico” non stanca mai. Un gran successo che ha meritato scroscianti applausi ancor prima che si concludesse l’ultima scena e la musica tacesse. Perché il sogno di Clara incanta a occhi aperti figli, genitori e nonni. L’allestimento del San Carlo proposto per la nuova stagione si è avvalso della coreografia e della drammaturgia di Lienz Chang, Maître de ballet di casa (ancora con “pieni poteri”, vista la mancanza di un Direttore del Corpo di Ballo – altro tasto dolente), da Marius Petipa e Lev Ivanov, sulla partitura magistrale di Pëtr Il’ic Čajkovskij. Il merito principale del Maestro Chang, lo ripetiamo, è quello di aver rimesso il forma il Corpo di Ballo sancarliano credendo soprattutto nei giovani.
La sua lettura propone, a tratti, nuove tinte drammaturgiche. Ne consegue, si potrebbe dire, una visione meno romantica del “principe azzurro”. Clara trova nell’assistente di Drosselmeyer il suo cavaliere ideale, mentre il Principe di Zucchero resta, al pari delle altre creature del sogno, compagno fedele della sua Principessa. La fanciulla non anela all’irraggiungibile, poiché nel sogno ritrova il ragazzo della porta accanto, quello che, in fin dei conti, più spesso riesce a rendere felici. Sdoganata da una immobilità che durava da diverse stagioni, la scena della lotta fra soldatini e topi è apparsa interessante e dinamica (nonostante gli spot luminosi un po’ troppo colorati che conferivano una modernità eccessiva alla scena, quasi da concerto rock). Così il Valzer dei Fiori, da tempo affidato a sei danzatrici e altrettanti cavalieri “floreali”, ha ritrovato la pienezza di un corpo di ballo tutto al femminile nei vaporosi tutu Degas dalle tinte pastello di Giusi Giustino, storica costumista del Massimo napoletano che ha regalato una nuova mise in lungo anche ai Fiocchi di Neve. Nei blocchi coreografici delle masse non sono mancate citazioni dal grande repertorio classico e neoclassico, con particolare riferimento all’attacco del grande valzer brillante che conclude Les Syplhides di Fokine nelle diagonali discendenti di temps levé nei gruppi dei Fiocchi di Neve e in citazioni balanchiniane nel Valzer dei Fiori. Ma questo, in fondo, non dispiace poi tanto. Più statiche alcune sezioni dalla struttura rigidamente tecnica e non sempre in consonanza con l’intenzione musicale, sequenze che i danzatori hanno saputo eseguire con precisione e disinvoltura. Nel secondo atto l’insistente presenza delle figure di Clara, Drosselmeyer e assistente si è rivelata alquanto ingombrante, in una interazione/sovrapposizione continua con gli altri personaggi.
Nei ruoli principali del primo cast ricordiamo Anbeta Toromani, Alessandro Macario e Sara Sancamillo, ma abbiamo scelto di seguire il secondo cast, come da un po’ di tempo a questa parte. Siamo stati i primi a interessarci ai giovani del San Carlo e possiamo dire di non aver sbagliato, non solo per numero di lettori registrati, ma anche perché siamo stati seguiti nell’esempio e questo rappresenta un cambiamento importante nella mentalità generale, perché una critica costruttiva dovrebbe servire anche a far emergere i nuovi talenti. Ma veniamo ai protagonisti.
Candida Sorrentino è stata una Clara perfettamente calata nel personaggio. Adatta al ruolo per fattezze e tecnica, ha mostrato di aver raggiunto la giusta maturità artistica. Carlo De Martino, nel ruolo dell’assistente, è stato valorizzato nelle sue principali doti, così come lo stesso Drosselmeyer, interpretato da Gianluca Nunziata, ha danzato più del solito e ha dato corpo alla consueta mimica, rendendo il tutto più interessante per il pubblico contemporaneo. Proseguendo in ordine di apparizione, deliziosa Colombina è stata Annalisa Casillo e vigoroso Arlecchino Stanislao Capissi.
Troppo alto per essere contenuto nel solito scatolo, Capissi si è confermato giovane danzatore molto dotato tecnicamente. In questo ruolo, tuttavia, sarebbe stato più realistico mantenere un danzatore minuto. Aggressivo e focoso, Ertugrel Gjoni resta fedele al proprio carattere scenico nel ruolo dell’Arabo del primo atto. Tra gli ospiti della festa spiccano le amiche di Clara, Luisa Ieluzzi e Giovanna Sorrentino. Bravi gli allievi della Scuola di Ballo diretta, dall’ottobre 2015, da Stéphane Fournial, quest’anno impegnati nel ruolo dei Topi. Guizzante nei manège e nei grandi salti il Principe della Neve di Alessandro Staiano, una delle “perle” della scuola napoletana diretta da Anna Razzi dal 1990 al 2015. Meno convincente la Regina della Neve di Alessandra Veronetti, irrigidita in una tensione emotiva che sembra cozzare con la sua esperienza artistica di Prima ballerina matura, che generalmente trova nei ruoli drammatici la sua migliore forma di espressione. Si sono distinte, tra i Fiocchi di neve, Anna Chiara Amirante (che ha dato bello sfoggio di stile anche nei Mirlitoni) e Annalina Nuzzo. Degni di menzione, inoltre, Martina Affaticato per la Danza Araba, Sara Sancamillo e Danilo Notaro, unico elemento maschile dei Mirlitoni, elegante e sicuro in scena. Un altro giovanissimo da coltivare per il vivaio napoletano.
Il ruolo del Principe di Zucchero è stato affidato a Salvatore Manzo che, con le sue pirouettes infinite sempre “planate” e le linee iper-pulite, ricopre da tempo meritati ruoli da solista. Appare probabilmente poco indicato come figura “ideale” del Gran Passo a Due per un chiaro ed esclusivo problema di altezza, risolto abilmente da Lienz Chang nel trasferirne il ruolo sul piano della psicologia infantile di Clara, che non sogna il solito principe “alto, biondo e con gli occhi azzurri”, ma, come già detto, un amico vicino alla sua realtà. Dal canto suo, il Principe sarà quello di un regno fantastico che si avvicini alle dimensioni dei bambini, perché i grandi non sporchino la loro realtà neanche in sogno. Dulcis in fundo, la Principessa di Zucchero di Claudia D’Antonio. Altra minutissima figura, ben abbinata a Manzo, delicata e forte allo stesso tempo, Claudia D’Antonio ha saputo vestire di dolcezza la sua tecnica forte e sicura, i giri disinvolti e gli attacchi puliti, conquistando il pubblico senza contare sul
facile risultato a effetto di una gamba oltremodo alta o di un salto ginnico. Ottima l’esecuzione del Grand Pas Deux da parte di entrambi, con una piccola emozione nelle pirouettes finali ̶ come spesso accade nei debutti ̶ così come ottima è stata l’esecuzione delle variazioni e della coda, in un trionfo di fouettés e manèges.
L’orchestra del Teatro di San Carlo, diretta dall’applauditissimo Nicolae Moldoveanu, ha dato prova della sua consueta bravura nell’esecuzione musicale, così come il Coro di Voci Bianche diretto da Stefania Rinaldi. Splendidi i costumi di Giusi Giustino e le scene di Nicola Rubertelli.
Ci sembra tuttavia doverosa un’osservazione che nasce spontanea, appena si dà un’occhiata al cartellone proposto: cinque recite “pressate” in tre giorni, per di più a cavallo tra fine e inizio anno. Doppia recita il 30 dicembre e il 2 gennaio, una pomeridiana il 3. Un vero massacro per il Corpo di Ballo (nel quale sono spesso gli stessi danzatori a ruotare nelle diverse parti) e con la sensazione, almeno per chi scrive, che il primo titolo della nuova stagione di Balletto non abbia avuto la giusta considerazione, da parte delle alte Dirigenze. Ci hanno pensato l’affluenza e il calore del pubblico a ricordare che Napoli vuole il balletto e vuole quello classico al di sopra di tutto.
Ci sia dunque permesso sottolineare questa poco felice collocazione del nostro amato Schiaccianoci – anche se queste cose, spesso, accadono senza proposito intenzionale. Ma il fatto la dice lunga lo stesso. Avremmo, sì, gradito più recite e le avremmo gradite con una collocazione più decorosa,
punto primo. Punto secondo, una breve considerazione sull’ormai quasi del tutto ringiovanito e vigoroso Corpo di Ballo del nostro Massimo, motivo di orgoglio in un momento così buio per la Danza in Italia (si pensi alla sorte del Maggiodanza e del Corpo di Ballo dell’Arena di Verona). Il San Carlo ha il grande merito di aver rilanciato la Danza in un momento in cui gli altri stavano chiudendo i Corpi di Ballo. Siamo orgogliosi e grati, ma non basta. Questo non è un punto di approdo, quanto un trampolino per i nostri giovani che un giorno danzano da primi ballerini e un altro arretrano nella mischia, perché potrebbero probabilmente acquisire quei diritti alla promozione che il Massimo napoletano conferisce “con il contagocce”. Il passato recente, in argomento, lo conosciamo e non vogliamo che torni. Qualora le promozioni dovessero gravare sulle casse del Teatro, potremmo consigliare, ad esempio, di abbattere i costi del riscaldamento in sala, così eccessivo da costringere qualcuno a volare fuori dal palco per essersi sentito male, oltre a costituire danno ambientale di nota gravità. Se si è iniziato un percorso positivo, non bisogna mollare la presa, perché si può sempre ricadere nell’errore. A buon intenditor poche parole. Ma, visto il cammino intrapreso, vogliamo restare fiduciosi.
A questo punto, però, la domanda che ci poniamo è questa: quante promozioni sul campo si dovrebbero assegnare ai giovani del San Carlo di Napoli, che, con contratti da aggiunti come tersicorei di fila, ricoprono con successo tanti ruoli da Étoiles? (foto di Francesco Squeglia)