Intervista al regista Nicola Berloffa

Nicola Berloffa ha recentemente diretto Un ballo in maschera di Verdi per il circuito Opera Lombardia, ripreso L’Italiana in Algeri di Rossini a Saint-Étienne, quindi a Massy. Nei primi mesi del 2016 porterà in scena Norma allo Staattheater St.Gallen e Madama Butterfly al Massimo di Palermo.
Com’è iniziata la tua avventura?
 
Abbastanza per caso. Non ero un predestinato. Sono cresciuto in provincia, in una famiglia non vicina al  teatro; i miei genitori erano insegnanti, i miei nonni operai. Sono stati loro ad insegnare a me e ai miei fratelli ad apprezzare il bello e ad essere curiosi aiutandoci in tutti i modi possibili per permetterci di crescere in totale libertà.
Perché hai scelto la regia? 
 La regia è arrivata  come scelta all’inizio dell’Università. Durante il liceo mi piaceva l’idea di studiare architettura, come prima scelta,  e poi storia ma scelsi di dedicarmi alla regia dopo la  prima opera vista al Regio di Torino.
La tua famiglia ha appoggiato la tua scelta?
Quando decisi di provare il test d’ammissione alla Paolo Grassi dopo il secondo anno al DAMS di Torino i miei appoggiarono la mia scelta ma, come mi confessò più tardi mio padre, perché credevano che tanto non sarei mai riuscito ad entrare dato lo strettissimo numero di posti. I più felici al momento dell’ammissione furono i miei nonni; per loro era impensabile avere un nipote futuro regista.
Ti sei diplomato presso la scuola “Paolo Grassi” di Milano, scuola con una grande reputazione. Ora cosa ne pensi?
È sicuramente stata fondamentale per la mia formazione, più sul lato pratico che teorico. La scuola metteva a disposizione degli attori e i suoi laboratori per permettere agli allievi di regia  di provare e sperimentare in totale sicurezza. Fondamentale,  per me, è stato l’aiuto del direttore della scuola Mario Raimondo il quale mi ha aiutato a stabilire un contatto con Luca Ronconi. 
Hai esordito come aiutoregista di alcuni dei nomi più importanti del teatro. Come sei riuscito a guadagnare la loro  fiducia?
Lavorando sodo e senza molte distrazioni e comunque sempre con grande divertimento. Ho lavorato come assistente per sette anni per Luca Ronconi e Ugo Tessitore in molte produzioni. 
Fondamentale è stato il rapporto con Tessitore: da lui ho veramente imparato il “mestiere” in palco, quello vero. Appena diplomato per me è stato un sogno trovarmi con loro alla Scala e seguirli in giro per l’Europa.
Un’esperienza sicuramente rilevante…
Direi  fondamentale perchè ho potuto misurami subito sul lavoro in grandi produzioni, in importanti teatri.
Hai anche avuto un importante riconoscimento  in Francia. Ne vuoi parlare?
Ho vinto il premio all regia indetto dal CFPL nel 2008. Il presidente della giuria era Nicolas Joël, all’epoca direttore dell’Opera di Parigi. Il premio era una nuova produzione de “Il viaggio a Reims” con una tournée in diciotto teatri francesi. Pensavo di non avere grandi speranze perchè non avevo mai firmato una regia d’opera prima di allora; temevo che il curriculum fosse il primo scoglio per le selezioni.  In realtà, come appresi dopo, avevo già l’unanimità della giuria alla semifinale. Questa produzione è stata per me un pezzo molto importante per la mia vita, Girammo due anni tutta la Francia con una troupe di 32 cantanti. Un’esperienza meravigliosa!
Qual è la tua idea di regia d’Opera ?
La regia d’opera deve essere costruita sulla musica; non si può pensare di dimenticarla e di costruire un progetto senza partire da essa.   Quando inizio a lavorare a un nuovo progetto, parto sempre da un ascolto continuo del pezzo; veramente vivo con l’ascolto ogni tipo di situazione quotidiana  che stia guidando o che sia al supermercato, in modo che possa scoprire la drammaturgia musicale nascosta al suo interno. Lo so che può sembrare strano ma per entrare veramente nel pezzo il libretto per me è secondario; tutto è scritto nel pentagramma. Io non leggo mai le didascalie, lascio che sia la musica ad ispirarmi.
Sei più per la tradizione o l’avanguardia?
Io non credo più si possa parlare di tradizione o avanguardia ma al massimo di intelligenza del regista. Non bastano un paio di jeans per fare uno spettacolo “moderno” se poi al suo interno tutti si muovono nel modo più convenzionale dettato dal repertorio, no?
Hai dei collaboratori? Che rapporto hai con loro?
Io ho dei collaboratori fissi negli ultimi due anni, Fabio Cherstich per le scene e Valeria Bettella per i costumi. Con Fabio ci conosciamo ormai da 11 anni, siamo cresciuti insieme e parliamo la stessa “lingua”. Importante per me, con loro, è il forte rapporto di amicizia che ci lega e le grandi risate che ci facciamo insieme. ,
Cosa pensi dei cantanti. Hai dei pregiudizi?
Se il cantante non è suo agio in palco, ne risente subito la regia. Nutro la massima stima per il loro lavoro e il mio spettacolo viene sempre costruito su ciascun interprete… Quando non si devono assecondare capricci o vizi ….. e sinceramente, fino ad ora, fortunatamente, non ho mai avuto grossi problemi.
Credi sia più difficille ora, vista la crisi, lavorare nel teatro d’opera?
Il problema vero è che i teatri producono sempre meno in Italia; questo è un dato oggettivo, quindi ci sono sempre meno possibilità lavorative anche se per il momento io non mi posso lamentare. Lavorerò fino al 2018, ma tutto è stato conquistato con grande fatica.
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Il Falstaff e il Rosenkavalier.