Torino, Teatro Regio: “Dido and Aeneas”

Torino, Teatro Regio, Stagione lirica 2015-16
“DIDO AND AENEAS”
Opera in tre atti su testo di Nahum Tate
Musica di Henry Purcell
Dido ROBERTA INVERNIZZI
Aeneas BENEDICT NELSON
Belinda ROBERTA MAMELI
Maga e marinaio CARLO ALLEMANO
Seconda donna KATE FRUCHTERMAN
Prima strega SOFIA KOBERIDZE
Seconda strega LORIANA CASTELLANO
Spirito CARLO VISTOLI
Danzatrici SAYAKA KASUYA SARASA MATSUMOTO
Acrobati EDWIN CONDETTE, TARZANA FOURES, ANNE-CLAIRE GONNARD, ELODIE GUEZOU, ANTOINE HELOU, AHMED SAID
Orchestra e coro del Teatro Regio di Torino
Direttore Federico Maria Sardelli
Regia, scene, costumi e coreografie Cécile Roussat e Julien Lubek
Luci Marc Gingold
Maestro del coro Claudio Fenoglio
Allestimento dell’Opéra de Rouen Haute-Normandie
Torino,  28 novembre 2015  
Torino ha una certa frequentazione con “Dido and Aeneas” essendo l’opera comparsa più volte nella capitale subalpina – la più recente nel 2014 al Teatro Carignano in occasione di Settembre Musica – ma solo ora entrata trionfalmente sul palcoscenico del Teatro Regio dove ha fatto il suo ingresso con una produzione destinata a farsi ricordare. Proveniente dall’Opéra de Rouen Haute-Normandie, lo spettacolo firmato integralmente da Cécile Roussat e Julien Lubek (regia, scene, costumi e coreografie) è un piccolo gioiello di meraviglia barocca intelligentemente ricreata. Opportunamente scansati i riferimenti virgiliani, puro pretesto già nel libretto – rimane qualche raro ed elegante accenno fra si può citare l’abito di taglio frigio della seconda donna che ricordava quello di Ascanio in alcune miniature tardo-antiche –, lo spettacolo immerge il pubblico in un mondo magico e fantastico che rievoca il gusto per i Fairy Tales e per la commedia fiabesca tanto in voga nell’Inghilterra del XVII secolo con i suoi riferimenti paradigmatici del “The Tempest” di Shakespeare e del “The Faerie Quenee” di Spenser. La regia introduce il pubblico, quindi, in un mondo marino, su un’isola incanta circondata dai flutti e definita da quinte rocciose la cui signora è una Didone in vesti regali e quasi maschili all’inizio che poi si trasformano in chiave più femminile al giungere di Enea, alla sua riscoperta di donna oltre che di regina. Didone è quasi un Prospero femminile su quest’isola incantata e così come Belinda – anch’essa in vesti di taglio neutro se non maschile – non può non richiamare alla memoria l’Ariel shakespeariano.
Autentico colpo di teatro, la scena delle streghe ambientata in un antro sottomarino – molto suggestive le luci Marc Gingold – dominato da una mostruosa strega chimerica con la parte superiore umana innestata su un corpo di cefalopode e affiancata da assistenti sirene sollevate sopra di lei come fluttuassero nell’acqua marina; è interessante l’idea di far diventare il Capitano dei marinai una trasformazione della stessa strega che dopo aver compiuto il suo lavoro di convincimento può riprendere il suo aspetto mostruoso con i tentacoli che invadono la nave troiana. Struggente il finale in una cupa notte dove solo restano il nero del cielo e le onde del mare con Didone che si abbandona dolcemente alle acque fino a sprofondare completamente fra i flutti cui segue l’illuminarsi di stelle fra le tenebre come ad evocare un catasterismo dell’infelice regina. Belli i costumi dai tratti vagamente orientali – come se “The Tempest” incontrasse le “Mille e una notte” -, molto riuscite le coreografie di solido impianto barocco e di grande suggestione gli acrobati che arricchivano con il loro dinamismo lo svolgersi della vicenda, come se fossero essi gli spiriti al servizio delle streghe, Cupido che volteggia in cielo mentre Belinda l’invoca “Pursue thy comquest, Love” o Diana sul crescente lunare nella scena della caccia. Vista la brevità della composizione l’opera è stata integrata da alcuni ballabili ricavati da musiche dello stesso Purcell individuati appositamente dal maestro Sardelli nonché da alcuni brani di raccordo “in stile” composti dallo stesso direttore seguendo la prassi esecutiva dell’epoca.
La parte musicale vedeva l’orchestra e il coro del Teatro Regio – in formazione ridotta considerata la natura della partitura e con pochi elementi di rinforzo per alcuni strumenti più specificamente barocchi – guidati da Federico Maria Sardelli. Si è scelto quindi di affidarsi ad un direttore di grande esperienza nell’esecuzione della musica antica ma chiamandolo a cimentarsi con un’orchestra moderna. Il risultato è efficace nel saper integrare rigore stilistico e pienezza di suono. Sardelli sceglie tempi molto teatrali, vitali fin dai primi accordi dell’ouverture mantenendo questo senso vitale anche nei momenti più patetici compresa la morte di Didone, scena questa caratterizzata da una nobiltà austera e aristocratica non eccessivamente languida ma pulsante di quella vita interiore che il direttore infonde a tutta la partitura ma al contempo capace di cogliere i colori mutevoli di una partitura quanto mai ricca nella sua brevità.  Come sempre ottima la prova del coro che ha mostrato la sua poliedricità anche nella scrittura quasi madrigalistica di Purcell.
Il cast offre una prova complessivamente più che positiva. Roberta Invernizzi è una protagonista nobile ed austera, vocalmente sicura e stilisticamente perfettamente a suo agio in questo repertorio trovandosi inoltre pienamente in linea con Sardelli nel tratteggiare una figura non remissiva o eccessivamente languente ma un personaggio sempre presente a se stesso e al suo ruolo anche nell’estrema scelta conclusiva. Certo si può preferire per Didone un timbro più caldo e morbido rispetto a quello più asciutto della Invernizzi ma si tratta di valutazioni di gusto personale. Benedict Nelson è un Enea di forte presenza scenica nel suo costume da uomo di mare, per metà principe e per metà pirata, dalla voce ampia e sonora anche se non sempre raffinatissima ma controllata con intelligenza e sensibilità così che l’efficacia dell’insieme non è messa in discussione. Roberta Mameli è una splendida Belinda, luminosa, squillante, agilissima, stilisticamente ineccepibile e scenicamente perfetta nella particolare idea registica del personaggio. Carlo Allemano canta le parti della strega – insolitamente affidata a voce di tenore – e del marinaio (che come già detto sono immaginate come due aspetti dello stesso personaggio) facendosi apprezzare tanto sul piano vocale quanto su quello scenico.  Carlo Vistoli ha una bella voce di controtenore pulita e sonora ed una dizione chiara e precisa che gli permettono di rendere compiutamente la parte dello Spirito. Molto buone le numerose parti di fianco con la seconda donna, Kate Fruchterman, particolarmente presente anche per scelta registica, e le due streghe-sirene di Loriana Castellano e Sofia Koberidze. Una particolare nota di merito per i ballerini e gli acrobati. Resta il dubbio se ad un’opera così breve non avrebbe potuto essere affiancata da qualche altra composizione in modo da dare maggior corpo alla serata ma è innegabile che l’esecuzione proposta abbia lasciato pienamente soddisfatto il folto pubblico presente in sala con teatro praticamente esaurito, realtà non così scontata per un titolo non così familiare al grande pubblico.