Ancona, Teatro delle Muse: “La Bohème”

Teatro delle Muse “Franco Corelli” – Stagione Lirica 2015
“LA BOHÈME”
Opera in quattro quadri su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica dal romanzo Scènes de la vie de Bohème di Henri Murger
Musica di Giacomo Puccini
Mimì GRAZIA DORONZIO
Rodolfo JENISH YSMANOV
Musetta LAVINIA BINI
Marcello FRANCESCO VULTAGGIO
Schaunard ITALO PROFERISCE
Colline DARIO RUSSO
Benoît/Alcindoro MARCO CAMASTRA
Parpignol ALESSANDRO PUCCI
Sergente dei doganieri  ROBERTO GATTEI
Un doganiere GIANNI PACI
FORM Orchestra Filarmonica Marchigiana
Coro Lirico marchigiano “Vincenzo Bellini”
Coro di Voci Bianche “ArteMusica”
Direttore Gabriele Bonolis
Maestro del Coro Carlo Morganti
Maestro del Coro delle Voci Bianche Angela De Pace
Regia Nicola Berloffa
Scene Fabio Cherstich
Costumi Valeria Bettella
Luci Michele Cimadomo
Nuovo Allestimento Fondazione Teatro delle Muse “Franco Corelli”
Ancona, 9 ottobre 2015

Apre in forte ritardo rispetto alla tradizione e con sempre più limitate possibilità economiche la stagione lirica 2015 del Teatro delle Muse “Franco Corelli” di Ancona che vede quest’anno alla sua guida il nuovo direttore artistico Guido Barbieri. Titolo di apertura La Bohème di Giacomo Puccini con un cast di giovani cantanti, molti di loro al debutto nel ruolo. Non ci troviamo in verità di fronte ad un evento operistico di rilievo né per qualità vocale né per scenografie o idee registiche di grande spessore. Uno spettacolo che può essere paragonato ad un dignitoso saggio di fine anno di un decoroso conservatorio italiano, con un pubblico non troppo numeroso e non troppo partecipe. Grazie alla moderna tecnologia del teatro, un praticabile calato ed alzato, la creatività  dello scenografo Fabio Cherstich riproduceva la dimessa stanza dei giovani bohèmien e, recuperando qua e la parti di scenografie di precedenti spettacoli, ci trasportava nel caffè Momus e poi alla barriera d’Enfer tra nebbie ed alti platani secolari. In verità, per quanto minimaliste, le scene appaiono evocative ed evidenziano almeno un tentativo complessivamente riuscito di fare del proprio meglio avendo poco a disposizione. Belle e di grande impatto le luci di Michele Cimadono che danno corposità e profondità alle scene arricchendo e valorizzando il palcoscenico. Didascalica e senza particolari evidenze la regia di Nicola Berloffa: far apparire in scena la moglie di Benoit che alle parole di lui lo colpisce con un battipanni o diffondere, durante il cambio scena a vista, musiche in stile Charleston, non sono idee di un peso tale da rendere lo spettacolo di particolare interesse. Funzionali e piacevoli per taglio e linea i costumi di Valeria BettellaGabriele Bonolis dirigeva l’Orchestra Filarmonica Marchigiana con forte piglio, creando via via cromatismi e momenti di grandissima intensità, dimenticandosi talvolta dei cantanti in scena, i quali, seppur seguiti,  risultavano penalizzati da volumi un pò troppo generosi. Una direzione però alquanto varia, attenta sia agli abbandoni lirici e patetici, sia al dramma ed alla pulsione ritmica nervosa. Vocalmente su tutti ha brillato senza dubbio la Mimì di Grazia Doronzo. Il soprano oltre ad avere un’ ottima presenza scenica, mostra un buon dominio dei suoi mezzi vocali. L’accento è sempre ben centrato: mai leziosa, ma sempre credibile nel ruolo ed intensa. Peccato che nell’aria “Sì, mi chiamano Mimì” un leggero vibrato, seppur controllato ad arte, ha un po’ nuociuto all’espressività della linea di canto. La sua Mimì è comunque di tutto rispetto.  Al suo fianco, in sostituzione di Vincenzo Costanzo originariamente previsto, Jenish Ysmanov ha vestito i panni di Rodolfo. Il tenore ha una buona emissione e un registro acuto non privo di brillantezza, il fraseggio però è approssimativo e generico, come dimostra in particolare tutta la scena finale dell’opera.  Appropriata  la Musetta di Lavinia Bini con una voce cristallina e sempre brillante nel registro acuto, anche se la sua interpretazione qua e la appare un po’ troppo caricata. Efficace il resto del cast: Francesco Vultaggio (Marcello) ha cantato molto bene e con gusto, seppure con acuti spesso un pò troppo fissi; misurato e colloquiale Italo Proferisce (Shaunard). Di tutto rispetto il Colline di Dario Russo, anche se qua e là teatralmente impacciato. Corretto l’apporto di Marco Camastra (Benoit / Alcindoro), Alessandro Pucci (Parpignol), Roberto Gattei (Sergente dei doganieri) e Gianni Paci (Un doganiere). Più che sufficiente la prova del Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini” che appariva quasi annoiato. Deliziosi i giovani del coro delle voci bianche “ArteMusica”.