Verona, Teatro Filarmonico, Il Settembre dell’Accademia 2015, XXIV Edizione
Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Direttore Juraj Valčuha
Pianoforte Lisa de la Salle
Ludwig van Beethoven: Concerto per pianoforte n. 3 in Do minore Op. 37
Gustav Mahler: Sinfonia n. 1 in Re maggiore “Titano”
Verona, 21 Settembre 2015
Quando una grande orchestra incontra un direttore in grado catalizzare e convogliare l’attenzione e l’energia di ogni singolo esecutore sulla punta della propria bacchetta ecco che il pubblico ha il privilegio di assistere a qualcosa che va ben oltre l’etichetta della sala da concerto, e riesce fin a scorgere quelle “folli” ragioni che animano chi decide di consacrare allo studio della musica tutta la propria vita. Stiamo parlando del messaggio comunicativo di potenza assoluta di cui la musica può farsi portatrice, faro di una vita per chi si consacra alla professione di musicista ma spesso difficilmente esperibile in maniera veramente profonda e reale da tutto il pubblico. Ciò accade solo in determinate, alchemiche situazioni in cui l’energia umana e musicale degli esecutori è così concentrata da sfondare la barriera del palcoscenico e coinvolgere gli spettatori in maniera totale, non semplicemente “influenzandoli” ma portandoli ed essere parte del piccolo miracolo creato tra le quattro mura del teatro.
Questo, a nostro avviso, è quanto sono riusciti a creare gli strepitosi musicisti dell’ Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, guidati dal maestro boemo Juraj Valčuha.
Il concerto si è aperto con il Concerto per pianoforte n. 3 in Do minore Op. 37 di Ludwig van Beethoven, con l’apporto solistico della ventisettenne pianista francese Lisa de la Salle. Il suo approccio al terzo concerto non lascia spazio a fronzoli, e convince per la scelta di un fraseggio essenziale ma sempre intellegibile e la scelta di un suono già versato all’indole romantica più che al classicismo mozartiano. Il virtuosismo di Lisa de la Salle è composto, riservato e non volutamente appariscente, ma sempre saldo ed efficace nel delineare il nuovo ruolo che il pianoforte guadagna con questa composizione nel rapporto con l’orchestra all’interno della forma del concerto, rapporto gestito in questo caso da Valčuha in maniera precisa e inappuntabile. Molti applausi per la giovane pianista, che ringrazia e saluta il numeroso pubblico veronese con il delicato Prelude Danseuses de Delphes dal primo libro di Claude Debussy. Nella seconda parte la Sinfonia n. 1 in Re maggiore “Titano” di Gustav Mahler, fulcro delle precedenti considerazioni. Poema sinfonico non (del tutto) dichiarato, l’intera sinfonia non è che una profonda immersione nel mondo naturale e richiamo ad una natura come il più inestimabile tra i doni che l’umanità ha ricevuto e all’interno del quale la vicenda umana si dispiega in tutte le sue fasi, dal suo risveglio fino al tramonto. La lettura di Juraj Valčuha è personale ma non stravolgente, rispettosa e consapevole delle più autorevoli scelte interpretative del passato ma sua a volta originale seppur nel rispetto più totale della partitura e del velato programma che risiede al suo interno. Ma ben più importante di ogni considerazione è il fatto che l’interpretazione di Valčuha è riuscita a convincere, a distogliere anche l’ascoltatore più esigente da ogni tipo di ascolto comparativo e al contrario a catturarne l’attenzione con l’autorevolezza di chi ha le idee molto chiare e propone il proprio approccio senza mezzi termini. L’appoggio degli eccellenti musicisti dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia agli spunti direttoriali è totale, ed ecco crearsi la magia, il piccolo miracolo di cui sopra, il fiato sospeso fino all’ultima nota. Il pubblico applaude incessantemente, con la concitazione di chi sa di aver assistito a un concerto a tutti gli effetti extra-ordinario. L’argutissima scelta dell’Intermezzo sinfonico da Manon Lescaut di Puccini come encore, eseguito ancora una volta magistralmente dalla compagine ceciliana, è salutata da altri calorosi e numerossissimi applausi. Foto Brenzoni