Teatro Sociale – Stagione Lirica 2015/2016
“LE NOZZE DI FIGARO”
Commedia per musica in quattro atti di Lorenzo Da Ponte dalla commedia La folle journée ou le mariage de Figaro di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais.
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Il conte d’Almaviva VINCENZO NIZZARDO
La contessa Rosina FEDERICA LOMBARDI
Figaro ANDREA PORTA
Susanna LUCREZIA DREI
Cherubino CECILIA BERNINI
Bartolo FRANCESCO MILANESE
Marcellina MARIGONA QERKEZI
Don Basilio MATTEO MACCHIONI
Antonio CARLO CHECCHI
Don Curzio UGO TARQUINI
Barbarina GIULIA BOLCATO
Due contadine ANNA PIROLI, ELENA CACCAMO
Coro OperaLombardia
Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano
Direttore Stefano Montanari
Maestro del Coro Dario Grandini
Regia di Mario Martone ripresa da Raffaele Di Florio
Scene Sergio Tramonti
Costumi Ursula Patzak
Luci Pasquale Mari
Coreografia Anna Redi
Coproduzione Teatri di OperaLombardia
Allestimento del Teatro San Carlo di Napoli
Como, 24 settembre 2015
Anche quest’anno è il binomio Mozart – Da Ponte ad inaugurare la stagione lirica comasca firmata OperaLombardia, il nuovo volto del Circuito Lirico Lombardo che cambia in nome, logo e organizzazione, ma non nella qualità dell’offerta artistica cui ormai ci ha abituati. Ancora una volta il titolo d’apertura è affidato ad un big della regia, ma con esiti decisamente più brillanti e degni del nome illustre: a Graham Vick con il suo (discutibile) Don Giovanni dello scorso anno segue Mario Martone con Le nozze di Figaro, nella produzione che fa parte della trilogia napoletana debuttata al San Carlo nel 2006 e ripresa al Comunale di Bologna nel 2012. Non certo senza macchia, ma un allestimento – qui ripreso da Raffaele Di Florio – nel suo complesso gradevole e godibile. La lettura del regista napoletano mira a creare un continuum sia sul fronte musicale sia sul fronte scenico. L’opera non deve presentarsi come una sequenza di numeri chiusi, ma è una vicenda complessa sviluppata in un flusso continuo di eventi che nell’intrecciarsi svelano la psicologia di ciascun personaggio, in cui potersi riconoscere o meno: quello di Mozart secondo Martone è un teatro del vivere e del sentire reale, siamo noi in scena e chi è in scena siamo noi senza distacchi o barriere. E così la struttura scenica vede il palco protendersi in avanti tramite passerelle che sovrastano la buca e si sporgono sulla platea dando modo agli artisti di accedervi e mescolarsi tra il pubblico in più occasioni (per citare un paio di esempi pensiamo a Figaro che spia Susanna in giardino nascondendosi dietro allo sportello d’accesso al podio, o Cherubino che letteralmente salta in buca per fuggire dal Conte). Certo, un’impostazione vista e rivista che di per sé tende ad annoiare ormai, ma che supportata da alcune trovate registiche singolari, gradevoli coreografie e soprattutto dalla spigliatezza generale degli interpreti di questa produzione, funziona ancora e fa il suo bell’effetto.
Considerato che, come visto, l’azione si concentra quasi totalmente in proscenio (e oltre), restano notevoli perplessità per quell’enorme scala che si staglia sullo sfondo costituendo la parte più imponente e allo stesso tempo più insignificante della scenografia. Fissa per tutta l’opera e solo leggermente riconfigurata per le ultime scene ambientate giardino, l’enorme struttura (praticabile!) che ben si presterebbe ad assecondare le diverse dinamiche suggerite dal libretto, rimane quasi completamente inutilizzata se non per far sgranchire le gambe a un paio di figuranti che sfilano per conto loro di tanto in tanto, totalmente estranei all’azione principale. In aggiunta, tutto quello spazio vuoto nelle retrovie abbinato alla semichiusura della buca orchestrale non ha particolarmente giovato all’acustica, dando l’impressione di inghiottirsi generose porzioni di suono. Visivamente nulla da dire: statica e con i suoi inconvenienti, la tradizionalissima scenografia firmata da Sergio Tramonti è tuttavia un piacere per gli occhi, ben valorizzata dalle luci di Pasquale Mari, collaboratore fisso di Martone da diversi anni. Funzionali e gradevoli i costumi di Ursula Patzak, chiudendo un occhio sulla Contessa che, quando non si presenta in un’abbondante camicia da notte, sfoggia un abito cangiante verde e rosa piuttosto discutibile.
Passando al versante musicale e sorvolando sull’atteggiamento un po’ calcato da rock star, la concertazione di Stefano Montanari è nel complesso positiva. Il maestro riesce quasi sempre a mantenere una buona coesione tra il palco e l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali, rimessa puntualmente in riga quando tende a latitare nei concertati e sedata di volta in volta negli eccessi di volume. Ascoltiamo un Mozart vivace, energico e fresco, mai noioso. Resta tuttavia qualche riserva su alcune scelte musicali di dubbio gusto, dai colori talvolta inadeguati ai repentini cambi di tempo spesso bruschi e artificiosi. Ma è nelle voci che risiede il vero punto di forza della produzione. Il cast è mediamente giovanissimo e quasi esclusivamente italiano, a dimostrazione che – mi si conceda per una volta una punta di campanilismo – di giovani leve di grande talento ne abbiamo da vendere senza bisogno di attingere continuamente oltreoceano. Lucrezia Drei, classe 1989, debutta una Susanna di gran qualità. Sempre espressiva e sciolta scenicamente, affronta il ruolo con la giusta spigliatezza senza risparmiarsi sul fronte vocale. I recitativi sono perfettibili e affrontati con una certa approssimazione, ma a fronte di una performance assolutamente vincente per la generosa abbondanza di pagine ben cantate possiamo sorvolare in tranquillità. L’ottima intesa con i colleghi dà vita a duetti riuscitissimi tra cui segnaliamo il “Via, resti servita” e “Crudel, perché fin ora”, anche se il meglio ci è offerto nelle arie. Il soprano milanese brilla soprattutto nell’ostica “Deh, vieni non tardar”, colpendo per pulizia di suono, emissione omogenea e gusto nella gestione di colori e dinamiche.
Proseguendo nel comparto dei soprani scopriamo una Contessa di lusso nella bellissima voce di Federica Lombardi. Questa cantante può davvero vantare uno strumento sorprendente: una voce morbida, rotonda, ben timbrata e ricca di armonici, dotata di estensione notevole. Le sue arie rimangono due punte di diamante della serata, in particolare la magistrale esecuzione di “Dove sono i bei momenti”, acclamata da un commosso applauso a scena aperta. Sul fronte della recitazione c’è ancora da lavorare, anche se resta il sospetto che le statiche indicazioni registiche riservate alla Contessa non abbiano aiutato a delineare una convincente caratterizzazione scenica del personaggio. Il versante maschile è sempre di buon livello ma regala meno soddisfazioni dal punto di vista vocale, a cominciare dal Figaro di Andrea Porta. Nulla da dire a livello scenico: disinvolto ed espressivo dal gesto fino alla mimica facciale, si attira le simpatie del pubblico e caratterizza un Figaro teatralmente interessantissimo. Purtroppo il canto non è allo stesso livello e spesso si rendono evidenti alcune difficoltà relative all’emissione che, abbinate ad un timbro piuttosto deludente, non aiutano a rendere memorabile questa performance dal punto di vista musicale. Problema inverso per il Conte di Vincenzo Nizzardo. La voce è certamente più generosa ed emerge chiaramente nella sua bellezza con l’aria “Vedrò mentr’io sospiro”, ben eseguita. Ma bella voce non è sinonimo di musicalità e dal punto di vista interpretativo c’è ancora ampio margine di miglioramento, a cominciare da una maggior cura del fraseggio di cui si è drammaticamente sentita la mancanza. Eccellente il Cherubino di Cecilia Bernini, di cui si nota immediatamente un physique du rôle perfetto per vestire i panni del piccolo paggio. Esuberante e divertente in scena, il mezzosoprano sfoggia una voce piuttosto chiara ma gradevole e ben impostata, affrontando con musicalità e sicurezza le celebri “Voi che sapete” e “Non so più cosa son, cosa faccio”. Marcellina è interpretata da Marigona Qerkezi, non impeccabile tecnicamente ma efficace nel duetto del I atto con Susanna e simpaticissima nell’interpretazione della sua aria (“Il capro e la capretta”). Bene anche il Bartolo di Francesco Milanese, elegante nell’aria della Vendetta e convincente negli altri interventi, preciso e puntuale nelle scene d’insieme. Matteo Macchioni è un viscidissimo Basilio, caricaturale ma ottimo dal punto di vista interpretativo, dotato di voce squillante anche se poco gradevole timbricamente.
Piccolo ma prezioso il contributo di Giulia Bolcato nei panni di Barbarina: un’artista promettente che ci piacerebbe riascoltare in futuro anche in ruoli più consistenti. Completano il folto cast il balbettante Don Curzio di Ugo Tarquini, un Antonio completamente sbronzo impersonato dall’ottimo Carlo Checchi e le due contadine di Elena Caccamo e Anna Piroli.
Con un secondo salto di Cherubino in buca a conclusione dell’opera, la recita si chiude con nove minuti di applausi e un caloroso successo per tutti. Si replica a Cremona (Teatro Ponchielli, 16 e 18 ottobre), Brescia (Teatro Grande, 23 e 25 ottobre), Pavia (Teatro Fraschini, 29 e 31 ottobre), Bergamo (Teatro Donizetti, 6 e 8 novembre).