Giaochino Rossini: “Asile héréditaire…Amis, amis” (Guillaume Tell); Hector Berlioz: “Nature immense” (La damnation de Faust); Giuseppe Verdi: “Je veux encore entendre ta voix” (Jérusalem), Ô jour de peine et de souffrance” (Les Vêpres siciliennes); Hector Berlioz: “Inutile regrets” (Les Troyens); Charles Gounod: “Inspirez-moi, race divine!” (La reine de Saba); Giacomo Meyerbeer:”Ô paradis ” (L’Africaine); Jules Massenet: “Ne pouvant réprimer les élans de la foi” (Hérodiade); Ernest Reyer: “Esprits, gardiens de ces lieux”; Alfred Bruneau:”Adieu, forêt profonde” (L’Attaque du moulin); Henri Rabaud: “Chante, vieux jardin” (Roland et le muavais garçon). Bryan Hymel (tenore), PKF-Prague Philharmonie. Czech Philharmonic Choir di Brno. Emmanuel Villaume (direttore). Registrazione: 18-25 agosto 2014, Smetana Hall, Praga. T.Time: 72.54. 1 CD Warner Classics 0825646179503
Rivelatosi nel 2012 quando sostituì il previsto Jonas Kaufmann ne “Les Troyens” londinesi diretti da Antonio Pappano, il tenore statunitense Bryan Hymel si è subito presentato come una delle figure più interessanti dell’attuale panorama internazionale. Questo nuovo recital registrato nel 2014 a Praga conferma pienamente le buone impressioni avute a partire da quell’occasione. Impegnato nel repertorio ottocentesco francese, il tenore è qui accompagnato da un grande specialista come Emmanuel Villaume ben noto anche al pubblico italiano proprio per le sue prestazioni nell’opera francese alla guida di un complesso di solida professionalità come la PKF – Prague Philarmonia affiancata dallo Czech Philarmonic Choir di Brno. Spicca la scelta dei brani che concede pochissimo alla facilità mediatica – l’unica parziale eccezione è la grande scena di Arnold nel “Guillaume Tell” rossiniano – per dar spazio a brani poco o punto noti che offrono anche un’occasione di conoscenza che trascende il mero giudizio sulla prova del cantante. Posta in apertura, la citata scena rossiniana dà subito il polso dell’interpretazione di Hymel rendendo in pieno quel clima héroïque già indicato nel titolo. La voce forse non ha il velluto o la lucentezza di altre ma compensa questo limite naturale con una tecnica ottima e con un notevole senso dello stile per cui la prima impressione svanisce rapidamente. Il recitativo ha la giusta aulicità e l’essere nato in Luosiana forse ha contribuito a dare al cantante un’ottima scansione della frase francese insolita per un cantante anglo-sassone. L’aria è condotta con eleganza, musicalità, molto francese nel taglio espressivo e la cabaletta ha tutto il suo impeto marziale – anche per merito della trascinante direzione di Villaume – ed è chiuso da un notevolissimo Do acuto che seppur discografico lascia comunque ammirati.
Sono invece le qualità dell’interprete che emergono nella successiva “Nature immense” da “La Damnation de Faust” di Berlioz di cui Hymel coglie splendidamente il clima di arcano mistero mentre l’altro brano del maestro savoiardo, la splendida “Inutiles regrets” (Les Troyens), si giova dell’esperienza teatrale di Hymel come Enée ed è ammirevole per rigore stilistico e capacità di far emergere la purezza ancora sostanzialmente neo-classica di questa melodia. De “L’Africaine” di Meeyerbeer viene saggiamente eseguita l’intera scena del IV atto e non solo il celebre arioso “O paradis”, scelta che riporta Vasco al lato eroico troppo spesso smarrito nelle letture fin troppo liriche del celebre brano. Interessanti le pagine verdiane – “Jerusalem” e “Les Vêpres siciliens” – che lasciano intuire futuri sviluppi della carriera anche in questa direzione essendo non solo la voce particolarmente adatta nel suo unire robustezza e squillo ma decisamente interessante per l’accento. E se è vero che il Verdi francese in qualche modo si avvicina alla tipologia del tenore meeyberiano, mantiene comunque solidi ancoraggi con l’impostazione delle opere italiane. Spicca il registro acuto che – benchè meno sollecitato rispetto a Rossini – ha una forza e una pienezza di suono invero rimarchevole.
I brani di Gounod (“La reine de Saba”) e Massenet (“Herodiade”) sono la dimostrazione di quell’infinita miniera di gemme spesso misconosciute che è l’opera francese. Squillante, radiosa, eroica la prima come una miniatura orientale, introversa, malinconica e quasi decadente la seconda, sono le due facce contrapposte dell’esotismo parigino; im questa sede va riconosciuta ad Hymel la capacità di aver saputo cogliere benissimo le particolarità stilistiche di entrambi i brani. Il “Sigurd” di Reyer ha goduto in passato di larga fama come più compiuta realizzazione di un gusto wagneriano che si era diffuso in Francia influenzandone profondamente la cultura artistica – non solo musicale. Cavallo di battaglia del grande Thill quest’opera è poi sostanzialmente sparita dal repertorio ed è un piacere riascoltare “Les bruit des chants s’etend” da una voce così sana e robusta capace di unire un impeto quasi wagneriano a mezze voci di una raffinata eleganza quanto mai parigina. Praticamente sconosciuti gli ultimi due brani. “Le jour tombe, Adieu, forêt profonde” da “L’attaque du Moulin” di Alfred Bruneau è abbastanza di routine mentre “Chante viex jardin” da “Rolande et le mauvais garcon” di Henri Rabaud presenta un piacevole andamento melodico non privo di interesse e risulta interessante scoperta vista anche l’ottima lettura proposta.