Bregenzer Festspiele 2015
“TURANDOT”
Opera in tre atti su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni
Musica di Giacomo Puccini
La Principessa Turandot ERIKA SUNNEGARDH
L’ Imperatore Altoum MANULE VON SENDEN
Timur DIMITRY IVASHCHENKO
Calaf RAFAEL ROJAS
Liù MARJUKKA TEPPONEN
Ping, gran cancelliere THOMAS OLIEMANS
Pong, gran provveditore PETER MARSH
Pang, gran cuciniere KYUNGHO KIM
Un mandarino YASUSHI HIRANO
Wiener Symphoniker
Prager Philharmonischer Chor, Bregenzer Festspiel Chor, Kinderchor der Musikmittelschule Bregenz-Stadt
Direttore Paolo Carignani
Maestro del Coro Lukáš Valisek, Benjamin Lack
Regia e Scene Marco Arturo Marelli
Costumi Constance Hoffman
Luci Davy Cunningham
Video Aron Kitzig
Suono Gernot Gögele, Alwin Bösch
Coreografia Ran Arthur Braun
Drammaturgia Olaf A. Schmitt
Bregenz, 31 Luglio 2015
Il suggestivo palcoscenico del Festival austriaco di Bregenz presenta quest’anno un nuovo allestimento di Turandot, e si conferma esempio virtuoso di una produzione culturale moderna e tremendamente efficace. Il curatissimo allestimento di Marco Arturo Marelli, con l’ausilio dei costumi di Constance Hoffmann e delle luci di Davy Cunningham, si presenta in perfetto equilibrio tra l’impianto monumentale dell’architettura cinese antica e un’ambientazione della vicenda di per sé moderna, raggiunge l’obiettivo dell’originalità senza strafare e asservendo anche le più spettacolari trovate scenografiche alla totale fluidità della vicenda rappresentata. Questa, è bene precisarlo, viene presentata da capo a fondo senza pause né cambi di scena per un totale di due ore di spettacolo.
Impressionante l’apparato tecnologico impiegato: l’orchestra suona dall’interno della Konzerthaus, in una sorta “videoconferenza” con i cantanti sul palcoscenico che possono vedere il direttore attraverso appositi schermi posizionati ai lati del palco. Il sistema di amplificazione è impeccabile, il suono sembra ingrandito in maniera naturale senza andare a deformare le qualità vocali dei solisti o ad appiattirne i colori, ma al contempo fornendo agli ascoltatori un volume sonoro coinvolgente e adeguato ad uno spazio aperto ed ampio. A questo proposito è interessante notare come le peculiarità dello spazio siano impiegate al massimo dal punto di vista scenografico. Spettacolare il primo ingresso in scena di Turandot, che arriva in barca sul lago, oppure la decapitazione del principe di Persia, poi gettato direttamente in acqua dalla più alta torre della grande muraglia cinese che fa da principale ossatura all’apparato scenografico. All’interno di questa si articolano un palco rotante con proiezioni video, giochi di luce e fontane di acqua, acrobati e mangiafuoco. Il tutto però sapientemente dosato in modo da non interferire mai con il fluire della rappresentazione. Il cast è, senza eccezioni, di ottimo livello. Il Mandarino di Yasushi Hirano deve fare inizialmente i conti come spesso accade negli spazi all’aperto con un pubblico un po’ disordinato e rumoroso (anche in Austria!) che in parte non si è del tutto accorto dell’inizio dell’opera. La voce del giapponese si impone però subito con profondità e un bel colore, richiamando all’ordine il pubblico e facendo il suo annuncio. Può farsi maggiormente valere nel secondo atto!
Dimitry Ivashchenko (Timur), dotato di un colore vocale molto pieno e profondo è protagonista di una prestazione in crescendo che raggiunge l’apice nel terzo atto in “Liù, sorgi!”, reso con intensità struggente e ottimo controllo del mezzo vocale. Al suo fianco l’intensa Liù di Marjukka Tepponen, una dei pochi artisti finlandesi sulla scena internazionale. La scelta di un vibrato sempre molto presente sottolinea la partecipazione drammatica dell’artista al ruolo, portando a termine una prova decisamente convincente. Da questo punto di vista la Tepponen connota un personaggio maturo: non tanto ingenua amante non corrisposta, quanto donna di grandissima forza morale e coscienza della scelta intrapresa. L’emissione è morbida e omogenea, la dizione italiana non lascia nulla a desiderare e il fraseggio risulta sempre intellegibile e scorrevole. Erika Sunnegardh è una Turandot convincente sin dal suo ingresso in scena, gelida e terribile in “In questa reggia” fino alla conversione in amante ardente e appassionata, dove guadagna anche in espressività e disinvoltura musicale. L’approccio al repertorio italiano è adeguato e forte di un’esperienza più che decennale sui più grandi palcoscenici. Gli acuti sono limpidi, energici all’occorrenza ma sempre controllati, gli apporti veristi adatti al contesto e la dizione sempre chiara. Qualche vuoto nel registro medio-grave non compromette una prestazione complessivamente molto valida. Veri catalizzatori della scena i tre ministri Thomas Oliemans (Ping), Peter Marsh (Pang) e Kyungho Kim (Pong). Energici, frizzanti e in grande sinergia, ora ironici ora taglienti e sadici, i tre interpreti dimostrano un attento studio d’insieme delle parti, e una ricerca di colori vocali omogenei per potersi fondere al meglio. Menzione al Ping di Oliemans, dalla zona acuta vibrante e luminosa. L’imperatore Altoum di Manuel von Senden è particolarmente interessante. Il personaggio è reso con la giusta intensità, la vocalità è ampia, appoggiata e ben proiettata, il timbro piuttosto scuro crea un bel contrasto con la voce dell’altro tenore presente in scena e si adatta perfettamente alla solennità del personaggio. Complessivamente convincente è Rafael Rojas nei panni di Calaf: la performance, senza particolari picchi, è tesa e vigorosa al punto giusto. La voce è robusta, e seppure abbia accusato qualche affaticamento in zona acuta nel corso del terzo atto il risultato non risulta compromesso. Apprezzabile la scelta di un “Nessun dorma” che non concede spazio a manierismi o esibizionismo, resta solo la tempra dell’eroe che sa di essere vicino alla vittoria. La direzione di Paolo Carignani è attenta e precisa, e il risultato d’insieme tra le sezione e i solisti non lascia minimamente avvertire la distanza fisica che intercorre tra essi. Buona nel complesso anche la prova dei cori, e dei personaggi comprimari. Tutto esaurito e caloroso successo di pubblico per un spettacolo piacevolmente coinvolgente e performante in ogni aspetto.©Bregenzer Festspiele / Karl Forster