Madrid, Auditorio Nacional de Música
Ciclos Musicales de la Orquesta Sinfónica de Madrid – Temporada 2014-2015
Orquesta Sinfónica de Madrid
Direttore Pinchas Steinberg
Johannes Brahms : Sinfonia n. 3 in fa maggiore op. 90 – Sinfonia n. 4 in mi minore op. 98
Madrid, 2 luglio 2015
Uno dei luoghi comuni che tutti i programmi di sala immancabilmente ripetono in occasione di un concerto sinfonico con musiche di Brahms è lo scarso successo che le sue sinfonie ebbero alla prima esecuzione, a causa dei sostenitori di Wagner e di Bruckner; analogamente, quando si legge della première delle opere di Bruckner, si ritrova sempre la notizia del loro scarso successo, a causa dei sostenitori di Brahms. Forse è giunto il momento di abbandonare contrapposizioni di questo genere, che pregiudicano l’esperienza dell’ascoltatore, per concentrarsi piuttosto sul significato complessivo di un testo musicale e su come un interprete possa presentarlo oggi. La premessa vale a introdurre il concerto conclusivo della stagione 2014-2015 dell’Orquesta Sinfónica de Madrid, ossia lo storico complesso (fondato nel 1904) che lavora stabilmente presso il Teatro Real, e che al repertorio del melodramma affianca una stagione sinfonica presso l’Auditorio Nacional de Música della capitale spagnola. Pinchas Steinberg, abituato a guidare orchestre sia in teatro sia in sala da concerto, conduce la OSM con magnifica naturalezza, e gli strumentisti paiono sempre a loro agio nel corrispondere puntualmente il progetto esecutivo del direttore. Ebbene, al di là delle struggenti malinconie evocate dalla più nota e amata delle sinfonie di Brahms (la III), al di là dell’inveterata classificazione di Brahms quale erede della tradizione beethoveniana, al di là della nostalgia tardo-romantica spesso associata alla sua musica, Steinberg fa di tutto per esaltare gli elementi atipici delle due sinfonie: fa risaltare i cromatismi e i contrasti ritmici, pone sempre in primo piano lo spessore dei quattro corni così come lo squillo delle trombe, non concede alcuno spazio al possibile sentimentalismo della melodia (neppure al motivo con cui l’oboe apre il secondo movimento, Andante, della III Sinfonia). Al contrario, nelle clausole delle frasi il direttore fa irrobustire la sonorità, aumenta i volumi, in modo tale che le arcate del discorso musicale risuonino bombastiche e minacciose; tutto, paradossalmente, si richiama a quei procedimenti wagneriani in cui la musica torna implacabilmente su se stessa (in particolare, Steinberg permette di leggere nella III una serie di riecheggiamenti dei Meistersinger). Persino nel Poco allegretto la pienezza armonica si incrina, come presagendo un prossimo venir meno della tonalità. Per dirla in breve, il Brahms di Steinberg è più un messaggero di Mahler che non un epigono di Beethoven; e a confermarlo è il finale della III (Allegro), allorché le note tenute dei corni si gonfiano come per esplodere o urlare terribili minacce: sembra che i suoni lottino per liberarsi, come Steinberg sottolinea con strenuo sforzo nelle sonorità di ogni famiglia (era già accaduto nel primo movimento, Allegro con brio, che i corni “mordessero” il resto dell’orchestra con la potenza del loro suono, ma ora la tensione diventa parossismo). Ed ecco, nella coda, accade qualcosa di completamente imprevedibile: tutto inizia a stemperarsi, come in seguito a un ricordo che dissolve la tensione; in effetti affiora nell’orchestra una rimembranza delle Danze Ungheresi (scritte circa trent’anni prima della III) capace di riassorbire con sé la coda della sinfonia in un breve momento di mistero. Steinberg spiega in questo modo come la titanica ribellione di Brahms, che faceva presagire una chiusa dirompente ed eversiva, sia invece sostituita da un languore tenero e assopito (unico caso in tutte e quattro le sinfonie). In realtà la materia esplosiva non è affatto scomparsa, ma soltanto differita al finale della IV, come il seguito del programma permette di comprendere.
È anche un Brahms dal ritmo svelto, quello di Steinberg, come dimostra l’attacco celeberrimo e difficile della IV Sinfonia (Allegro non troppo), in cui il suono nasce senza troppe complessità, già formato e netto, dinamico e carico di forza nel rapido propagarsi. Steinberg è un direttore analitico: rompe continuamente l’omogeneità di tale suono per fare emergere di volta in volta gli elementi che concorrono a formarlo; e la musica di Brahms è per lui un campo di lotta, in cui la forza dei singoli strumenti cerca di sovrastare quella degli altri, secondo una spietata legge del destino musicale. Il momento più incantevole di tutto il concerto è comunque il secondo movimento della IV (Andante moderato), quando primeggiano oboe e corni nell’enunciazione di un motivo di straordinaria bellezza. Dominato da incontenibile entusiasmo è l’equivalente dello scherzo (Allegro giocoso – Poco meno presto – Tempo primo), anche se basta l’attacco del finale (Allegro energico e passionato – Più allegro) per precipitare in un altro mondo; ora anche i violini si irrobustiscono nel marcare la clausola delle proprie frasi; la melodia del flauto risuona trattenuta, come bloccata da un’intima commozione, mentre l’aumento delle vibrazioni in tutti gli archi è ulteriore segno di una tensione che giunge al culmine. Ed ecco finalmente il titano che lotta per liberarsi delle sue catene, in uno dei passaggi musicali più inquietanti di tutto il XIX secolo. Con i fremiti del timpano e le frasi ruggenti dei tromboni alla fine il gigante spezza i suoi legami e si libera completamente, in una stretta finale che è terribile affermazione di violenza e potenza.
L’esito del concerto è molto felice, perché l’uditorio si accorge della modernità di lettura del direttore, assai lontana da qualunque aspettativa tradizionale. Il pubblico madrileno è evidentemente molto affezionato all’orchestra del Teatro Real e alle sue esecuzioni sinfoniche: al termine di entrambe le sinfonie risponde con lunghi e sonori applausi, festeggiando adeguatamente il direttore. Prossimo appuntamento con il complesso sarà la serata inaugurale della stagione 2015-2016, il 23 settembre, con la prima mondiale di Imágenes di Cristóbal Halffter diretta da Pedro Halffter.