Wolfgang Amadeus Mozart: “Don Ottavio…son morta!…Or sai chi l’onore” (Don Giovanni)*, Giacomo Puccini: “Vissi d’arte” (Tosca), “Sola, perduta, abbandonata” (Manon Lescaut) Giuseppe Verdi: “Tu che le vanità” (Don Carlo); Manuel De Falla: “Vivan Los Que Ríen!” °, “Allí está, Riyendo, junto á esa mujé” (La vida breve); Giacomo Puccini: “Senza mamma” (Suor Angelica), “Tu, tu piccolo iddio” (Madama Butterfly); Richard Wagner: “Einsam in trüben Tagen” (Lohengrin); Enrique Granados: “La maja y el ruiseñor” (Goyescas). Ian Caley* (tenore), Neil Jenkins ° (tenore). London Philharmonic Orchestra, Ambrosian Singers. Jesús López-Cobos (direttore).Registrazione: Londra, 1978.
Bonus tracks da Operatic recital
Giacomo Puccini: “Si, mi chiamano Mimì” (La Bohème), “Chi il bel sogno di Doretta” (La rondine), “Un bel dì vedremo” (Madama Butterfly) “Tu che di gel sei cinta” (Turandot), “O mio babbino caro” (Gianni Schicchi); Antonín Dvorák: “Mesicku na nebi hlubokém” (Rusalka). Orchestra dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia. Giuseppe Patanè (direttore). Registrazione: Roma, 1966. T. Time: 1h19’04. 1 CD Decca 480 8164
È con grande piacere che si ascolta questo CD Decca che unisce due recital, purtroppo non completi e rimontati in modo parziale secondo un’opinabile abitudine che sta caratterizzando questo per altro apprezzabili proposte della casa discografica inglese, di Pilar Lorengar, cantante aragonese che è stata fra le più interessanti interpreti della scuola vocale spagnola del secondo dopoguerra e la cui discografia è stata forse inferiore ai meriti. La prima parte presenta un’incisione del 1978 in cui la cantante è accompagnata dalla London Philarmonic Orchestra ottimamente diretta da Jesús López-Cobos e capace di un accompagnamento orchestrale di qualità decisamente superiore a quella che troppo spesso si ascolta nei recital lirici; in specie alcuni brani si segnalano per la qualità dell’esecuzione orchestrale come la grande scena del IV atto di “Manon Lescaut” capace di fondere la tensione drammatica con un suono di rara luminosità e trasparenza o la scena di Elisabetta dal IV atto del “Don Carlo”, unico ascolto verdiano proposto.
Fra i grandi cantanti spagnoli la Lorengar occupa un posto alquanto particolare: in lei infatti non si trova mai quell’espressività diretta e esibita che spesso caratterizza i cantanti mediterranei sostituita da un gusto estremamente raffinato e aristocratico – forse un poco freddo ma sempre molto elegante – che dà al suo canto un sapore quasi mittel-europeo e nordico. La voce era di quelle naturalmente belle nel senso più classico del termine, limpida, luminosa ma con un sottofondo di morbidezza e di femminilità molto evidenti e capaci di conquistare subito l’ascoltatore e di compensare anche i difetti provenienti da un’emissione non sempre fermissima.
Caratteristiche vocali queste che fecero di lei un’apprezzatissima cantante mozartiana; questo dato è confermato anche dal primo ascolto presente nella registrazione, la prima aria di Donn’Anna “Or sai chi l’onore” in cui la cantante si distingue per la ricchezza della voce anche nel settore acuto squillante e pieno di suono e per il grande senso dello stile che emergono nonostante una registrazione tendente ad allontanare le voci. La lunga serie dei brani pucciniani presenta tratti comuni all’interno di una lettura decisamente personale; nella musica del compositore lucchese la cantante ricerca soprattutto i valori prettamente musicali senza lasciarsi trascinare sul piano emotivo ma mantenendo il proprio aplomb stilistico. Un Puccini quindi diverso da quello più passionale e larmoyante a cui è più avvezzo il pubblico – specie italiano – ma non per questo privo di interesse nella sua sobria modernità soprattutto in brani come “Senza mamma” da “Suor Angelica” in cui il rischio del patetismo zuccheroso è sempre in agguato. Nelle arie di Tosca “Vissi d’arte” e Manon Lescaut “ Sola, perduta, abbandonata” la voce mostra la sua essenza caratterizzata da una natura più lirica che drammatica che si affianca ad un riserbo espressivo qui forse un poco eccessivo; in ogni caso i due brani sono ottimamente cantati e all’interno di un’esecuzione concertistica appaiono convincenti. La mancanza di una natura drammatica potrebbe influire anche su “Tu che le vanità” ma Elisabetta ha tratti diversi che permettono una lettura anche in chiave più lirica ed inoltre l’universo espressivo del personaggio, fatto di nobile pudore velato di apparente distacco è ideale per la Lorengar che ne dà infatti un’esecuzione molto curata sul piano musicale e non priva di credibilità espressiva.
Il gusto nordico della Lorengar ricompare al meglio in “Einsam in trüben Tagen” dal “Lohengrin” di Wagner altro autore regolarmente affrontato dalla cantante e poco rappresentato in questa selezione; non si può però non apprezzare questa Elsa luminosa e liliale come certe figure delle miniature duecentesche. Due arie sono tratta da “La vida breve” di de Falla: in esse si apprezza la capacità di unire la padronanza con moduli espressivi e vocali di derivazione popolare mantenendo una grande eleganza espressiva e senza indulgere a quegli eccessi che spesso caratterizzano la musica spagnola o spagnoleggiante mentre l’altro brano spagnolo “La maja y el ruiseñor” da “Goyescas” di Granados si ricollega ad un mondo di raffinatezze di derivazione francese molto congeniale al canto della Lorengar e purtroppo ignorato nella selezione di brani proposti.
Registrato dodici anni prima, il recital da cui provengono i brani che concludono il CD testimonia in primo luogo come la Lorengar abbia mantenuto negli anni una qualità costante di canto non notandosi sostanziali differenze fra le due registrazioni. Ad accompagnare la cantante vi è qui l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia diretta da Giuseppe Patanè che offre una prova di solida professionalità ma non raggiunge l’alto livello dei complessi londinesi diretti da López-Cobos. Se nei brani italiani – tutti da opere di Puccini – emergono il mestiere e l’esperienza del direttore nell’aria della luna dalla “Rusalka” di Dvorak si nota una mancanza di approfondimento che porta ad un’esecuzione orchestrale troppo generica e poco curata ed influisce anche sul canto.
I brani di Puccini confermano le valutazioni avanzate poco sopra. L’aria di Magda da “La rondine” è perfetta nella sua eleganza salottiera mentre nelle arie di Butterfly “Un bel dì vedremo” e Liù “Tu che di gel sei cinta” la cantante appare maggiormente coinvolta sul piano espressivo alla ricerca di un accento più teso e drammatico forse anche per scelta del direttore più orientato in tal senso. Di contro l’aria di Rusalka lascia un senso di non compiutezza nonostante la buona prova vocale della Lorengar proprio per i limiti della direzione. Un programma quindi di piacevolissimo ascolto e sarebbe stato auspicabile che la Decca proponesse una registrazione integrale dei due recital anziché limitarsi ad una selezione di brani molto limitante soprattutto per quanto riguarda l’incisione del 1966.