Parma, Teatro Regio: “Madama Butterfly”

Parma, Teatro Regio
MADAMA BUTTERFLY
Tragedia giapponese in due atti. Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
Musica di Giacomo Puccini
Madama Butterfly (Cio Cio San) YASKO SATO
Suzuki SILVIA BELTRAMI
Kate Pinkerton
LEONORA SOFIA
Pinkerton
ANGELO VILLARI
Sharpless
DAMIANO SALERNO
Goro
ANDREA GIOVANNINI
Il principe Yamadori
MATTEO MAZZOLI
Lo zio Bonzo DANIELE CUSARI
Yakusidé
ADRIANO GRAMIGNI
Il commissario imperiale
TAE JEONG HWANG
L’ufficiale del registro
ADRIANO GRAMIGNI
La madre di Cio Cio San
LEONORA SOFIA
La zia
LORELAY SOLIS
La cugina
HITOMI KURAOKA
Dolore DIEGO ILARIUZZI
Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna
Coro del Teatro Regio di Parma
Direttore Francesco Lanzillotta
Maestro del Coro Martino Faggiani
Regia Giulio Ciabatti
Scene e costumi Pier Paolo Bisleri
Luci Claudio Schmid 
Allestimento della Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste
Parma, 18 giugno 2015
Secondo atto di una “Madama Butterfly” a Parma. Il Coro del Teatro Regio canta a bocca chiusa, fuori scena, sfoggiando una linea musicale luminosa, morbidissima. L’Orchestra dell’Emilia Romagna lo sostiene con tinte fini di legni chiari e fraseggia leggera, sul podio c’è Francesco Lanzillotta. È forse il momento più riuscito della sua lettura del capolavoro pucciniano. Tanti i momenti strumentalmente compiuti e l’attenzione al dettaglio di partitura, il rapporto con il palcoscenico è preciso, calcolati gli accelerandi e i rallentandi. Alla lunga circola un’aria da poema sinfonico di Debussy, per molti versi appagante, ma a discapito di un elemento essenziale per un dramma in musica: la tenuta narrativa. Certo, disporre di una protagonista più autorevole avrebbe aiutato. Yasko Sato è tutta giapponesità nelle movenze, all’ingresso è più paciosa ragazzotta che trepidante quindicenne. Corretta la voce, eppure piccola, soprattutto nel secondo atto. E se intimo e tetro suona il suo “Non son più quella”, in incisi come “Ah! M’ha scordata?”, “Ei torna e m’ama!”, “Tu? tu? piccolo iddio!” la correttezza non supplisce all’avarizia di accento, di proiezione, di volume che invece il ruolo esige. Di mezzi ben più generosi il Pinkerton di Angelo Villari: una certa sfacciataggine tenorile nello sfoggiare gli acuti (sicuri, squillanti, belli) non stona sul personaggio, e gli si perdona una piccola défaillance alla fine del tremendo duetto con lei. Ben cantato, fin troppo composto lo Sharpless di Damiano Salerno e credibile Silvia Beltrami nei panni di Suzuki. Di bel timbro (cosa rara) il Goro di Andrea Giovannini, calzante per accento lo zio Bonzo di Daniele Cusari. Corretti lo Yamadori di Matteo Mazzoli e la Kate di Leonora Sofia. Dell’allestimento, mutuato dal Teatro Verdi di Trieste, c’è ben poco da dire: né il regista Giulio Ciabatti né le scene e i costumi di Pier Paolo Bisleri danno vera profondità a queste figure ad alto rischio di cartolinismo. Sul palco qualche elemento nipponico senza cui sembra impossibile fare “Butterfly”, ciliegi spennacchiati, bandiera americana buttata a casaccio su un tavolino, videoproiezioni assai modeste. Si prova a far magica l’atmosfera buttando in scena quattro figuranti che reggono lumini o una ieratica figura popolare che pare Sampei, silenziosa sul fondo mentre Butterfly si sgozza sul tatami in proscenio. Al momento degli applausi, Yasko Sato va a pescare Lanzillotta in quinta con cerimoniosità tutta orientale. Per il resto, di Giappone se n’è visto poco. Ma è davvero necessario un esotismo del genere alla storia di Cio Cio San?