Arena di Verona Opera Festival 2015: “Tosca”

Fondazione Arena di Verona – 93° Festival 2015
“TOSCA”
Melodramma in tre atti. Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, dal dramma omonimo di Victorien Sardou.
Musica di Giacomo Puccini
Floria Tosca  HUI HE
Mario Cavaradossi  MARCO BERTI
Il barone Scarpia  MARCO VRATOGNA
Cesare Angelotti  DEYAN VATCHKOV
Il Sagrestano  FEDERICO LONGHI
Spoletta  PAOLO ANTOGNETTI
Sciarrone  NICOLÒ CERIANI
Un Carceriere  ROMANO DAL ZOVO
Un pastorello  FEDERICO FIORIO
Coro e Orchestra dell’Arena di Verona
Coro voci bianche A. d’A.Mus.
Direttore Riccardo Frizza
Maestro del Coro Salvo Sgrò
Direttore voci bianche Marco Tonini
Regia, scene, costumi e luci Hugo De Ana
Verona, 26 giugno 2015
Nel nome dell’EXPO la Fondazione Arena ripesca gli allestimenti che negli ultimi anni hanno riscosso più successo. Immancabile questa produzione di Tosca di Hugo De Ana, cupa e densa di riferimenti simbolici, già recensita più volte dalla nostra testata. La statua dell’arcangelo Michele, che dal 590 d.C. incombe su Castel Sant’angelo e costituisce una delle cartoline più note della città eterna, in questa scenografia viene riprodotta nei suoi elementi più rappresentativi: l’enorme testa dell’angelo, il braccio destro che regge la spada e la mano sinistra.  Sullo sfondo, una struttura a pannelli mobili, che solo nel momento del Te Deum si rivela particolarmente suggestiva. Altri elementi forti presenti nel primo atto sono croci, candelabri e l’enorme quadro che campeggia al centro della scena: tutti gli elementi sono inizialmente ricoperti da ampi veli neri, che svelano progressivamente la scenografia. Nel secondo atto la scarsità di elementi scenici si rivela talvolta quasi grottesca (Allo “Spoletta, chiudi!” lo scagnozzo del Barone Scarpia non può che chiudere una porta d’aria) costituendo per i protagonisti un’arma a doppio taglio: se da una parte i cantanti hanno grande libertà di movimento, dall’altra le scene di più intimo vigore risultano dispersive.
Nel cast unica a svettare è la bravissima Hui He, una Tosca ben più che convincente, che accosta ad un timbro naturalmente raffinato una tecnica feroce. Non solo la dizione è perfetta, ma la tenuta del canto non mostra cedimenti, il volume è notevole e la proiezione ben calibrata. Della Diva romana Hui He preferisce far emergere l’aspetto sensibile e pio più che quello seduttivo e accattivante: con queste premesse il suo Vissi d’arte è un vero gioiello. Peccato per Marco Berti, purtroppo non in serata. A un’intonazione a tratti stentorea si accosta un’emissione poco controllata e un fraseggio piatto. In acuto non manca lo squillo, ma l’abuso di portamenti poco filologici e di suoni gonfiati non può che inficiare una performance che dal punto di vista meramente attoriale è stata invece assolutamente godibile. Marco Vratogna è uno Scarpia non particolarmente incisivo, che fatica a competere coi volumi orchestrali e tende a spingere costantemente sui tempi forti: l’abuso di accenti troppo spinti sfocia in un parlato poco elegante che spezza la linea del fraseggio. Anche scenicamente – ma qui una buona responsabilità va imputata alla regia – Vratogna non sembra particolarmente a proprio agio, soprattutto il momento dell’aggressione a Tosca è risultato irrimediabilmente piatto. Deyan Vatchkov è un Angelotti di notevole presenza scenica; bene anche il Sagrestano, Federico Longhi, nonostante la regia ne dipinga un ritratto piuttosto stereotipato. Buono lo Spoletta di Paolo Antognetti e puntuale Nicolò Ceriani nelle vesti del terribile Sciarrone. Completano efficacemente il cast Romano Dal Zovo (un carceriere) e Federico Fiorio (un pastorello). La concertazione di Riccardo Frizza è stata filologica e degna di plauso per la rapidità con cui il direttore si è saputo mettere in relazione con l’orchestra anche di fronte a una partitura così radicalmente diversa: il maestro è infatti già impegnato all’Arena con il Nabucco e si è reso disponibile a sostituire all’ultimo minuto Julian Kovatchev, cui auguriamo una pronta guarigione. Il Coro, preparato da Salvo Sgrò, era in ottima forma: scenicamente e musicalmente esplosivo (e con quelle cannonate mai definizione fu più appropriata) il Te Deum. Foto Ennevi per Fondazione Arena / Filmand – Produzioni Televisive