Verona, Teatro Filarmonico, Stagione d’Opera e Balletto 2014/2015
“GRAN GALA DI DANZA”
Coreografie: Renato Zanella, Mania Gielgud, Michel Fokine, Kenneth Macmillan, Uwe Scholz, Heinz Spoerli, Oleg Vinogradov
Musiche: Johann Strauss, Adolphe Adam, Nicolaij Rimsky-Korsakov, Pëtr Il’ic Čajkovskij, Sergej Prokof’ev, Franz Joseph Haydn, Johann Sebastian Bach, Gustav Mahler, Ludwig Minkus
Interpreti: Alexandre van Hoorde, Stéphanie Madec-van Hoorde (Ballet de L’Opéra national du Rhin)
Ernest Latypov, Nadezhda Batoeva (Balletto del Teatro Mariinsky di San Pietroburgo)
Marco Agostino, Nicoletta Manni (Balletto del Teatro alla Scala di Milano)
Teresa Strisciulli, Evghenij Kurtsev, Antonio Russo (Primi ballerini del Balletto dell’Arena di Verona)
Orchestra, Primi ballerini, Solisti, Corpo di Ballo dell’Arena di Verona
Direttore del Corpo di Ballo Renato Zanella
Direttore d’Orchestra Roman Brogli-Sacher
Verona, 15 maggio 2015
Sotto la gestione precedente del Balletto dell’Arena, quello col Gala di danza era un appuntamento molto atteso e molto amato, soprattutto in concomitanza delle festività natalizie. Col tempo quest’usanza si è persa e lo spettacolo invernale di danza è diventato quello presentato al Teatro Ristori col solo corpo di ballo. Ha fatto bene Renato Zanella a ripristinare la formula del gala. Perché il gala è una festa: ospiti prestigiosi, belle coreografie, musica eseguita dal vivo (rara avis ormai)… insomma, un appuntamento irrinunciabile per gli amanti della bella danza. Oltre ad alcuni componenti del Balletto dell’Arena, sono state invitate tre coppie di ospiti: Alexandre van Hoorde e Stéphanie Madec-van Hoorde del Ballet de L’Opéra national du Rhin; Ernest Latypov e Nadezhda Batoeva del Balletto del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo; Marco Agostino e Nicoletta Manni del Balletto del Teatro alla Scala di Milano. Scopo del gala era quello di mettere a confronto tre grandi scuole: quella francese, quella russa e quella italiana. Sulla riuscita o meno del proposito, torneremo alla fine. Per il momento basti anticipare che alcune scelte del programma un po’ ovvie sono risultate vincenti, altre meno: la differenza sta ovviamente nel come si balla.
Il Balletto del Teatro alla Scala si trova ora un periodo particolarmente felice sotto il piano qualitativo: prova ne siano Nicoletta Manni e Marco Agostino, rispettivamente Prima Ballerina e Solista della compagine scaligera. Per quanto riguarda il repertorio, la Scala sta optando in favore di scelte molto radicali: se da un lato appare straniante come Lo Schiaccianoci di Nureyev sia stato dismesso in favore di quello di Nacho Duato, molto felice è invece la decisione di includere un titolo come Cello Suites (In den Winden im Nichts) di Heinz Spoerli. I due giovani scaligeri hanno splendidamente danzato il passo a due sulla Sarabanda dalla Suite n. 2 per violoncello di Johann Sebastian Bach: costruzione molto astratta e pura, basata sull’impiego di linee lunghe e uso estremo delle punte da parte della ballerina. Tutte prerogative messe ottimamente in risalto da Nicoletta Manni (da poco nominata al Prix Benois de la Danse per la sua interpretazione della Morte in Le Jeune Homme et La Mort di Roland Petit) che conferisce quel tocco di “umanità” in più alla pagina grazie alle braccia sempre morbide e al collo lungo ed elegante. Bravi, belli e commoventi anche nella scena del balcone da Romeo e Giulietta di Kenneth Macmillan dove l’interpretazione giocata tutta sulla tenerezza, la sorpresa del primo incontro e l’innocenza ha saputo davvero cogliere nel segno.
Il Balletto del Teatro Mariinskij resta invece arroccato nella propria tradizione plurisecolare e continua a guardare solo a se stesso. Poche le sorprese mostrate nelle ultime tournée a Londra e Ravenna: nessuna novità per quanto riguarda i cast e tantomeno il repertorio. Licenziate le ricostruzioni “filologiche” dei balletti di età imperiale, la Compagnia è ritornata da qualche anno alle versioni sovietiche dei propri titoli, mostrando però un progressivo interessamento nei confronti delle coreografie di George Balanchine. Ernest Latypov e Nadezhda Batoeva hanno optato per il grande duetto di Shéhérazade e il numero strappa-applausi del passo a due del Don Chisciotte. Quindi, uno sguardo al tecnicismo di matrice accademica ed uno alla coreografia “di rottura” di Michel Fokine. Due interpretazioni ottime: se in Shéhérazade è risultata più personale Nadezhda Batoeva grazie ad un’esecuzione tutta impastata di erotismo e sensualità, nel passo a due di Don Chisciotte gli artisti del Mariinskij hanno semplicemente dato il meglio. Latypov ha esibito un giro veloce e sicuro, linea sempre nobile ed elegante unita ad un buon salto; Nadezhda Batoeva ha dato sfoggio di splendidi equilibri, giri luminosi con tanto di fouetté (uno doppio ogni due!) alla coda.
Difficile parlare del Ballet de L’Opéra national du Rhin, soprattutto alla luce di quanto si è visto a Verona. Per grandi linee, si può osservare come la Compagnia oggi, guidata da Ivan Cavallari (già danzatore alla Scala e poi Primo Ballerino allo Stuttgart Ballet), sia orientata verso un repertorio più contemporaneo. Va ricordato il recente riallestimento de La strada di Mario Pistoni e soprattutto il programma che la compagnia porterà a Bolzano Danza, dove spicca il nome di Benjamin Millepied. L’esecuzione del passo a due di Giselle è stata purtroppo deludente, a tratti manierata a tratti poco convincente per mende tecniche soprattutto per quanto riguarda la performance maschile. Un’ingenuità forse dettata dalla provenienza francofona dei due esecutori ma alla resa dei conti poco azzeccata. Alexandre van Hoorde e Stéphanie Madec-van Hoorde si sono però riscattati col duetto tratto da Die Schöpfung (La creazione) di Uwe Scholz su musica di Haydn dov’è ravvisabilissima l’ascendenza balanchiniana del coreografo.
Il Balletto dell’Arena ha ovviamente presentato coreografie di Renato Zanella. Le pagine più convincenti sono state il duetto costruito sul Perpetuum mobile di Johann Strauss figlio dove Marco Fagioli e Ivan Piccioli – gli interpreti ci scuseranno in caso di errore ma i nomi non vengono riportati nel pieghevole distribuito – sono stati ironici e divertenti e il commovente Adagietto di cui abbiamo già parlato, sempre con l’interpretazione di Antonio Russo e Teresa Strisciulli. La Strisciulli è stata piacevole anche nell’a solo danzato sui temi del Ballo in maschera verdiano mentre la coreografia dell’adagio del Lago continua a non convincere. Buona la conduzione di Roman Brogli-Sacher a capo dell’Orchestra dell’Arena di Verona.
Per tornare sul tema del confronto fra scuole, è quasi impossibile parlarne oggi: purtroppo anche il balletto vive un’epoca di massificazione in cui è difficile ravvisare lo stile derivato da una scuola. Per limitarci solo al caso della “ballerina”, sono quasi d’obbligo linee lunghissime e iperestensioni, anche dove se ne farebbe volentieri a meno come nel caso del balletto protoromantico. Ed è anche inutile fare i nomi di questi presunti modelli. Rimangono sì alcuni elementi del “tempo che fu” (una Giselle danzata dal Balletto del Mariinskij e una danzata dal Ballet Nacional de Cuba portano ancora tratti distintivi delle rispettive scuole, come la forma più o meno ovoidale nell’accentuazione del port de bras) ma oggi sembra avere la meglio la decostruzione dei canoni estetici a favore di un disarmante appiattimento.
Infine, nota di demerito per la Fondazione Arena per non aver annunciato come si dovrebbe un Gala e i relativi ospiti ed averlo fatto passare come un evento del tutto casuale. I social network della Fondazione ci ricordano però il terzetto delle carte della Carmen allestita all’Arena. Sic stantibus rebus, resta un bel mistero come si possa sperare di riempire il teatro. Foto Ennevi – Fondazione Arena di Verona / Video a cura di Film And Produzioni Televisive