Venezia, Palazzetto Bru Zane: Il primo Onslow

Palazzetto Bru Zane, Festival “George Onslow, un altro Beethoven?”(11 aprile -21 maggio 2015)
“IL PRIMO ONSLOW
Quatuor Ruggieri

Violini Gilone Gaubert-Jacques, Charlotte Grattard
Viola Delphine Grimbert
Violoncello Emmanuel Jacques
Contrabbasso Yann Dubost
George Onslow:  Quatuor à cordes en la majeur op. 8 n° 3; Quatuor à cordes en ut mineur op. 8 n°1 Venezia, 5 maggio 2015

 Questa volta il Centre de Musique romantique française, presso il Palazzetto Bru Zane, ci ha proposto, di George Onslow, due dei tre quartetti appartenenti all’op. 8, composta verso il 1814 e pubblicata a Parigi l’anno dopo, per essere poi riveduta nel 1816 e nel 1830, nel corso di una genesi, dunque, piuttosto laboriosa, a testimonianza del fatto che l’autore era alla ricerca di un linguaggio più adeguato. Siamo nella prima fase della produzione del “Beethoven francese” (molto copiosa relativamente a questo genere musicale: trentasei quartetti portati a termine tra il 1811 e il 1846), nella quale l’autore è ancora combattuto tra l’innovativa concezione del Maestro di Bonn – che farà del quartetto per archi un luogo di radicale sperimentazione, dove tutti gli strumenti dialogano alla pari –, e quella più salottiera di Rode e Kreutzer, autori di quartetti «brillanti», tanto in voga in Francia, in cui la parte del primo violino, che ha un ruolo predominante sugli altri tre strumenti, richiede un’abilità tecnica eccezionale. Nel caso dei quartetti di Onslow, questo rappresenta, tra l’altro, un modo per far risaltare il virtuosismo del dedicatario, Pierre Baillot, grande violinista, nonché animatore della vita musicale parigina, che inserì le opere del compositore di Clermont-Ferrand nei programmi dei suoi concerti pubblici di musica da camera. L’op. 8 si riallaccia, nel suo complesso, allo stile classico viennese, di cui eredita le strutture formali, il nitore del fraseggio, l’eleganza melodica, la vivacità ritmica.
Di notevole livello l’interpretazione del Quatuor Ruggieri. Questa formazione (che ha preso il nome da un’antica famiglia di liutai) ha un modo tutto suo di forgiare il suono e i timbri. Grazie alla loro esperienza nel campo della musica strumentale e, forse in misura anche maggiore, di quella vocale – hanno collaborato per anni con i “Talens Lyriques” di Christophe Rousset o con Philippe Herreweghe e l’Orchestra dei Champs Elysées –, i quattro solisti puntano ad un tipo di interpretazione, che nasce da un’analisi delle partiture alla ricerca di una loro intima vocalità. Fondamentale, ovviamente, il rispetto del testo, che si coniuga con una riflessione sul contesto e le tendenze artistiche del tempo, per uniformarsi il più possibile alla prassi esecutiva di quella determinata temperie storica. Non a caso anche per questo concerto gli interpreti hanno utilizzato strumenti d’epoca.
Nel Quatuor à cordes en la majeur op. 8 n° 3, in cui l’eleganza melodica si combina con il dinamismo ritmico (si pensi all’attacco del pezzo), il primo violino ha sfoggiato una padronanza tecnica e una capacità di “cantare” veramente ragguardevoli: la composizione è attraversata (in particolare nell’Allegro iniziale e nel Finale) da un diffuso cromatismo melodico, oltre che da vari episodi contrappuntistici – che peraltro non sono una dimostrazione di virtuosismo nella scrittura, ma un mezzo per creare la sensazione di una conversazione musicale –, dove l’insieme ha brillato per chiarezza e rigore. Particolarmente suggestivo l’Andante non troppo lento, più affine a uno scherzo che a un movimento lento, che sembra riprodurre in modo stilizzato il suono di una chitarra, con gli accordi in staccato dell’accompagnamento (il manoscritto recava in un primo momento l’indicazione “À l’hispanuola”, poi soppressa), come pure il Menuetto, nella cui sezione centrale il pedale armonico del violoncello rievoca una qualche danza campestre. Il cromatismo melodico prevale anche nella cupa, lenta introduzione, con cui si apre il Quatuor à cordes en ut mineur op. 8 n° 1, dove si è colto un perfetto affiatamento tra gli strumenti, che nell’Allegro agitato si scambiano il materiale tematico, variamente rielaborato . Ragguardevole l’Adagio, cantabile e dinamico (per la presenza di ritmi puntati), dove prevalgono ampi episodi lirici, cui si alternano brevi ma laceranti perorazioni. Eterea leggerezza nell’episodio centrale del Minuetto dal sapore di danza campestre. Travolgente il Finale, in cui una vorticosa tarantella è associata al rigore della scrittura fugata, per concludersi in piano. Calorosi applausi. Un bis, ancora da Onslow: Menuet e Air de dance dal Quatuor op. 10 n° 3.