Prima rappresentazione: Weimar, Teatro di Corte, 21 maggio 1865 (a 150 anni dalla prima)
Nato a Magonza il 24 dicembre del 1824, Peter Cornelius si dedicò alla musica dopo aver tentato la carriera di attore e divenne un fervente seguace della “Nuova scuola tedesca” e dei suoi “profeti”, Franz Liszt e Richard Wagner, con i quali fu in rapporti molto amichevoli. Liszt incoraggiò Cornelius a comporre la sua prima opera tratta da “Le mille e una notte”, “Der Barbier von Bagdad”, che andò in scena, diretta dallo stesso Liszt e con una carica di polemiche dovute soprattutto ai rapporti difficili tra Liszt e il teatro di Weimar, il 15 dicembre 1858. Nel 1860, Cornelius (da buon wagneriano, autore anche dei libretti) si appresta alla composizione della sua seconda opera. Il soggetto questa volta è serio e si ispira al mito de El Cid. Le fonti d’ispirazioni sono varie: l’Anonimo “Cantar de Mio Cid” (1140ca), “Los Mocedades de Cid” di Guillén de Castro y Bellvis (1618), “Le Cid” di Pierre Corneille (1637). Probabilmente Cornelius si sarà servito dell'”Historia du Cid Ruy Diaz Campéador de Bivar” di Victor Aymé Huber (1829). Un soggetto che aveva già attirato dei compositori: da Niccolò Piccinni (“Il gran Cid”, 1766), Antonio Sacchini (“Chimène ou Le Cid”, 1773) per arrivare a Jules Massenet, il cui “Le Cid” (1885) rimane l’unica opera conosciuta dedicata alle vicende del condottiero spagnolo.
“Der Cid” è una partitura che mostra in modo piuttosto evidente le influenze del teatro di Berlioz e, soprattutto, di Wagner. L’importanza della scrittura orchestrale (i vari preludi e interludi), l’utilizzo di “leitmotiv” e soprattutto la disgregazione dei “numeri chiusi” in favore di scene strutturalmente più complesse (monologhi, scene corali,ecc.). I paralleli drammaturgici con il “Lohengrin” di Wagner sono evidenti: il re Fernando del “Cid” si rispecchia nell’Enrico Uccellatore wagneriano, così come Ruy Diaz al cavaliere del cigno, Alvar Fanez a Telramund. La figura di Chimène (il personaggio più interessante dell’opera) è una sorta di fusione tra le personalità di Elsa e Ortrud. Musicalmente e drammaturgicamente è sicuramente il personaggio meglio caratterizzato dell’opera.
Il lavoro di stesura del libretto e della composizione, impegnò Cornelius fino al 1864. Der Cid andò in scena, ancora una volta a Weimar, il 21 maggio del 1865, questa volta con un successo pieno e convinto anche se l’opera non riuscì ad imporsi nei repertori teatrali. Le poche riprese furono successive alla morte, per altro prematura del compositore (avvenuta il 28 ottobre 1874) e con rimaneggiamenti ad opera di altri (ad esempio da parte del direttore d’orchestra Hermann Lévi).
Atto primo
L’atto è preceduto da una Introduzione strumentale: un movimento lento (Andante) che, nella sezione centrale, si sviluppa in un un Maestoso (Allegro) in tempo di marcia, nei quali si presentano i temi elaborati successivamente nell’interludio orchestrale dell’Atto terzo.
Burgos, regno di Castiglia, anno 1084. Un coro (“Des Glaubens Schild, des Ruhmes Hort”) inneggia al re Fernando di Castiglia (tenore) e al suo condottiero Ruy Diaz, conte de Vibar (baritono) che stanno conducendo una vittoriosa campagna di liberazione del regno dalla dominazione araba. Preceduto da quattro araldi (“Fest und streng am heim’schen Herde übt der König recht und plifcht”), il re si appresta ad ascoltare ed esaminare le richieste di giustizia che gli verranno esposte dai postulanti ammessi al suo cospetto. Si presenta Chimène (soprano), contessa di Lozan. La donna chiede che Ruy Diaz venga arrestato e severamente punito perchè ha ucciso suo padre (“Gedenkst du, König”). Chiamato a difendersi, il Cid dichiara che ha ucciso il padre di Chimène in leale duello dopo che questi aveva appena ucciso il suo vecchio padre (“Graf Lozan schmächte meine Ehre.Ich nahm sei Leben”). Il cavaliere Alvar Fanez (tenore) interviene in difesa di Chimène e sfida a duello Ruy Diaz. A cercare di sedare gli animi, interviene il vescovo Luyn Calvo (basso). Il Cid consegna la sua spada “Tizona” al vescovo, il quale a sua volta la porge a Chimène. La donna in un impeto di rabbia sta per lanciarsi sul condottiero, ma poi getta a terra l’arma: Ruy Diaz dovrà morire ucciso dal più codardo dei suoi nemici. Giungono tre messaggeri che annunciano che i Mori, dopo aver conquistato la fortezza di Belforad, stanno nuovamente avanzando verso Burgos. Il coro e i cavalieri chiedono che Ruy Diaz si ponga a capo delle armate in difesa del regno. Il re riconsegna la spada al condottiero più che mai deciso a morire in battaglia (“Ich such’im Tode nur mein Heil”).
Atto secondo
Castello di Lozan. In un monologo (“Laß mich nicht einsam! Einsamkeit ist Tod!”) Chimène esprime i contrasti del suo stato d’animo: da un lato i sentimenti di odio e di vendetta, dall’altro il suo segreto amore per l’uccisore di suo padre. Questo contrasto emotivo della donna viene accentuato dalle parole di odio di Alvar Fanez, fermo nel suo proposito di sfidare e uccidere Ruy Diaz, mentre il vescovo cerca di spingerla al perdono: vera virtù cristiana. Al cospetto di Chimène si presenta anche il Cid. L’odio della donna un po’ alla volta lascia il posto all’amore (“O bange Fahrt auf dunklen Wellen”). Si odono le voci delle armate che chiamano El Cid alla battaglia. A questo punto Chimène afferma che lo ha perdonato e che pregherà per la sua vittoria. Rimasta sola offre a Dio la sua vita in sacrificio della morte del padre.
Atto terzo
Alle porte di Burgos il vescovo e il popolo pregano in attesa dell’esito della battaglia. Suoni di tromba annunciano la vittoria dei castigliani, mentre cominciano a sfilare le truppe e i prigionieri. Il Cid però non compare ancora. Un araldo annuncia al re che Alvar Fenez lo ha sfidato a duello. Fenez entra in scena. Vedendolo arrivare, Chimène si dispera (“Lieb’ erlöste mich”) credendo morto Ruy Diaz, ma Fenez rivela che è lui ad essere stato sconfitto in duello e che è vivo solo grazie alla magnaminità del Cid. Tra le grida di esultanza del popolo (“Campeador sieggeweiht!”) entra il condottiero. Davanti a tutti, il Cid annuncia che invano ha cercato la morte e ora la sua vittoria è l’amore di Chimène (“Und nun, Chimène, o mein Herr und König”). Il re e il vescovo benedicono l’unione del Cid e di Chimène (“Durch Kampf und Sieg, vereint in Heil und Not”) mentre quest’ultima, in un monologo, racconta di aver visto in sogno la sua battaglia e vittoria.