Madrid, Auditorio Nacional de Música – Fundación Ibermúsica – XLV Temporada
City of Birmingham Symphony Orchestra
Direttore Andris Nelsons
Violino Baiba Skride
Wolfgang Amadeus Mozart : Concerto per violino e orchestra n. 4 in re maggiore K 218
Anton Bruckner : Sinfonia n. 7 in mi maggiore WAB 107
Madrid, 28 maggio 2015
Il 14 febbraio 1883 scivolava attraverso i canali di Venezia una gondola nera parata a lutto, diretta verso la stazione ferroviaria. Il giorno prima, a Palazzo Vendramin Calergi, era morto Richard Wagner. La notizia raggiunse in pochi giorni tutte le città del mondo, e quando arrivò a Vienna lasciò sbalordito un uomo che, tra tanti, riponeva in Wagner e nella sua missione artistica speranze e affetti particolari: Anton Bruckner, intento alla scrittura della sua VII Sinfonia in mi maggiore. Se un’altra VII, quella di Dvořák, risalente al 1885, rappresenta la messa a punto razionale, brillante, meticolosamente formale di una pièce viennese comme il faut, risentendo inevitabilmente anche della lezione wagneriana, la VII di Bruckner è invece l’espressione drammatica ed emozionale (ma non certo estemporanea) dello stupore per l’improvvisa scomparsa; l’accadimento determina una curvatura esattamente al centro della sinfonia, poiché dopo la culminazione dell’Adagio il discorso assume una piega tutta particolare: è il modo con cui Bruckner annuncia a sua volta la scomparsa dell’«uom fatale». Ecco perché la City of Birmingham Symphony Orchestra diretta da Andris Nelsons propone le due “settime sinfonie” in due concerti consecutivi, a chiusa di stagione della Fundación Ibermúsica di Madrid.
Prima di Bruckner, però, ricompare Baiba Skride (con il suo fantastico Stradivari) per eseguire il concerto n. 4 per violino e orchestra d’archi di Mozart. Lo stile adottato è decisamente cantabile, come ci si attendeva, ma il suono non è più così corposo come per il Prokof’ev della sera innanzi; anzi, tende a rastremarsi e assottigliarsi nelle varie occorrenze del tema e nell’acrobatica cadenza che suggella il I movimento (Allegro). Del tutto diversa è la presentazione della cadenza del II (Andante cantabile), in cui il suono del violino si fa così variegato nei timbri da ricordare quasi un capriccio di Paganini. Non è certo un Mozart banalmente rassicurante, quello della Skride e di Nelsons, perché nell’interazione tra solista e orchestra sono portate allo scoperto tutte quelle ritrosie, quei ripiegamenti in minore, quelle ombreggiature armoniche che implicano la pensosità di Mozart, celata dietro un’apparente gaiezza; ne è riprova anche la chiusa del finale (Rondeau. Andante grazioso – Allegro ma non troppo), improvvisa e dimessa. Il successo per la violinista è, come già nel primo concerto, molto caloroso, ma neppure questa volta concede alcun bis.
Dei due concerti madrileni della CBSO il momento più impegnativo, e dunque più atteso, è appunto l’esecuzione della VII Sinfonia di Bruckner. Tutti gli accorgimenti direttoriali e i risultati apprezzati in precedenza si moltiplicano nel corso dello smisurato capolavoro: dal tremulo degli archi in pianissimo nell’avvio alle frasi più poderose degli ottoni la struttura si profila come una gradatio di piani sonori; e poiché il timbro delle quattro tube wagneriane è molto riconoscibile, il secondo tema del I movimento (Allegro moderato) assume l’aspetto di una creatura nibelungica che riemerga dalle profondità della terra, tanto più in contrasto con la carezzevole delicatezza del motivo principale. Ma la riuscita del confronto tematico in Bruckner dipende sempre da come si risolva il problema spinoso del ritmo: Nelsons è capace di plasmarlo con molta duttilità, differenziandolo – come il colore – a seconda dello strumento o della famiglia orchestrale. I frammenti di sequenza al centro dell’Allegro sono interessati da una dilatazione del tempo che giunge quasi al dissolvimento del ritmo stesso, mentre nelle sezioni sorrette dal melodismo la scansione torna a scorrere fluida; e tale alternanza di ritmi molto differenti restituisce il carattere di vitalità della sinfonia, la rappresenta come creatura che respira, ora palpitante di affanno ora placata dalla distensione. Viene dunque l’Adagio (Seher feierlich und sehr langsam), proprio il movimento che Bruckner stava completando quando apprese della morte di Wagner. Il tema delle onde del destino si profila in ampie e compatte volute, grazie ad archi e ottoni; ma è l’eco del flauto a creare l’effetto musicale più commovente. Nelsons procede a un dosaggio ben proporzionato delle sonorità per raggiungere il picco del crescendo, anche se espunge quel famoso (unico nell’intera partitura!) colpo di piatti, che costituisce nelle esecuzioni di routine il punto culminante dell’opera. La scelta del direttore è giustificabile sul piano filologico, perché sull’autografo il colpo di piatti è scritto su di una striscia di carta pentagrammata incollata sulla pagina principale, ed è quindi frutto di un’aggiunta posteriore (molto probabilmente suggerita al compositore da qualcun’altro). Il timpano da solo, del resto, supplisce benissimo ogni altra percussione e ogni altro effetto teatrale; anche perché – sembra suggerire il direttore – più della climax sonora è importante la parte che segue: quando la modulazione del flauto trascorre dalla solennità al compianto, allora non c’è più alcun clamore nibelungico, non c’è più alcuna struttura imponente, non c’è più un progetto musicale da perseguire. C’è soltanto espressione commossa e reverente, nel suono puro e isolato delle tube wagneriane.
Lo Scherzo (Sehr schnell) ha un piglio aggressivo, mitigato soltanto nel trio, e dà prova dell’abilità di Nelsons nel porre gli accenti con grande sensibilità. Ugualmente assertivo e netto è il gesto direttoriale riservato al Finale (Bewegt, doch nicht schnell); non è pomposo di vuota retorica, ma coerente rispetto ai disegni e alla struttura del movimento d’avvio. Tutto sembra infatti restare intatto, dai tremuli degli archi alla sonorità cristallina del flauto (che ancora si distingue per bravura), mentre la cupola di luce della coda si posa maestosamente sugli ultimi accordi. Il pubblico dell’Auditorio Nacional applaude abbastanza a lungo, e con entusiasmo, nonostante qualche segno di cedimento da parte di più ascoltatori si sia manifestato nel corso dell’esecuzione: anche la Spagna, come l’Italia, deve ancora risolvere i propri conti con l’affaire Bruckner. Ma si può ben sperare nel prossimo futuro, se solo si faranno più frequenti le occasioni di ascolto guidate da un interprete così equilibrato, sensibile ed espressivo come Andris Nelsons.