Melodramma in due atti su libretto di Giovanni Gherardini, da “La pie voleuse” di Théodore Badouin d’Aubigny e Louis-Charles Caignez. Giulio Mastrototaro (Fabrizio Vingradito), Luisa Islam-Ali-Zade (Luisa), Kenneth Tarver (Giannetto), Maria José Moreno (Ninetta), Bruno Praticò (Fernando Villabella), Lorenzo Regazzo (Gottardo), Mariana Rewerski (Pippo), Stefan Cifolelli (Isacco), Pablo Cameselle (Antonio), Maurizio Lo Piccolo (Giorgio), Damian Whiteley (Il pretore). Classica Chamber Choir, Brno, Virtuosi Brunensis. Alberto Zedda (direttore).Registrazione:Kurhaus Bad Wildbad 01/04 luglio 2012. T.Time: 180′ 12 – 3 CD Naxos 8.660369-71
“La gazza ladra” è una sorta di paradigma di quel genere semi-serio nato in Francia sul declinare del XVIII secolo – la comedie larmoyante – e che ha continuato a godere di un certo favore nei primi decenni del secolo successivo. Genere quanto mai sfuggente e di difficile definizione con il quale anche i migliori compositori non sono mai riusciti ad esprimere il meglio delle proprie possibilità se non a scapito di forzare la stessa natura del genere. Rossini come spesso accade riesce meglio di altri ad inquadrare le problematiche specifiche ma resta la sensazione di un’opera la cui riuscita molto deve all’esecuzione per evitare di cadere in una poco appassionante routine.
Registrata dal vivo nel sempre interessante festival di Bad Wildbad, questa edizione ha sul podio un autentico Nume della prassi esecutiva rossiniana come Alberto Zedda il quale però come direttore non è mai stato all’altezza del filologo. Una direzione quindi inappuntabile sul piano del senso dello stile e della correttezza della prassi esecutiva, estremamente precisa nella concertazione – da ascoltare il rigore con cui è controllato il complesso contrappunto di “Che abisso di pene” – ma al contempo priva di autentica brillantezza nelle sonorità e con tempi non sempre chiarissimi nelle dinamiche, limiti per altro ben noti allo Zedda direttore.
Il cast ha una resa piuttosto alterna. Maria José Moreno è una Ninetta in scala minore, corretta, educata, musicale – ha un timbro gradevole, salvo qualche tensione o screziatura acidula in alto, esegue con esattezza le agilità. Ma, a parte il fatto che la sua voce sostanzialmente di soprano leggero fatica a gestire una tessitura in varie occasioni troppo bassa per lei, ci dà una Ninetta a senso unico, sostanzialmente priva di drammaticità. Va meglio il Giannetto di Kenneth Tarver, voce timbricamente un po’ nasaleggiante ma sicura e squillante, di buon corpo e sicura tanto negli acuti quanto nei passaggi di coloratura risolti con ottima tecnica e buone doti espressive.
Rossini riserva alle due parti di basso alcune delle musiche più ispirate e soprattutto costruisce con il Podestà una delle figure più interessanti del suo teatro. Bruno Praticò è un baritono chiaro che, allo stato attuale, presenta un’emissione faticosa, un canto estremamente limitato e monotono, maltratta Fernando – grande parte epicheggiante – sul piano vocale ed espressivo; come Gottardo (Il Podestà) Lorenzo Ragazzo si trova molto a più agio: in questo caso la voce è da autentico basso – anche se l’impervia tessitura pensata per Filippo Galli lo vede a tratti a disagio – valida è la tecnica nei passaggi di coloratura ma non è convincente la sua interpretazione del personaggio. Fin dalla cavatina “Il mio piano è preparato” si nota la scelta di leggere il personaggio in chiave un po’ troppo “brillante”; così facendo si riducono di molto le possibilità di un ruolo straordinario, autentico “Scarpia” rossiniano subdolo e terribile che viene un po’ a mancare.
Le parti di fianco invece si fanno decisamente apprezzare. Una nota di merito va ai due mezzosoprani: il Pippo di Mariana Rewerski dalla voce scura e corposa, sicura nel canto di coloratura che le permettono di emergere nel bel duetto con Ninetta del II atto e la Lucia di Luisa Islam-Ali-Zade, precisa, musicale, ottimamente cantata e capace di evidenziare al meglio la bell’aria “A questo seno”, brano musicalmente molto interessante anche se di non così immediata presa sul pubblico.Di solido professionismo il Fabrizio di Giulio Mastrototaro che canta con proprietà ed evita di trasformare il personaggio in una macchietta e interessanti i due tenori comprimari Stefan Cifolelli dalla voce fin troppo squillante ed eroica come Isacco e Pablo Cameselle dalla bella voce lirica e carezzevole come Antonio.Nell’insieme corrette anche se prive di particolari slanci le prove dei Virtuosi Brunensis e del Classica Chamber Choir di Brno.