The Virtuoso Organist. Tudor & Jacobean Masterworks

The Virtuoso Organist. Tudor & Jacobean Masterworks. Stephen Farr (organ), The Taylor & Boody Organ (Opus 66) of Sidney Sussex College, Cambridge, with The Gentlemen of the Choir of Sidney Sussex College, dir. David Skinner. William Byrd: A Voluntarie for my ladye nevell; John Bull: Galliard; Anonymous: Bina caelestis II; John Bull: In nomine [II]; Thomas Tallis: Ecce tempus idoneum; Thomas Tomkins: Offertory; John Blitheman: Gloria tibi Trinitas [I], Gloria tibi Trinitas [IV]; John Bull: Coranto Joyeuse; Anonymous: Magnificat; Orlando Gibbons: Fantasia; William Byrd: A Fancie. Registrato presso la Sidney Sussex College Chapel, Cambridge, 16-17 Marzo 2014. 1 CD Resonus – RES10143
Nel 2014 l’organista Stephen Farr ha pubblicato due raccolte importanti per conto della Resonus di Londra: le opere di Kenneth Leighton e la crestomazia dell’età Tudor con i capolavori di Byrd, Tallis, Gibbons. L’attività concertistica e discografica di questo interprete è la carta di presentazione della sua duttilità; per la stessa casa musicale inglese ha infatti pubblicato anche il Klavier Übung III di Bach, eseguendolo sul Metzler Organ del Trinity College di Cambridge. Recuperare la più illustre tradizione rinascimentale inglese significa ora per Farr dare prova della sua maestria nell’uso dei registri, delle gradazioni di sonorità e di intensità, tanto più su di un piccolo organico meccanico come quello di recentissima costruzione per la Cappella del Sidney Sussex College di Cambridge.
Ma l’organista non è l’unico interprete delle musiche in programma, visto che in alcuni brani della liturgia si intercalano le salmodie a cappella eseguite dal Coro maschile dello stesso Sidney Sussex College, come nell’anonimo Bina Caelestis II, o nell’altresì anonimo Magnificat dell’ottavo tono (forse attribuibile a Thomas Preston), che alterna i versetti del coro, interi o dimezzati, a inserti organistici di sgargiante bellezza.
L’Offertorio di Thomas Tomkins è di gran lunga il brano più esteso di tutta la raccolta: dura più di un quarto d’ora, e anche il curatore dell’introduzione, Magnus Williamson, lo definisce «the most enigmatic piece presented here», costruita su di un ostinato di sette note ripetuto ben 55 volte. Farr, da par suo, supera l’intellettualismo compositivo, differenziando molto bene le sonorità del brano, partendo da mezze voci pacate e suggestive – quelle della fuga d’apertura – per crescere progressivamente fino alla fine: la sequenza conclusiva si apre come un’avvolgente cupola di luce sonora, che lascia veramente incantati.
Stephen Farr è un mago delle tastiere e dei registri, perché il modo con cui accosta brani disparati per ottenere effetti di grande contrasto è davvero di un’arte sopraffina: ai due più che compunti Gloria tibi Trinitas di John Blitheman, per esempio, fa seguire un brevissimo, fulminante Coranto Joyeuse di John Bull, che più popolaresco e allegro non potrebbe essere, con i suoi registri a metà tra una tromba e una zampogna impegnate in danze villerecce. Anche il montaggio dei brani – e in particolare all’interno di un disco – può quindi fornire una modalità per valorizzare caratteri opposti e ugualmente importanti.
Tutto ha inizio da un manoscritto, come afferma nelle note introduttive lo studioso Magnus Williamson: il British Library 1591 (numero che è anche l’anno di redazione) in cui la ipsa manus di William Byrd si affida a quella del copista e cantore John Baldwin per realizzare un’antologia delle sue composizioni per tastiera: è il My Ladye Nevellis Booke, il più importante codice di musica per tastiera dell’età Tudor, dedicato alla sposa di Henry Nevell of Billingsbear. Tale dedica spiega il significato del brano di apertura del CD Resonus, che in realtà nel manoscritto si colloca in una parte finale, come appendice: la Voluntarie di Byrd è una sorta di “lezione volontaria”, in cui il termine scolastico acquisisce piuttosto un’accezione liturgica legata al mondo della chiesa anglicana. Nel percorso compositivo di Byrd tale pagina segna l’inizio di un nuovo stile, di età matura, improntato alla declamazione canora. L’altro testo fondamentale, sempre alla base del programma discografico, è un’antologia risalente a trent’anni prima rispetto al manoscritto di Byrd, ossia il Mulliner Book, trascritto presso la St. Paul Cathedral attorno al 1560, in cui si ritrovano le composizioni di Thomas Tallis eseguite da Farr. Si scopre così che tutti i compositori che figurano nel programma hanno lavorato presso la Royal Chapel di Elisabetta I d’Inghilterra, creando differenti stili liturgici, o del tutto nuovi o rivolti al passato, a consolidamento dell’ufficio musicale sacro di area riformata: dal cantus firmus alla danza, dall’anthem alle voluntaries di libera composizione.
La seconda parte delle note è a firma di George Taylor, il costruttore dell’organo su cui Farr suona; la sua è la storia appassionante, raccontata in stile molto British, di come egli sia giunto al progetto di un piccolo organo, con una sola tastiera e senza pedali, perché l’architettura e la spazialità della Sidney Sussex College Chapel non permettevano la costruzione di un più grande organo meccanico; la scommessa di dotare l’ambiente di uno strumento adatto ad accompagnare la liturgia, e soprattutto il rinomato coro maschile del College, fu vinta dall’idea di creare una piattaforma mobile, che si potesse anche collocare al centro della cappella per proiettare il suono nel modo più efficace; un risultato che si apprezza certamente nella nitidezza della registrazione.
Il booklet che accompagna il disco è dunque particolarmente ricco di notizie, improntate anche a solida ricerca filologica: uno standard che la casa Resonus persegue da alcuni anni, quasi sempre nel migliore dei modi, e che rende le sue produzioni ottime coniugazioni di ricerca storica e di proposta esecutiva.