Teatro Filarmonico – Stagione d’Opera e Balletto 2014/2015
“EL AMOR BRUJO”
Musica di Manuel de Falla
Cantaora CLARISSA LEONARDI
Primi ballerini TERESA STRISCIULLI, EVGHENIJ KURTSEV, ANTONIO RUSSO
“CAVALLERIA RUSTICANA”
Melodramma in un atto su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci
Musica di Pietro Mascagni
Santuzza ILDIKO KOMLÓSI
Turiddu YUSIF EYVAZOV
Lola CLARISSA LEONARDI
Alfio SEBASTIAN CATANA
Mamma Lucia MILENA JOSIPOVIC
Coro, Orchestra e Corpo di ballo dell’ Arena di Verona
Direttore Jader Bignamini
Maestro del Coro Vito Lombardo
Regia e Coreografia Renato Zanella
Scene e costumi Leila Fteita
Verona, 8 Marzo 2015
Trionfa la Prima rappresentazione dell’inedita accoppiata El amor brujo / Cavalleria rusticana andata in scena al Teatro Filarmonico la scorsa domenica. La scelta di accostare il balletto di Manuel de Falla al capolavoro di Pietro Mascagni risulta vincente e convincente, particolarmente dal punto di vista drammaturgico: la bella gitana che attende il ritorno del suo amore nel balletto è interpretata dalla stessa cantante (una rimarchevole Clarissa Leonardi) che porta in scena Lola nella Cavalleria. L’ambientazione è estremamente suggestiva, una Sicilia rappresentata in pochi elementi essenziali, curati nella composizione e nella logica spazio/temporale: le rovine di un tempio riportano immediatamente ad Agrigento; un albero è un richiamo immediato al periodo pasquale. L’utilizzo di un sipario a quinte mobili mette in luce diversi riquadri della scena, che non subisce modificazioni dal balletto all’opera (l’intera esecuzione si svolge senza intervalli). I costumi (curati, come per le scene, da Leila Fteita) rivestono un ruolo primario nel corso dello spettacolo: i veli neri delle donne si trasformano da pudico ornamento in fregio sensuale seguendo lo snodarsi dell’intreccio; ma le scelte vertono anche su colori molto vividi, che creano un’armonia interessante e permettono allo spettatore di individuare agevolmente protagonisti e comprimari. Ben congegnata la coreografia di Renato Zanella, che si dimostra anche regista di livello: il balletto è affascinante e i primi ballerini Teresa Strisciulli, Evghenij Kurtsev e Antonio Russo sono a buon motivo applauditissimi.
Il duplice tema dell’attesa e della passione lega indissolubilmente la prima mezzora di balletto al celeberrimo melodramma siciliano. La direzione musicale è affidata a Jader Bignamini, che nello scorso novembre si era già distinto sul podio del Filarmonico per l’acutezza e la sensibilità nella messa in scena de La Bohéme. Se qualcosa in più poteva essere fatto a livello di contrasti dinamici, Bignamini si mette nuovamente in mostra per una scelta dei tempi intelligente, al passo con i tempi e con i cantanti; filologica ma con un’impronta del tutto personale, la Cavalleria disegnata da Bignamini è certamente rusticana, ma non manca di eleganza e ricercatezza. Qualche attacco troppo brusco spesso non è dovuto alla sua bacchetta, ma a un’orchestra che comunque, nel complesso, mostra uno studio e un rispetto ragguarevoli per lo spartito di Mascagni. Molto buona la prestazione del Coro, preparato da Vito Lombardi: l’Inneggiamo è sempre emozionante, ma anche gli altri numerosi momenti d’assieme si svolgono senza intoppi e con rinnovato entusiasmo. Musicalmente intenso e appassionato, El amor brujo di De Falla coinvolge particolarmente per i grandi contrasti dinamici e timbrici: legni e archi si inseguono nella celeberrima Danza ritual del fuego e tutto il balletto si snoda con la stessa tensione drammatica alternata a momenti di intenso lirismo. Clarissa Leonardi è una “cantaora” disinvolta e struggente: la voce ha un’ottima proiezione, il fraseggio è molto curato; la giovane mezzosoprano non teme i volumi orchestrali: nel centro come in acuto mantiene la stessa potenza e rotondità. La pronuncia spagnola è nel complesso accettabile e la presenza scenica davvero notevole: nei panni della bella Lola la Leonardi si mostra in linea col ruolo della “cattiva femmina” che, quasi rinforzata dai sortilegi de El amor brujo, nella Cavalleria strappa Turiddu a Santuzza. Una Santuzza davvero d’eccezione, la notissima Ildiko Komlósi, che fa “scendere il teatro” per talento vocale e soprattutto per le rare doti drammatiche: una Santuzza così coinvolta, disperata e passionale non si vedeva da tempo. Qualche problema emissivo nel centro si deve unicamente a qualche malanno passeggero (tant’è che già nella seconda rappresentazione la voce è in perfetta forma), ma in acuto la Komlósi tira fuori tutte le sue carte con una proiezione eccellente e una cura certosina dei passaggi di registro. Il fraseggio è ben calibrato sul personaggio, la pronuncia ineccepibile. Tutta la disperazione e la follia della giovane siciliana tradita si sciolgono nella dolcezza dell’acclamazione pasquale al “Signore risorto”, cui la Komlósi rende piena giustizia. Non meno scenicamente convincente il Turiddu di Yusif Eyvazov, vocalmente in ordine nonostante le insidie del ruolo: la serenata a Lola è partecipata, come possiamo dire anche del magnifico duetto con Santuzza, dove, tuttavia, le difficoltà nella tenuta dei fiati si fanno più evidenti. Più efficace nel finale “Mamma, quel vino è generoso”, Eyvazov si mostra artista di livello, sfoderando una qualità vocale non indifferente e mai prona ai volumi orchestrali. Ottimo attore, anche per lui la serata risulta complessivamente un buon successo. Non manca certamente il physique du rôle al baritono Sebastian Catana, un Alfio impetuoso e travolgente fin dal suo ingresso: attore credibile, non perde un colpo nemmeno vocalmente: a un fraseggio e ad una pronuncia più che dignitosi si accostano una potenza vocale notevole e una facilità degna di nota nei passaggi di registro. Bene anche la Mamma Lucia di Milena Josipovic, mezzosoprano di livello, oltre che attrice coinvolgente ed empatica. Un foltissimo pubblico sigilla il successo della serata con ovazioni e numerose chiamate. Foto Ennevi per Fondazione Arena di Verona