Roma, Auditorium “Parco della Musica”, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, stagione 2014-2015
Orchestra Filarmonica della Scala
Direttore Yuri Temirkanov
Gioachino Rossini: Sinfonia de Il barbiere di Siviglia
Felix Mendelssohn Bartholdy: Sinfonia n. 4 in la maggiore op. 90 “Italiana”
Pëtr Il’ič Čajkovskij: Sinfonia n. 4 in fa minore op. 36
Roma, 9 marzo 2015
La celebre Orchestra Filarmonica della Scala è protagonista di un concerto straordinario − che sarà in seguito mandato su RaiRadio3 − in data unica, ospite dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Il direttore sarebbe dovuto essere Myung-Whun Chung, ma un’indisposizione ha portato alla fine sul podio l’inossidabile Yuri Temirkanov, che ha mantenuto grossomodo il programma previsto, con una leggera variazione.
E la variazione ha riguardato proprio la scelta del primo pezzo da proporre, l’ouverture dal Barbiere di Siviglia: un ottimo aperitivo per un concerto, un evergreen amato da tutto il pubblico. Una mossa più che saggia (oltre che obbligata, vista la brevità e il carattere di pezzo da apertura gagliarda) porlo all’inizio, soprattutto per il colore italianissimo che fa da pendant al successivo pezzo. Fin dalle prime note, ci godiamo il suono nitido, pieno, corposo degli Scaligeri, vanto d’Italia e del mondo. Temirkanov si dimostra immediatamente in forma smagliante: i colori, i volumi e la brillantezza (che lui legge più russa che italiana in questo pezzo, a voler esser sinceri) ci sono tutti.
E dopo ecco il primo dei due capolavori scelti, la stupenda Sinfonia “Italiana” di Mendelssohn. Nell’attacco lucente e brillante del I movimento, Temirkanov si lascia maggiormente andare verso una spensieratezza sonora finalmente più italica; ma in generale tutto il primo tempo è valorizzato nella sua lucentezza dei passaggi di legni e ottoni, arcadicamente ruzzanti. Mirabile la sezione con la piccola fuga che poi riconduce al tema principale. Il II movimento, un paludoso, stagnante Andante, è perfettamente eseguito nelle sue tinte brunite. Nel terzo (Con moto moderato) si sente la un frizzantino paesaggio italiano, trasportato elegiacamente in una dimensione astrattamente bucolica dalla melodia scandita dai corni. Il finale saltarello napoletano (IV) sugella un’eccellente esecuzione: Temirkanov esalta il folklore coreutico non perdendo mai un ferreo controllo ritmico. Gli applausi di un pubblico soddisfatto arrivano generosi.
Il pezzo finale è quello cui Temirkanov si ricongiunge col suo spirito e la sua patria: la Quarta Sinfonia di Čaikovskij, la sinfonia del Fato. Da grandissimo esperto della musica čaikovskiana (ne ha inciso tutte le sei sinfonie), crea una dimensione sonora perfetta, facendo scorrere autentico sangue russo nella musica di un suo più antico connazionale. Nel primo movimento, Temirkanov evoca perfettamente la tavolozza tematica voluta da Čaikovskij: il tema del Fato risuona inesorabile, il tema del sogno è venato di una malinconica, anzi sardonica ironia. La scura vena melancolica čaikovskiana è lasciata scorrere senza reticenze nel secondo movimento, sopra le sonorità stranianti dell’oboe e del clarinetto, come su quelle degli archi, che ricordano timbriche trobadoriche. Indi Temirkanov dirige mirabilmente quel «saggio di colore orchestrale» (S. Sablich), infarcito di quelli che lo stesso compositore definì «arabeschi capricciosi»; e il direttore ha in mente soprattutto una partitura musicale che ha il gusto disunito, timbricamente onirico, di una tela di Kandinskij. Conclude con il quarto movimento, una danza gioiosa e volutamente distaccata dalle più cupe atmosfere precedenti: come sfrena l’orchestra in questo finale positivo! E con che suono rispondono gli Scaligeri! L’ovazione che segue è segno di un apprezzamento, di un gradimento senza se e senza ma.