“Werther” all’Opera di Roma

Teatro dell’Opera di Roma – Stagione Lirica 2014/2015
“WERTHER”
Drame lyrique in quattro atti e cinque quadri su libretto di Eduard Blau, Paul Milliet e Georges Hartmann.
Musica di Jules Massenet
Werther FRANCESCO MELI
Albert JEAN LUC BALLESTRA
Le Bailli MARC BERNARD
Schmidt PIETRO PICONE
Johann ALESSANDRO SPINA
Charlotte VERONICA SIMEONI
Sophie EKATERINA SADOVNIKOVA
Katchen CLAUDIA FARNETI
Bruhlmann MICHAEL ALFONSI
Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma
Coro di Voci Bianche del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Jesùs Lopez-Cobos
Maestro del coro José Maria Sciutto
Regia Willy Decker
ripresa da Jean-Luis Cabané
Scene e costumi Wolfgang Gussmann
Luci Joachim Klein
realizzate da Agostino Angelini
allestimento dell’Oper Frankfurt in lingua originale
Roma, 29 gennaio 2015

Spettacolo nato ad Amsterdam nel 1997 e ripreso più volte ed in diversi teatri, questo Werther per la regia di Willy Decker approda ora all’Opera di Roma nell’ambito della stagione lirica in corso. La vicenda è ambientata nell’ottocento di Massenet e si svolge interamente in un unico spazio che possiamo identificare con la stanza di Charlotte, grigio e spoglio luogo dell’inconscio nel quale è presente non direttamente in primo piano ma in maniera più subdolamente incombente il ritratto della madre morta con il quale i vari personaggi a turno interagiscono, ad esprimere il senso di pesante condizionamento operato sulla struttura psico-emotiva del personaggio, declinata nei vari aspetti della sensualità, della femminilità adulta, del senso materno e del profondo e rigoroso senso del dovere. Un fondale scorrevole consente di vedere o intravedere in secondo piano l’esterno, il mondo di Werther, la natura, il resto del villaggio e il mutare delle stagioni e permette ai vari personaggi di entrare in questo luogo chiuso nel quale vediamo svolgersi tutta la storia. Molto bello e interessante dunque appare questo percorso di lettura proposto e realizzato con elementi essenziali e chiaramente evocativi e una estrema cura nella recitazione. Vi è infatti un ritmo individuale per ogni personaggio e tutti alla fine risultano armonizzati nell’insieme della narrazione come se costituissero le varie pagine staccate che compongono il romanzo epistolare o anche le numerose lettere che vengono con grande evidenza mostrate al centro della scena nel terzo atto e delle quali Charlotte ha bisogno per arrivare ad ammettere a se stessa i propri sentimenti e probabilmente la non poca parte di un se che era stata educata a reprimere. La narrazione scorre fluida per tutta l’opera abilmente aiutata da un sapiente gioco di luci che sembra sottolineare in maniera efficace la fredda e distaccata desolazione ed il senso di vuoto incolmabile di chi a distanza di tempo ricordi una profonda e forte esperienza emotiva. Unico momento un po’ debole della realizzazione è apparso l’ultimo atto nel quale i movimenti del protagonista oltre ad apparire poco credibili e incompatibili con la situazione, sono risultati a nostro giudizio non in sintonia con l’atmosfera e distraenti dall’ascolto di una scena già strutturalmente lunga.
Elegante e raffinata la direzione di Jesùs Lopez-Cobos nel gesto quanto nella scelta dei tempi, dei volumi e delle sonorità dell’orchestra, evidentemente volta a non turbare la partecipazione intima dello spettatore più che a cercare l’applauso a scena aperta meritato ma negato ai solisti al termine delle scene più celebri. Forse in linea con questa impostazione sarebbe stato più opportuno evitare anche la suddivisione dello spettacolo in due sole parti con un unico intervallo tra il secondo ed il terzo atto per permettere al pubblico di poter meglio immergersi in un testo così denso di significati generali e di aspetti che riguardano il vissuto di ciascuno, partendo dai più elementari ricordi di scuola per giungere alle vicende del proprio sviluppo emotivo. Ma per fortuna questa volta l’opera ha una lunghezza tale da non uscirne sopraffatti come in altre occasioni. Bravi i bambini del coro delle voci bianche.
E veniamo agli interpreti dei vari personaggi. Nel ruolo eponimo il tenore Francesco Meli ha cantato con la consueta bella voce, eleganza e varietà di fraseggio sia pure con qualche occasionale lieve diseguaglianza tra il registro medio e l’acuto, scavando in maniera efficace nella dolente e complessa psicologia del personaggio realizzato con autentica e crescente partecipazione nel corso dell’opera. Assai efficaci scenicamente e sostanzialmente corretti vocalmente l’Albert realizzato da Jean-Luc Ballestra ed il podestà di Marc Barrand, entrambi funzionali all’impostazione della regia. Bravo anche Alessandro Spina nei panni di Johann, meno bravo Pietro Picone in quelli di Schmidt. La parte di Charlotte, protagonista “de facto” di questa lettura, è stata affidata a Veronica Simeoni che ne ha offerto una interpretazione sentita e pienamente convincente sia sotto il profilo squisitamente vocale, grazie ad una voce bella, morbida ed omogenea e ad una dizione chiara unita ad un bel fraseggio, che scenico per l’eleganza della figura accompagnata ad una recitazione intensa e tale da salvare con successo la pericolante credibilità scenica dell’ultimo atto. Ekaterina Sadovnikova restituisce con appropriatezza sia musicale che scenica la giovanile spontaneità di Sophie manierata e a tratti petulante. Si segnala con compiacimento la visibile ed attenta presenza tra il pubblico di gruppi di studenti delle scuole medie e superiori romane, che ci auguriamo vivamente potranno essere gli appassionati o, perché no, anche i futuri interpreti del domani. Al termine della recita calorosi e meritati applausi per tutti. Foto Yasuko Kageyama © Teatro dell’Opera di Roma