Verona, Teatro Filarmonico, Fondazione Arena. Stagione Sinfonica 2014-2015
Orchestra dell’Arena di Verona
Direttore Robert Tuhoy
Violoncello Enrico Dindo
Andrea Mannucci: “Matteo 26” [prima esecuzione assoluta]
Samuel Barber: Sinfonia n. 1 in un movimento, Op. 9
Antonín Dvořák: Concerto per violoncello e orchestra Op. 104 in Si minore
Verona, 11 Gennaio 2015
Il primo appuntamento del 2015 al Teatro Filarmonico di Verona propone un programma sinfonico composito e ricco di novità, ma altrettanto accorto nel non trascurare il repertorio tradizionale. Apre le danze la “world premiere” di Matteo 26, lavoro sinfonico commissionato dalla Fondazione Arena al compositore desenzanese Andrea Mannucci, ove il testo evangelico cui il titolo fa riferimento si fa ossatura dell’intera composizione attraverso l’antico procedimento compositivo di origine fiamminga che articola frasi musicali a partire da sequenze di lettere o parole. Al primo ascolto la strumentazione della pagina risulta molto articolata e complessa (tanto forse da richiedere un secondo ascolto per poterne cogliere al meglio le finezze d’orchestrazione) ma ha l’indiscutibile pregio di riuscire a creare subito una particolare atmosfera, una tinta coerente e fortemente descrittiva che si adatta perfettamente al soggetto evangelico degli ultimi giorni terreni di Gesù. Il pubblico accoglie calorosamente la nuova opera, tributando generosi applausi all’autore presente in sala. Segue la prima esecuzione sul palcoscenico veronese della Sinfonia n. 1 in un movimento, Op. 9 di Samuel Barber, suggestiva composizione in cui l’autore – basandosi su tre temi principali – condensa in un unico movimento della durata di circa venti minuti la classica struttura sinfonica a quattro movimenti. Per quanto si tratti di un’opera giovanile essa presenta, all’interno di una struttura circolare, quella scrittura vivida e densa di lirismo che non teme un’espressività talvolta ostentata ma di grandissimo potere evocativo che diverrà stilema caratterizzante dell’opera del compositore americano. Il gesto di Robert Tuohy, al suo debutto veronese, è sempre chiaro e sa tratteggiare in maniera corretta le ricorrenze tematiche nell’opera e mettere in giusto risalto il dialogo tra le sezioni orchestrali.
Il violoncellista Enrico Dindo è l’atteso protagonista della seconda metà del concerto, accolto con grandissimo calore dalla platea veronese in quanto ospite ormai fisso della vita artistica e musicale della città. In programma l’arcinoto Concerto per violoncello e orchestra Op. 104 in Si minore di Antonín Dvořák, che tra tutte le pagine solistiche dedicate al violoncello è forse che quella che maggiormente riesce a mettere in luce le estremità tecniche ed espressive dello strumento, cui gli stilemi di un formalismo classico intriso di folklore tipici dell’opera del compositore ceco sembrano adattarsi alla perfezione. L’interpretazione di Enrico Dindo si presenta significativamente differente da quanto ascoltato dal pubblico veronese nell’esecuzione di Mario Brunello con l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia sul medesimo palcoscenico solo pochi mesi prima. L’approccio è impetuoso, e non teme qualche asprezza di suono negli inserti virtuosistici, ma si rivela altrettanto chiaro nella dizione di ogni singolo passaggio. Ciò che più colpisce dell’artista piemontese è però la duttilità nel variare velocemente il carattere interpretativo adattandosi alla mutevolezza del testo musicale, evidenziando in questo modo al massimo l’espressività del secondo tema del primo movimento, con una dolcezza di suono commovente. Tale espressività raggiunge il suo apice nel secondo movimento, un gioco cameristico tra la voce principale e i timbri delicati dei legni. Nel virtuosistico finale Dindo si fa paradigma di un aspetto assolutamente fondamentale della professione del musicista: il divertimento. Con totale disinvoltura risolve la complessa trama tecnica spesso inerpicata nel registro acuto, trascinando l’orchestra –finora misurata e appropriata compagna di viaggio- in una conclusione travolgente, cui il pubblico risponde con ripetute ovazioni. Enrico Dindo si congeda dal pubblico di Verona con la Sarabande dalla Prima Suite in Sol maggiore di J.S. Bach, riscuotendo ancora entusiastici apprezzamenti. Foto Ennevi per Fondazione Arena