Roma: recital del controtenore Flavio Ferri-Benedetti

Roma, Oratorio dell’Arciconfraternita dei Bergamaschi in Roma, incontri-concerti stagione 2014-2015
Controtenore Flavio Ferri-Benedetti
Fortepiano Costantino Mastroprimiano
Wolfgang Amadeus Mozart: “Abendemfindung an Laura” Kv 523; “Als Luise die Briefe ihres ungetreuen Liebhabers verbrannte” Kv 520; “An Chloe” Kv 524.
Franz Joseph Haydn: “A Pastoral Song”, “Das strickende Mädchen”, “She Never Told her Love”.
Ludwig van Beethoven: “Mignon”; “Adelaide”; Bagatella in la minore “Für Therese”
Franz Schubert: “Liebe schwärmt auf allen Wegen”; “Lied der Mignon”; “Gretchen am Spinnrade”; “Der Tod und das Mädchen”
Roma, 28 novembre 2014

La piccola cappella dell’Oratorio dell’Arciconfraternita dei Bergamaschi a Roma è un luogo senza tempo; le sue pareti rovinate e incrostate, i suoi quadri di alti prelati, le sue decorazioni barocche, ci riportano al tempo che fu. A un tempo in cui − proprio come nei decenni a cavallo fra XVIII e XIX sec. quando hanno vissuto i compositori affrontati nel concerto − ci si riuniva, pochi intimi, e si fruiva di differenti generi di musica, in riunioni (sovente patrocinate da accademie) che furono la base e il modello per i concerti delle epoche successive. Questa è l’atmosfera che hanno voluto suggerire il controtenore Flavio Ferri-Benedetti e il fortista Costantino Mastroprimiano, che hanno deliziato il ristretto pubblico con spiegazioni e delucidazioni sulle composizioni presentate, immergendoci in atmosfere e suggestioni tra le più disparate.
Il tema del concerto è “Le donne tra musica e poesia”: un viaggio nell’immaginario femminile a cavallo fra il neoclassicismo e il romanticismo. La voce straordinaria, dolce più del miele (per parafrasare Da Ponte), di Ferri-Benedetti è il mezzo ideale per tuffarci nell’universo femminile: la sua corda contraltile, androgina, astrae e traduce sensazioni femminee di fatto atemporali. Così, in Mozart è sempre delicato e patetico, tanto nell’evocazione dei paesaggi di “Abendemfindung an Laura”, che nella delusione e nella rabbia di Luise (“Als Luise die Briefe ihres ungetreuen Liebhabers verbrannte”); e nell’arcadia pur ironicamente superata dell’”An Chloe”. In Haydn le sensazioni si fanno più decise, nette (sia nella dolcezza, che nel dolore): nel delizioso “A Pastoral Song” Ferri-Benedetti ci regala una superba messa di voce, filati, trilli e portamenti; segue la cullante narrazione della fanciulla che lavora a maglia, Das strickende Mädchen; la sezione haydniana si conclude con lo shakespeariano “She Never Told her Love”, la cui verve drammatica s’avverte fin dal preludio. Con Beethoven, amante dell’animo femminile, si entra nella piena tensione drammatica: al desiderio di ritrovare il paese natio della goethiana Mignon (i cui ardenti aneliti sono scolpiti in acuti adamantini dal cantante), si contrappone l’amante deluso in Adelaide, che imprime al canto liederistico una forza da aria operistica. Il concerto si conclude con quattro Lieder di Schubert; molto è ancora tratto dall’instancabile fantasia di Goethe: la delicata arietta, di maniera, di Claudine (Liebe schwärmt auf allen Wegen), una “Mignon” più dolente, introversa di quella di Beethoven (“Lied der Mignon”), la tragica Margherita che pensa al suo Faust, mentre la musica descrive il moto perpetuo del suo arcolaio (“Gretchen am Spinnrade”). Chiude il concerto il celebre “Der Tod und das Mädchen”: con istrionica bravura, Ferri-Benedetti riesce a stagliare il personaggio di Morte un’ottava sotto, dimostrando di possedere addirittura accenti baritonali.
Ottimo accompagnatore si è dimostrato Costantino Mastroprimiano, in grado di padroneggiare il fortepiano e di restituirci un suono storicamente credibile, filologico, che ci immergesse nell’atmosfera più adatta. A mo’ di cerniera, ha interpretato anche pezzi strumentali: il Rondò in re maggiore Kv 485 di Mozart, con attenzione al brio dei salti e delle fiorite difficoltà; e la Bagatella in la minore “Für Therese” (più nota come Per Elisa) di Beethoven (che, poi, sarà veramente sua?), che bene incarna qui il suo ruolo di pezzo d’intrattenimento e dallo spiccato ethos femmineo, sensualmente patetico.
Il concerto è stato accolto con molto entusiasmo e accesi applausi: i due interpreti hanno poi regalato un bis, La pastorella al prato di Schubert (unica canzone in italiano della serata e una delle più riuscite), dove la vocalità di Ferri-Benedetti ha potuto arrampicarsi in difficoltà di ogni genere (acuti, messe di voce, trilli, gruppetti e fioriture), regalandoci un perfetto e polito esempio di stile canoro italiano.