Christoph Willibald Gluck:”Il Parnaso Confuso”

Christoph Willibald Gluck (Erasback, Alto Palatinato 1714 – Vienna 1787)
Le nozze fra l’arciduca Giuseppe d’Asburgo e la principessa Maria Josepha di Baviera celebrate a Vienna il 22 gennaio 1765 furono occasione di grandi festeggiamenti in cui furono coinvolti tutti gli artisti al servizio della corte imperiale sotto l’attività di controllo e organizzazione svolta dal Metastasio nella sua posizione di poeta cesareo e di fatto di padrone quasi assoluto della vita culturale e artistica della corte. Fra gli artisti impegnati un ruolo di primo piano fu affidato a Gluck che per l’occasione compose tre nuovi lavori il balletto-pantomina “Semiramide”, l’opera seria “Telemaco” e quella che seconda la definizione del tempo veniva definita opera-serenata – ovvero una cantata scenica a soggetto celebrativo – “Il Parnaso confuso” che tra i tre lavori è quello che ottenne il più sincero successo.
Composta su un nuovo libretto di Metastasio la breve composizione aveva come destinatari gli stessi membri della famiglia imperiale che come da tradizione presso gli Asburgo avevano ricevuto un’ottima formazione musicale, le difficoltà presenti nella partitura dimostrano come le loro capacità di canto non dovessero essere molto diverse da quelle di un cantante professionista. La prima rappresentazione avvenne nel “salone della battaglia” del castello di Schönbrunn il 24 gennaio 1765; l’arciduca Leopoldo svolgeva il ruolo di maestro al cembalo mentre le varie parti erano divise fra le principesse della casa imperiale: Maria Amalia (Apollo), Maria Elisabeth Josepha (Melpomene), Maria Josepha (Euterpe) e Maria Carolina (Erato). Lo spettacolo fu replicato alcune volte nei giorni seguenti – l’ultima il 9 febbraio – in modo da dare a tutti i membri della corte la possibilità di assistervi per poi essere dimenticato come quasi tutti questi lavori d’occasione salvo una ripresa nel 1775 in occasione dei festeggiamenti per i mille anni dell’Abbazia di Krems.
Il libretto di Metastasio è alquanto inconsistente, di fatto privo di qualunque svolgimento drammatico si riduce ad una serie di arie che si prestano alla rappresentazione dei vari modi espressivi legati ai sentimenti e ai vari stilemi musicali. La musica non è certo fra i migliori risultati di Gluck e sembra mancare di autentica ispirazione sostituita solo da un solido mestiere che garantisce una musica sicuramente godibile anche se priva di particolari colpi d’ala. Tutte le parti sono scritte per voci femminili ma si ottiene comunque una certa differenziazione dei registri vocali ed espressivi, lo schema è molto tradizionale con alternanza di arie e recitativi – di solito secchi – e senza quelle sperimentazioni sul declamato che Gluck portava avanti in quegli anni ma che non dovevano essere adatte né all’occasione né alle volonterose ma ancora inesperte destinatarie dei ruoli, l’unico pezzo a più voci è il duetto conclusivo fra Apollo e Melpomene. L’analisi dei singoli ruoli sarà successivamente svolta insieme al commento sull’incisione discografica.
La trama
Sul Parnaso giunge la notizia del matrimonio imperiale a cui tutti gli Dei assisteranno, Apollo invita le Muse a preparare qualche cosa di degno per l’occasione. Le figlie di Melpomene si mettono all’opera senza però riuscire ad ottenere nessun risultato, tutte le idee avanzate sembrano scontate e tali sono i meriti della coppia imperiale che la loro arte non sembra in grado di celebrarli. Al ritorno di Apollo queste incredule ammettono la loro sconfitta e Melpomene si promette addirittura di sfuggire nascondendosi fra i boschi per nascondere la propria vergogna. Apollo le consola il loro rossore sincero testimonierà pienamente del loro amore per la copia dei nuovi sposi. Tutti si apprestano a partire per raggiungere gli altri Dei al festeggiamento.
La registrazione
“Il PARNASO CONFUSO”

Serenata teatrale  in un atto su testo di Pietro Metastasio
Prima rappresentazione 24 gennaio 1765 Vienna, salone della battaglia” del castello di Schönbrunn
Apollo Danielle Munsell Howard
Melpomene Julianne Baird
Euterpe Mary Ellen Callahan
Erato Marshall Coid
The Queen’s Chamber Band
Direttore Rudolph Palmer
Registrazione: 2004

Rudolph Palmer esegue questa registrazione alla guida The Queen’s Chamber Band complesso di ridotte proporzioni che ben si presta a questo tipo di partitura, il direttore opta per una lettura molto musicale con preferenza per colori chiari e tinte delicate, anche troppo in alcuni punti come l’aria di sortita di Melpomene c he richiederebbe un passo decisamente più eroico e robusto mentre qui tende a perdersi in tinte eccessivamente sfumate.  La compagnia di canto a un quintetto di cantanti volenterosi, ben preparati anche talvolta in  difficoltà dell’impegno delle rispettive parti, l’origine anglosassone del cast pesa in modo evidente sulla pronuncia italiana che manca di naturalezza e fluidità.
La parte di Apollo è affidata al soprano Danielle Munsell Howard che fatti salvo i già ricordati problemi di pronuncia può contare su una vocalità di  buona sicurezza con interessante facilità nella salita agli acuti e nei passaggi di coloratura. La cavatina “In fronte a voi risponde” presenta un taglio lirico e cantabile con la voce chiamata ad espandersi su un andamento melodicamente carezzevole mentre la seconda aria “Vi scuseranno assai” ha tinte leggere e galanti ed andamento quasi danzante nel suo descrivere il potere comunicativo di un timido sorriso o di un improvviso rossore.
Sul piano vocale la parte di Melpomene è forse la più impegnativa: nell’entrata “In un mar che non ha sponde” si riprendono tutti i moduli caratteristici delle arie di tempesta con evidenti scarti vocali, impervi passaggi di coloratura considerando la originaria destinazione ad una cantante “dilettante”. Il soprano Julianne Baird, in questa pagina, appare piuttosto a disagio abbastanza a disagio. La voce appare piuttosto povera di colori e piuttosto compassata nel canto nell’affrontare le agilità. La Baird è decisamente più a suo agio nella seconda aria “Sacre piante” musicalmente il momento più compiuto dell’intera opera ormai pienamente inserito nella nuova estetica riformata con la capacità di evocare con minimi tocchi sonori – l’andamento irregolare degli archi – lo stato emotivo del personaggio, in questo caso lo sgomento della fanciulla di fronte all’impresa chiamata a compiere. Le due cantanti duettano con correttezza nel duetto finale “Nel mirar odo” unico pezzo a più voci dell’intera opera. Possiamo affermare  che, per qualità tecniche ed esecutive,  il soprano  Mary Ellen Callahan (Euterpe) è forse l’elemento migliore del cast.  l’aria “Fin là dove l’aurora” ricorda per struttura ed ambito emotivo la cavatina di Apollo anche se qui il morbido lirismo e chiamato ad evocare atmosfere naturali piuttosto che stati d’animo. La parte di Erato è qui affidata al  controtenore Marshall Coid che può fare sfoggio di  una linea di canto musicale e curata ed una voce con belle bruniture di colore mezzosopranile che possiamo apprezzare nell’ aria “Di questa cetra”. Si tratta per altro di un momento musicalmente molto riuscito in cui Gluck gioca non senza ironia su certi stilemi manierati e leziosi di un gusto tardo-arcadico ancora diffuso i quegli anni.