Bruxelles, Théâtre La Monnaie – Stagione Lirica 2014/2015
“SHELL SHOCK A Requiem of War”
Dance oratorio in dodici canti su testi di Nick Cave
Musica di Nicholas Lens
Testi di Nick Cave
Soprano CLARON MCFADDEN
Mezzosoprano SARA FULGONI
Controtenore GERALD THOMPSON
Tenore ED LYON
Basso MARK S. DOSS
Voci bianche GABRIEL KUTY, THEO LALLY, GABRIEL CROZIER
Danzatori EASTMAN, AIMILIOS ARAPOGLOU, DAMIEN JALET, JASON KITTELBERGER, KAZUTOMI KOZUKI, ELIAS LAZARIDIS, JOHNNY LLOYD, NEMO OEGHOEDE, SHINTARO OUE, GURO NAGELHUS SCHIA, IRA MANDELA SIOBHAN Orchestra sinfonica e coro del Théâtre La Monnaie
Direttore Koen Kessels
Maestro del Coro Martino Faggiani
Regia e coreografia Sidi Larbi Cherkaoui
Scene e video Eugenio Szwarcer
Costumi Khanh Le Thanh
Luci Willy Cessa
Drammaturgia Ruth Little
Produzione del Théâtre La Monnaie – prima mondiale
Bruxelles, 29 ottobre 2014
Per comprendere questa nuova creazione, commissionata dal Théâtre La Monnaie per commemorare il centesimo anniversario dello scoppio della prima guerra mondiale, conviene partire dal titolo. “Shell shock” è l’espressione coniata durante la guerra nel mondo anglosassone (in francese: “obusite”) per descrivere i traumi fisici e psichici causati da bombardamenti intensi e ripetuti, che si manifestano in stati di panico, incubi, tremori incontrollabili che rendono difficile parlare, camminare, dormire. Nell’ambito delle celebrazioni per il centenario della Grande Guerra, il Théâtre La Monnaie ha scelto di portare in scena le persone comuni la cui vita è stata stravolta, i soldati che mai sono riusciti a tornare a una vita normale, le vittime dimenticate alle quali raramente è stata data voce. L’anniversario dello scoppio della guerra è un tema molto sentito in Belgio, e non a caso sono belgi due degli autori dello spettacolo. Nicholas Lens, nato a Ypres e cresciuto nella regolare frequentazione dei cimiteri di guerra che punteggiano le campagne delle Fiandre, è autore di varie opere contemporanee, e il coreografo Sidi Larbi Cherkaoui, belga di origine marocchina, fondatore della compagnia di danza Eastman, è molto apprezzato in patria e a livello internazionale per il suo stile personale, teatrale ed eclettico.
Shell Shock lo si può definre come una sorta di “oratorio drammatico” composto di dodici canti che si sviluppano intorno a personaggi diversi, quali il soldato, l’infermiera, il disertore, il milite ignoto, la madre, gli orfani, il sopravvissuto. La componente teatrale e coreografica è molto forte, e per questo Nicholas Lens e gli altri autori hanno adottato la definizione di opera. Il compositore sente molto questo soggetto e lo carica di forti contrasti: momenti di dramma e tensione in cui predominano le percussioni, e altri più lirici che accompagnano i momenti di riflessione più intima, caratterizzati da un ampio uso del letimotiv. I testi, creati dal cantautore australiano Nick Cave, sono carichi che vi ha infuso un’intensa carica emotiva e intimista; il linguaggio è semplice, e le ripetizioni a volte ossessive di frasi o pezzi di frasi aumentano il senso di dramma e straniamento. Voci, musica e danza stanno alla pari come importanza in una valutazione complessiva dello spettacolo, cosi come le scene e i costumi; nessun elemento predomina sugli altri. Pur con qualche occasionale aspetto dissonante, l’insieme raggiunge un piacevole equilibrio. Nel suo genere, di difficile definizione, Shell Shock è uno spettacolo riuscito.
La regia, affidata anch’essa a Sidi Larbi Cherkaoui, ha il tratto felice nel fondere le diverse componenti dell’opera. I movimenti di cantanti e ballerini sono curatissimi e molto evocativi. La compagnia di danza Eastman offre una prova notevole per quanto riguarda espressività, tensione emotiva e recitazione. I danzatori sono sul palco dall’inizio alla fine creando un movimento che non si ferma mai, in un incessante fluire di soldati colpiti, soldati in barella, soldati che muoiono; la rappresentazione dei reduci sconvolti nel corpo dal trauma dei bombardamenti è magistrale. Le scene di Eugenio Szwarcer, che ha curato anche l’allestimento video, rappresentano uno degli elementi più riusciti dello spettacolo: sono semplici, pulite, essenziali – grandi pannelli bianchi che si piegano formando terrazze a vari livelli dove si svolge l’azione degli altri interpreti, e pochi oggetti di valore simbolico come croci di legno, baionette, sacchi di sabbia da trincea, barelle, e poi sagome di soldati sullo sfondo, anch’esse bianche, su cui vengono proiettati filmati in bianco e nero che evocano scene di guerra. La combinazione è studiata nei dettagli e l’effetto, in più di un caso, è emozionante. Bella e commovente la scena del milite ignoto, che canta l’affetto per la figlia che non vedrà più mentre sullo sfondo è proiettata l’immagine di una bambina su un’altalena. Colorati al punto giusto – su uno sfondo prevalentemente bianco – i costumi di Khanh Le Thanh, che aggiungono alla scena un elemento visivo equilibrato e piacevole per gli occhi. L’orchestra diretta da Koen Kessels accompagna cantanti e danzatori senza sbavature, sottolineando con vigore i momenti più drammatici, a volte a scapito delle voci. La vocalità nella quale chiamati ad esprimersi i cinque solisti, sfugge a una “classica” impostazione melodrammatica, si può comunque dire che, chi più chi meno, ogni interprete è stato all’altezza della situazione. Quella che è persa più in una posizione disagiata è stata il soprano americano Claron McFadden la quale, pur fregiandosi di un bellissimo timbro, sfoggiato in alcune delle più belle pagine della partitura, si è altresì trovata a dovere affrontare una tessitura non sempre nelle sue corde e che metteva a dura prova sia il registro acuto che quello più basso della sua voce. Assai meglio il mezzosoprano Sara Fulgoni, dalla voce calda e tecnicamente solida, spicca per l’espressività e per le capacità di recitazione in particolare nel canto della madre, uno dei più belli ed intensi di tutta l’opera. Da ricordare anche il controtenore Gerald Thompson nella sua intensa interpretazione del milite ignoto e il tenore Ed Lyon, la cui voce acquista via, via vigore. Impeccabile il basso Mark S. Doss che offre una prova impeccabile. Infine, commuovono il pubblico i tre ragazzi del Trinity Boys Choir di Londra, e in particolare l’esile voce infantile cui è affidato il canto dell’orfano, momento finale dello spettacolo che si chiude in un soffio. Come al solito non delude il coro del Théâtre La Monnaie, diretto da Martino Faggiani. Nell’insieme, Shell Shock nell’allestimento del Théâtre La Monnaie è uno spettacolo piacevole, moderno senza inutili esagerazioni, incentrato su un tema forte ma senza ricadute ideologiche, a tratti molto coinvolgente, soprattutto nella seconda parte quando la coerenza tra musica, canto, danza e resa scenica appare più riuscita ed emozionante. Un’opera che è perfettamente in linea con la carica innovativa del Théâtre La Monnaie, e che forse in questo contesto è da annoverare fra gli esempi più riusciti fra le produzioni degli ultimi anni. Il teatro ha registrato il tutto esaurito per le nove rappresentazioni in calendario, e il pubblico in sala ha dimostrato il suo gradimento con appalusi convinti e ripetuti. Applausi particolarmente calorosi per i beniamini di casa, Nicholas Lens, Sidi Larbi Cherkaoui e il direttore d’orchestra Koen Kessels.