Palazzetto Bru Zane, Centre de musique romantique française, Festival “Romanticismo tra guerra e pace”
Pianoforte David Bismuth
Cécile Chaminade:”Au Pays dévasté” op. 155; “Chaminade Solitude” op. 127 n. 2
Maurice Ravel: Sonatine pour piano
Marie Jaëll:”Ce qu’on entend dans l’Enfer”- Blasphèmes; “Ce qu’on entend dans le Purgatoire” – Pressentiments; “Maintenant et Jadis”; “Ce qu’on entend dans le Paradis” – Apaisement; Quiétude
Claude Debussy: Études pour piano: No 11, Pour les arpèges composés; Pour le piano: Prélude; Sarabande; Toccata
Venezia, 10 ottobre 2014
Prosegue dal 27 settembre al Palazzetto Bru Zane il festival “Romanticismo tra guerra e pace”, seguito sempre con grande interesse come ha confermato, anche in occasione del recente appuntamento del 10 ottobre, la presenza di un pubblico attento e partecipe, che gremiva la graziosa sala dei concerti, per lasciarsi coinvolgere da un programma vario e interessante. Prendendo spunto dal primo titolo proposto, la platea è stata trasportata musicalmente “Au pays dévasté” all’indomani della Prima guerra mondiale, e poi ancora più indietro ad esplorare la questione del retaggio romantico, risalendo ad un periodo, a cavallo tra Ottocento e Novecento, in cui la Francia era percorsa da fremiti patriottici, alimentati dalla bruciante sconfitta di Sedan. Un romanticismo rivisitato per l’occasione secondo diversi approcci: sia per generi (Sonatine) sia per temi tipici (Solitude; “L’Enfer”, “Le Purgatoire”, “Le Paradis”) sia per composizioni in qualche modo riferibili alla produzione pianistica di Chopin (come testimoniano le indicazioni Étude e Préludes nei due pezzi di Debussy). Ma il programma – pur così seducente e ricco – non basta da solo a giustificare la magia di questa serata: la quale è derivata in buona parte dall’elevato livello artistico, espresso dall’interpretazione del giovane pianista David Bismuth, che ha brillato, in particolare, per la poesia del timbro, la precisione tecnica, il senso della forma. Così in Au Pays dévasté (pubblicato nel 1919 con dedica al pianista Joseph Baume), lamentazione sulla Grande guerra di Cécile Chaminade – una compositrice cui il Centre de musique romantique française si dedica da qualche tempo –, il solista ha dimostrato grande padronanza nell’uso della mano sinistra, impegnata fin dalle prime battute nel registro grave in tono decisamente funebre, per poi raddoppiare alla sesta superiore il tema, che si snoda in una zona più acuta, con tecnica evocante il romanticismo di Brahms. Mirabile l’interpretazione di Bismuth dal punto di vista del tocco e del timbro nel prosieguo del pezzo, dove l’elaborazione del materiale iniziale assume i caratteri di un intenso lirismo, facendo sentire un suono perlaceo, vigoroso e tenue, mai sdolcinato, fino alla mesta conclusione.
Ancora a firma della Chaminade il pezzo successivo, Solitude, il secondo dei quattro Poèmes provençaux, la cui pubblicazione risale al 1908. Si tratta di una composizione dalla forma simmetrica, che inizia con un tema strutturalmente regolare, essendo costituito da un antecedente e un conseguente, rispettivamente nella tonalità d’impianto (fa diesis minore) e nel relativo maggiore. Nel brano – alla cui classica misura si contrappongono il ritmo sincopato dell’accompagnamento, un certo cromatismo nell’armonia e varie incursioni nel registro acuto che restano sospese –, si coglie una spiccata attenzione per l’elemento timbrico, messa in evidenza in certi passaggi, con particolare significato espressivo, dall’uso del pedale nel registro grave. Il che – in particolare – ha permesso al più che promettente pianista francese di sfoggiare le sue doti migliori, conferendo alla musica il giusto accento romanticamente malinconico, senza mai scadere nella monotonia, grazie a una ricca tavolozza di colori.
Pulizia, nitidezza dell’armonia, variazioni del tocco hanno dominato anche nella raffinata Sonatina di Ravel, dedicata agli amici Cyprien e Ida Godebski (prima esecuzione: Lione, 1906), dove si sono confermati in pieno i pregi di questo straordinario esecutore, a rendere la squisita fattura della composizione, che rievoca il nitore e la grazia del Settecento, preannunciando il neoclassicismo che si sarebbe sviluppato di lì a poco. “Cantabile” nel “Moderé”, nostalgico nel “Mouvement de menuet”, Bismuth è stato travolgente nel conclusivo “Animé”, pur con la dovuta leggerezza.
Lontane dalle forme di scrittura tradizionali le tre Pièces pour piano di Marie Jaëll, pubblicate nel 1894, ognuna distinta da un titolo, nonché articolata in vari sottotitoli. Il modello di riferimento è Après une lecture du Dante di Franz Liszt. Perfettamente a suo agio il pianista nell’eseguire gli intervalli inconsueti, le armonie dissonanti, i ritmi ripetitivi di una musica alquanto eccentrica, che dovrebbe esprimere la turpitudine degli abissi infernali (“Blasphèmes”) e, con scelte tecnico-espressive più moderate, l’atmosfera meno rovente e ostile del Purgatorio (“Pressentiments”; “Maintenant et Jadis”); così come nell’esprimere lo stile più tradizionale e i toni più pacati che dominano nell’ultima pièce, evocante la beatitudine del Paradiso (“Apaisement”; “Quiétude”) e dove fa capolino ancora Liszt, seppure quello più tradizionale delle “Consolations”.
Veramente notevole, quanto ad abilità tecnica e sensibilità interpretativa, anche l’esecuzione dei due pezzi di Debussy, che hanno confermato un pianista ormai maturo: particolarmente in Pour les arpèges composés, l’undicesimo degli Études pour piano, dedicati alla memoria di Chopin ed eseguiti per la prima volta nel 1916, dove ha sfoggiato una perfetta tecnica dell’arpeggio, che qui assume una valenza squisitamente impressionistica a rievocare musicalmente l’acqua, come avviene in composizioni come Reflets dans l’eau e Jardins sous la pluie. Un pianismo di grande scuola si è potuto apprezzare, infine, nella Suite pour le piano, composta da Debussy nel 1896 durante gli anni in cui lavorava al Pelléas et Melisande ed eseguita in prima assoluta l’11 gennaio 1902 presso la Société nationale de musique – l’istituzione fondata da Camille Saint-Saëns a difesa dell’Ars gallica –, ottenendo un successo strepitoso. Nell’interpretazione di questo trittico, che non guarda più ormai al retaggio romantico, il pianista ha sfoggiato un’assoluta padronanza della tastiera nell’affrontare i glissandi e le scale, che attraversano il Prélude dalla nitida scrittura sul modello dei clavicembalisti del XVIII secolo, come il nobile arcaismo della Sarabande, fatto in realtà di arditezze armoniche alla Satie, o ancora il virtuosismo della conclusiva Toccata, in cui, analogamente rispetto al Prélude, si colgono echi di Scarlatti e Couperin, culminante nella trionfale coda. Seducente ancora una volta il timbro, ottenuto dall’interprete, dove la scrittura debussyana si fa più densa. Prolungati applausi dopo ogni pezzo e, in particolare, dopo l’ultimo. Un bis: ancora Solitude di Cécile Chaminade. Foto Christophe Peus