Parma, Teatro Regio, Festival Verdi 2014
Soprano Mariella Devia
Pianoforte Giulio Zappa
Giuseppe Verdi: Sei romanze (1838): “Perduta ho la pace”,” Il Brigidino”, “È la vita un mar d’affanni”
Il Corsaro: “Egli non riede ancora… Non so le tetre immagini”
“Stornello”, “Chi i bei dì m’adduce ancora”
I vespri siciliani:“Arrigo! Ah! Parli a un core”, atto IV, “Mercé, dilette amiche”, atto V
Giovanna d’Arco: “Oh ben s’addice… Sempre all’alba ed alla sera”, prologo, “Qui! qui!… O fatidica foresta”, atto I
Sei romanze (1838): “Deh, pietoso, oh Addolorata”
Album di sei romanze (1845): “La zingara”, “Lo spazzacamino”
I Lombardi alla prima Crociata: “Qual prodigio!…Non fu sogno”, atto III
In collaborazione con LILT Parma Campagna Nastro Rosa di prevenzione del tumore al seno
Parma, 11 ottobre 2014
“Mariella Devia” e “belcanto” sono oggi sinonimi. E con buona ragione. In ogni frase di questa artista, venerata dagli addetti ai lavori come dal pubblico, si possono cogliere i valori estetici di una vera belcantista: attacchi immacolati, buona pronuncia, agilità cesellate, trilli eccellenti, messe di voce, libertà e rigore ritmico e soprattutto un legato perfetto, sorretto da fiati che paiono interminabili. Lo strumento tendenzialmente leggero ha portato la carriera della Devia lontano da Verdi. A Nannetta e Gilda si è aggiunta nel 1998 Traviata e nel 2001 Giovanna d’Arco, ma in concerto nulla le impedisce di portare il nitore della sua arte anche a questo autore, che estende, non sradica la vocalità di Donizetti e Bellini. Così, in questo recital a Parma di beneficenza per LILT Parma (associazione per la prevenzione del tumore al seno), i fan della Devia hanno potuto ascoltare, oltre alle scene di Giovanna d’Arco (“Sempre all’alba” e “O fatidica foresta”) anche la grande aria del Pirata (“Non so le tetre immagini”) e l’aria di Giselda dei Lombardi “Non fu sogno”), già in precedenza interpretate in concerto. Al celeberrimo bolero “Mercé dilette amiche” si è aggiunto invece per la prima volta (se non vado errato) anche “Arrigo, ah!, parli a un core”. Proprio quest’ultima novità mostra quale sia il grande (e probabilmente unico) limite della Devia: la mancanza di una vera voce di petto. Le note basse, che nel ruolo di Elena non sono episodici effetti speciali – come spesso accade ad esempio in Donizetti – ma fanno parte integrante delle frasi, sono costruite, poco sonore e soprattutto non collegate al registro centrale. Ciononostante la classe e il gusto della Devia sono sempre irreprensibili, come dimostrato anche nelle romanze da camera, dal bozzetto donizettiano “È la vita un mar d’affanni”, cantato in maniera impeccabile, alla simpatia (sì, può essere anche simpatica la Devia – a modo suo) dello Stornello o dello Spazzacamino. Il pubblico entusiasta oltre ogni immaginazione ha tributato infiniti omaggi alla diva: molti fiori (un mazzo regalato dal soprano Olga Peretyatko, venuta ad apprendere dalla maestra) e moltissimi applausi ed esternazioni verbali di affetto (“Sempre meravigliosa!”, “Grazie!”) ed è stato ripagato da ben tre bis: un’inarrivabile “Casta diva”, un “Adieu, notre petite table” (da Manon di Massenet) toccante nella sua disarmante semplicità e un introspettivo “Addio del passato”.