Ravenna, Teatro Alighieri, Trilogia d’Autunno
“TRITTICO ‘900”
“CHOPINIANA”
Musica di Frédéric Chopin (suite per pianoforte, dirette da Alexander Glazunov e Maurice Keller)
Coreografia Michail Fokin versione di Agrippina Vaganova
Ideazione scene Michail Fokin dalle bozze originali di Orest Allegri
KSENIA OSTREYKOVSKAYA, YEKATERINA CHEBYKINA, NADEZHDA BATOEVA, YEVGENY IVANCHENKO
“APOLLO”
Balletto in due scene
Musica e libretto di Igor’ Stravinskij
Coreografia George Balanchine (1928) ripresa da Francia Russell
Lighting design originale Ronald Bates
Luci Vladimir Lukasevic
Apollo XANDER PARISH
Tersicore KRISTINA SHAPRAN
Calliope DIANA SMIRNOVA
Polimnia NADEZHDA BATOEVA
Latona EKATERINA MIKHAILOVTSEVA
“RUBIES”
Seconda parte del balletto Jewels
Musica di Igor’ Stravinskij (Capriccio per Pianoforte e Orchestra, 1929)
Coreografia George Balanchine (1967)
Allestimento Karin von Aroldingen, Sarah Leland, Elyse Borne e Sean Lavery
Scene Peter Harvey (1967)
Costumi originali Karinska (1967)
Costumi Holly Hines
Lighting design originale Ronald Bates
Luci Perry Silvey
Prima interprete VIKTORIA TERESHKINA
Secondo interprete KIMIN KIM
Terza interprete SOFYA GUMEROVA
Balletto del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo
Orchestra Giovanile del Teatro Mariinskij
Direttore Boris Gruzin
Ravenna, 4 ottobre 2014
Il ‘900 ha davvero prodotto danza eccezionale: e qualcuno potrebbe dire che non è poi un gran scoperta. Ma, in fin dei conti, quella offerta in questi giorni al Teatro Alighieri di Ravenna grazie al Balletto del Teatro Mariinskij è una (ri)scoperta a tutti gli effetti. Ne spieghiamo brevemente il motivo. Per quanto aumentino gli studi sulla danza (e quindi la conoscenza della storia della danza) e per quanto il fenomeno di YouTube e delle proiezioni cinematografiche consentano una fruizione della danza in maniera ecumenica, il ballo teatrale rimane uno spettacolo da fruire per sua natura in teatro. E chi pensa di potersi fare una cultura, ad esempio, su George Balanchine o Jerome Robbins limitandosi ai video… resterà deluso, visti i veti e le limitazioni imposte dalle fondazioni che ne tutelano i diritti. Il problema di una coreografia va di pari passo con la sua sopravvivenza e i suoi interpreti: se in Italia nessuna compagnia o corpo ballo riprende determinati lavori, la conoscenza dello spettatore rimane giocoforza incidentale. Nella serata ravennate dedicata al ‘900, la compagnia del Mariinskij pone a confronto due autori figli della stessa scuola ma che si imporranno per i rinnovamenti apportati a partire dalla danza accademica: Michail Fokine e George Balanchine. Ce la propone una compagnia notoriamente ‘madre del balletto’, famosa per i suoi interpreti e depositaria delle coreografie che, stratificatesi nel corso del tempo non senza l’apporto di aggiunte tagli e modifiche, ha custodito e proposto poi a tutto il mondo.
Di Michail Fokine (1880 – 1942) si parla un po’ poco. Famoso per lo più per essere stato messo da parte da Djagilev che gli preferì l’estro di Nižinskij, resta celebre per alcuni titoli presenti nel repertorio di svariate compagnie: Les Sylphides, le ‘danza polovesiane’ de Il principe Igor’, Le spectre de la rose, Carnaval, L’Oiseau de feu, La morte del cigno e Petruška. Il recente ‘revival’ di studi, nati anche in forza dell’anniversario dei Ballets Russes, ha consentito però una conoscenza più ampia di questo autore: gli scritti (ampliati e curati dal figlio) che lo hanno accompagnato tutta la vita, in una continua tensione tra vecchio e nuovo (Fokine non fu propriamente lusingato di vedere il suo nome accanto a quello di Isadora Duncan e Vaslav Nižinskij nel leggere Il vecchio e il nuovo balletto di André Levinson…) nonché nuove notazioni coreografiche (come per Les Sylphides e l’Uccello di fuoco).
Chopiniana (titolo ancora oggi preferito in Russia a Les Sylphides) è stata per l’appunto la pagina di apertura di Trittico ‘900. Ideato inizialmente come sequenza di danze di carattere ancorché impreziosite da un quadro accademico, Les Sylphides è divenuto il capofila dei ‘balletti astratti’: creato per essere danzato su musiche di Chopin e quindi non su musiche create ad hoc (come già con la Duncan), ancora oggi esprime al meglio un romanticismo retrospettivo o, forse sarebbe meglio dire, ‘modernizzato’. La danza appare come dettata dall’incedere della musica. Curioso osservare a questo proposito che Balanchine, interrogato sui referenti di Rubies, affermasse che la danza scaturiva semplicemente dalla musica di Stravinskij. Il corpo di ballo del Mariinskij è stato eccellente nell’aderenza agli stilemi fokiniani: dall’inclinazione laterale del busto ai port de bras che riverberano all’infinito l’atmosfera notturna del balletto. Bravi gli interpreti Xenia Ostreykovskaya, Nadezhda Batoeva, Yekaterina Chebykina, Yevgeny Ivanchenko.
Di George Balanchine (1904 –1983) abbiamo parlato spesso. Inutile ripetersi. Basti ricordare che Apollo rappresenta un labor limae – in un perenne tentativo di asciugarne la costruzione – durato dal 1928 fino al 1979. Il Balletto del Teatro Mariinskij porta in scena la versione del 1928, comprensiva quindi del prologo che narra la nascita di Apollo. La Compagnia può fare affidamento su un grande Apollo: Xander Parish. Il primo artista britannico ad essere ammesso nel leggendario corpo di ballo di San Pietroburgo – diventandone secondo solista nel 2014 – ha davvero tutto: splendida presenza, tecnica e capacità di accento, piedi e gambe stupendi. È un piacere guardare questo giovane dio muoversi dapprima incerto e un po’ goffo per farsi poi perno trainante delle sue tre muse. In luogo della prevista Olga Esina si è esibita l’ottima Kristina Shapran nei panni di Tersicore; bene la Calliope di Diana Smirnova come la Polimnia di Nadezhda Batoeva.
Il Trittico è stato chiuso da Rubies, la seconda parte di Jewels di George Balachine. Mr. B contro Mr. B; il Balanchine del 1928 a confronto con quello del 1967; il balletto breve a confronto con un estratto del balletto ‘a serata intera’; il balletto ispirato ad un soggetto contro quello non narrativo. Del fatto che Jewels faccia gola ai più blasonati corpi di ballo abbiamo già accennato anche in occasione della ripresa scaligera del titolo. E il Mariinskij non poteva sottrarsi all’appello, immortalando anche una ripresa del titolo in DVD. I ‘rubini’ sono quasi sempre i pezzi più difficili da ‘incastonare’ nel complesso diadema balanchiniano. L’ensemble se la cava però egregiamente: all’interno della coppia principale, spicca Viktoria Tereshkina ben affiancata da Kimin Kim. Molto bene Sofia Gumerova nell’impervia parte della solista, puntellata da continui off-balance.
L’accompagnato musicale dell’Orchestra Giovanile del Teatro Mariinskij guidata da Boris Gruzin è stato funzionale.
Mario Porcile amava ripetere che nella vita non bisogna mangiare solo patate: ogni tanto occorre concedersi anche il caviale. E il caviale che produce il Mariinskij è a tutt’oggi eccellente. Foto Silvia Lelli