Verona, Teatro Filarmonico, Il Settembre dell’Accademia 2014, XXIII Edizione
Czech Philharmonic Orchestra
Direttore Jiří Bělohlávek
Pianoforte Behzod Abduraimov
Bedřich Smetana: “La Moldava”, poema sinfonico
Pëtr Il’c Čajkovskij: Concerto per pianoforte e orchestra n. 1
in Si bemolle minore Op. 23
Antonín Dvořák: Sinfonia n. 9 in Mi minore Op. 95 “Dal Nuovo Mondo”
Verona, 19 Settembre 2014
Finora la più grande sorpresa della stagione del “Settembre” musicale dell’Accademia Filarmonica di Verona. Si tratta della Czech Philharmonic Orchestra che sotto la direzione di Jiří Bělohlávek ha proposto un programma piacevole e che potremmo definire accessibile, composto di pagine che –fosse esistita anche allora – nel diciannovesimo secolo avrebbero di certo fatto parte della hit parade anni ’80 – ’90. I più scettici vedevano nel proporre un programma così “piacione” il tentativo di ottenere un successo scontato, ma la smentita non ha tardato ad arrivare.
Ha aperto il programma Vltava, poema sinfonico noto internazionalmente come Die Moldau o La Moldava, in assoluto il brano più noto del compositore ceco Smetana. Bělohlávek ne ha offerto una lettura scorrevole e non appesantita dal troppo sentimentalismo che spesso rischia di storpiare i temi straconosciuti come quello in questione, il gesto mai magniloquente ma costantemente incalzante ha definito con chiarezza il costante crescendo dell’intensità della pagina. L’orchestra ha vissuto l’esecuzione con il carattere di chi sente tale musica come profondamente propria, come fosse un inno nazionale, porgendo agli ascoltatori il celebre tema centrale come si trattasse di un oggetto delicatissimo e prezioso che colpito gradualmente dalla luce sprigiona tutta la sua bellezza. Un’esecuzione paradigmatica, che ha coinvolto tangibilmente il pubblico del Teatro Filarmonico.
A concludere la prima parte del programma l’altrettanto celebre Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 in Si bemolle minore Op. 23 di Čajkovskij con l’apporto solistico del giovane pianista uzbeko Behzod Abduraimov, fresco vincitore della London International Piano Competition. Abduraimov ha sfoderato un pianismo maturo e certamente all’altezza della pietra miliare con cui è andato a confrontarsi, risolvendone i virtuosismi in maniera impeccabile e noncurante. L’orchestra ha esposto il grandioso tema iniziale con ampio respiro e con la stessa lucentezza di cui sopra, asservendosi magnificamente alle esigenze del solista lungo il corso di tutti e tre i movimenti. Calorosissimo plauso al giovane interprete da parte dell’uditorio veronese, che ne accoglie le uscite sul palco con ripetute ovazioni.
Il concerto prosegue con il masterpiece per eccellenza della tradizione musicale boema, ciò che né è diventato la quintessenza: la Sinfonia n. 9 in Mi minore Op. 95 “Dal Nuovo Mondo” di Dvorák. Lungo il dispiegarsi dei quattro movimenti che la compongono molte sono le occasioni di apprezzare la sezione dei legni, sempre compatta e coesa nel definire le sfumature interpretative di Bělohlávek. Allo stesso modo gli ottoni, e i tromboni in particolare, non si lasciano mai andare a sonorità che privilegino la massa sonora rispetto alla qualità della frase musicale riuscendo a rendere efficacemente il carattere perentorio dei propri incisi senza scadere nella forzatura dei suoni. Se a questo si aggiunge una sezione archi capace di morbidissimi legati, di grande respiro di frase e allo stesso tempo di violente sferzate sonore quando richiesto dal gesto direttoriale, si ottiene ancora una volta un’esecuzione paradigmatica. A maggior ragione quando si tratta di repertorio arcinoto, la paura di assistere ad esecuzioni che non soddisfino l’idealizzazione che accompagna inevitabilmente tale notorietà è sempre in agguato, e quando questa è fugata in maniera così netta e indiscutibile non si può far altro che applaudire. Fragoroso dunque il successo di Bělohlávek e della Czech Philharmonic Orchestra. Foto Brenzoni