Commedia borghese in due atti con interludi sinfonici. Simone Schneider (Christine), Markus Eiche (Hofkapellmeister Robert Storch), Martina Welschenbach (Anna), Martin Homrich (Baron Lummer), Michael Dries (Notar), Maria Bulgakova (Notarin), Brenden Gunell (Kapellmeister Stroh), Marc Kungel (ein Kommerzienrat), Peter Schöne (ein Justizrat), Günter Missenhardt (ein Kammersänger), Sophie Mitterhuber (Resi), Brigitte Fassbaender (Sprechrotten). Münchner Rundfunkorchester, Ulf Schirmer (Direttore). T. Time 135’37.Registrazione eseguita il 1-8 giugno 2011 presso la Werdenfelsaal in occasione del Richard Strauss-Festivals 2011. 2 CD CPO 777 901-2 / 2014 Per l’ascolto della presente edizione vi rimandiamo all’approfondimento sull’opera curato da Riccardo Viagrande
“Intermezzo” è sicuramente fra le opere meno note e rappresentate di Strauss, le particolarità drammaturgiche, la fragilità del libretto – opera dello stesso Strauss e forse in assoluto il testo drammaturgicamente più debole messo in musica dal compositore – l’insolita struttura a quadri separati collegati fra loro da interludi sinfonici – secondo uno schema prossimo a quello applicato da Berg nel “Wozzeck” – non hanno certo garantito particolare fortuna ad un titolo non certo privo di valori musicali, prodotto della piena maturità artistica straussiana e forse miglior esempio di quell’opera di soggetto contemporaneo e borghese – la Zeitoper – venuta di moda in Germania negli anni successivi al primo conflitto mondiale. Altrettanto limitata è la documentazione discografica dominata dell’incisione in studio di Sawallisch del 1980. Per quanto quest’ultima sia destinata a restare per molti aspetti insuperata non si può che apprezzare la scelta della CPO di proporre una nuova incisione in modo da arricchire la documentazione disponibile. Registrata in occasione del Richard Strauss-Festivals del 2011 questa produzione non manca di interesse e di qualità pur risultando disomogenea nei suoi elementi. Il Richard-Strauss festival pur diretto da una leggenda del canto tedesco come Brigitte Fassbaender è una piccola manifestazione con limitati mezzi che gli impediscono di disporre di artisti di grande fama e tende ad affidarsi a giovani pieni di slancio e voglia di fare anche se non sempre al’altezza delle impervie richieste di molti ruoli straussiani.
Punto di forza di quest’incisione è sicuramente la parte orchestrale. Direttore straussiano di grande esperienza e qualità Ulf Schirmer offre infatti della partitura una lettura esemplare che per splendore sonoro e attenzione al dettaglio tanto espressivo quanto musicale non ha nulla da invidiare alla storica esecuzione di Sawallisch. Il direttore ha potuto giovarsi di una compagine orchestrale come la Münchner Rundfunkorchester che non solo è oggi una dei migliori complessi orchestrali sulla scena europea ma possiede un naturale e profondo legame con la musica del maestro bavarese confermandosi scelta ideale per questo repertorio.
La scrittura orchestrale straussiana è di estrema raffinatezza e gioca con somma maestria l’alternarsi di trasparenze quasi cameristiche – memori di certi passaggi dell’”Ariadne auf Naxos” – integrati da una presenza evidente ed insolita in ambito operistico del pianoforte a sontuose esplosioni sinfoniche come nel finale dell’opera. Schirmer evidenzia benissimo questa poliedrica natura della scrittura musicale, esaltando al meglio i piccoli dettagli dei brani cameristici e lasciando cantare l’orchestra nei momenti opportuni con un abbandono melodico ed una cantabilità che non possono lasciare indifferenti. I momenti più riusciti dell’incisione sopra proprio gli interludi sinfonici in queste caratteristiche della direzione emergono con maggior chiarezza, uno fra tutti quello fra la prima e la seconda scena del primo atto in cui in vero si percepisce l’atmosfera tersa e pungente di certe giornate serene d’inverno e lo scivolare dei pattini delle slitte sulla neve.
Il cast vocale non è purtroppo non è altrettanto omogeneo e all’altezza della direzione pur facendosi apprezzare per impegno e professionalità. Fortunatamente nel ruolo della protagonista troviamo una cantante di notevoli qualità come Simone Schneider, vera rivelazione almeno per l’ascoltatore italiano. La parte di Christine è stata scritta per la grande Lotte Lehmann soprano lirico nella valenza wagneriana del termine capace di unire un timbro luminoso e squillante con una notevole solidità e presenza vocale che non ha caso hanno fatto di lei l’interprete ancora di riferimento per ruoli come Sieglinde. Pur senza le qualità superiori della Lehmann Simone Schneider appartiene alla medesima tipologia vocale, dotato di una voce decisamente bella nella sua luminosità lirica ma anche solida e corposa con acuti pieni di suono e gravi sicuri regge vocalmente molto bene la parte fino alle facilissime salite all’alta tessitura del duetto finale. A ben vedere non c’è quella naturalezza che il canto di conversazione dovrebbe avere né la leggerezza e o la malizia ironica e aristocratica che rendevano unica la Christine di Lucia Popp ma è sempre un piacere ascoltare una voce così sana e presente e ci si augura di avere occasione di poterla risentire in altri ruoli.
Nel ruolo del marito Robert Storch, l’alter-ego teatrale dello stesso Richard Strauss, troviamo il baritono Markus Eiche cantante che si sta facendo una buona fama soprattutto come interprete wagneriano. La voce è sicuramente rilevante e seppur non personalissima non è priva di una propria attrattiva così come estremamente corretta è la linea di canto con acuti sicuri e ottima intonazione anche nei momenti più impegnativi. Quello che convince meno è il versante espressivo, ovviamente non si poteva chiedere la giovane cantante la ricchezza espressiva che al ruolo ha saputo dare Fischer-Dieskau ma allo stesso tempo si sarebbe gradita un’interpretazione meno monocorde del ruolo. Vero cha il primo interprete della parte Joseph Correck era un apprezzato Wotan e che certi momenti ricordino una caricatura in chiave borghese di certi snodi del Ring ma l’accento di Eiche appare in ogni caso eccessivamente eroico e stentoreo per la bonaria figura di Storch. Piuttosto debole il tenore Martin Homrich nel ruolo del Barone Lummer. Non solo la sua voce è troppo drammatica per il ruolo ma la voce pur non priva di potenza è ben poco piacevole come timbro e colore e spesso forzata. L’interprete è poi abbastanza generico ed ha ben poco dell’insinuante doppiezza che è il tratto essenziale del personaggio. Brava la Anna ben cantata e molto musicale di Martina Welschenbach e molto ben caratterizzate le numerose parti di fianco che contribuiscono insieme al rigore della direzione ad un’ottima riuscita della scena iniziale del II atto – per i singoli interpreti si rimanda alla locandina – inoltre va segnalata la breve apparizione di Brigitte Fassbaender che pur nelle sue poche frasi sfoggia ancora un carisma di rara efficacia.