Verona, Teatro Romano, Estate Teatrale Veronese 2014
“MEDEA”
Balletto tratto dall’opera omonima su Libretto e musica di Mikis Theodorakis da Euripide
Coreografia Renato Zanella
Medea TERESA STRISCIULLI
Glauce SCILLA CATTAFESTA
Giasone ANTONIO RUSSO
Egeo EVGHENIJ KURTSEV
Creonte PIETRO OCCHIO
Messaggeri MARCO FAGIOLI, IVAN PICCIOLI, MASSIMO SCHETTINI
Donne di Corinto ANNALISA BARDO, FEDERICA CRISTOFARO, CARMEN DIODATO, SARA LIPPI, ANNAMARIA MARGOZZI, MARTA MARIGLIANI, ELISA MAZZOLI, RINA MONTANARO, VINCENZA MILAZZO, YASMINE MECHERGUI, ADRIANA PAPPALARDO
Primi ballerini, Solisti e Corpo di ballo della Fondazione Arena di Verona
Principali interpreti vocali: Emilia Titarenko (Medea), Nikolai Ostrofsky (Giasone), Peter Migounov (Creonte)
Orchestra Sinfonica dell’Accademia di San Pietroburgo, Coro “Glinka” di San Pietroburgo.
Direttore Mikis Theodorakis
Verona, 13 agosto 2014
La rassegna di danza dell’Estate Teatrale Veronese ha visto come ultimo spettacolo Medea di Renato Zanella su brani tratti dall’opera omonima di Mikis Theodorakis: protagonista la compagnia del Balletto dell’Arena di Verona. Contrariamente a quanto accade nei festival estivi, in cui vengono solitamente riproposti lavori già ‘collaudati’, ci troviamo di fronte ad una prima nazionale. Il soggetto di Medea, vuoi per i contenuti vuoi per la forma, all’interno delle produzioni di danza non ha mai trovato terreno particolarmente fertile: la versione più celebre può essere forse considerata quella di Birgit Cullberg del 1950 su musiche di Béla Bartók. Il lavoro ha poi vissuto di una certa notorietà (visto anche in Italia, nell’ormai defunto Festival del Balletto di Nervi), anche grazie alle riprese di prestigiose compagnie come il Balletto Reale di Svezia e il New York City Ballet.
Come abbiamo già accennato, Renato Zanella si rifà invece all’opera di Mikis Theodorakis, composta – secondo le parole del compositore greco – in onore di Giuseppe Verdi. Il racconto prende inizio da Medea che compare in scena ad infanticidio già avvenuto: avvolta in una tunica bianca macchiata di sangue sul petto, la principessa della Colchide narra poi la propria vicenda alle donne di Corinto. La coreografia è ben strutturata e altrettanto ben pensataper l’organico veronese: la forma privilegiata è quella del duetto – in cui spicca per bellezza compositiva quello tra Giasone e Glauce – con pochi momenti d’insieme, focalizzando l’attenzione sulle interrelazioni fra i vari personaggi. Viene dato ovviamente grande risalto al personaggio di Medea. La figura della maga viene coinvolta in diversi duetti ma viene spesso confinata su una sedia, in sequenze che ricordano alcuni lavori di Pina Bausch dove l’artista, seduto, sembra interrogare se stesso e il pubblico. Gli oggetti scenici che connotano i protagonisti sono sempre pochi ma molto chiari: ci soffermiamo un attimo su quelli di Medea. Il primo è un lavoro a maglia, ad indicare una condizione domestica che non può appartenere alla discendente del dio Sole, chiamata a ben altri offici. Il secondo sono due ciotole con cui Medea sembra mescere sale o forse sabbia (qui il pensiero va direttamente alla ‘torrida’ Medea di Pasolini e alla famosa scena in cui Maria Callas stringe con violenza i pugni nella sabbia), gli strumenti che le serviranno per fabbricare la veste destinata ad uccidere Glauce, promessa sposa di Giasone. Al termine del balletto, le donne di Corinto appaiono su un praticabile sopraelevato tenendo in mano le ciotole e versandone su Medea il contenuto: la colpa di Medea sembra così ricaderle addosso ma moltiplicata. La scena finale vede la protagonista rivestita dell’iniziale tunica bianca macchiata di sangue sedersi su una barca, ricomporsi i capelli e volgere un ultimo fierissimo sguardo in direzione pubblico: la storia è pronta per ricominciare.
Ottima la prova della Prima Ballerina areniana Teresa Strisciulli (Medea), in una parte comunque lunga e che prevede scarti di registro che vanno dal lirico al tragico; la fisicità mediterranea e i lineamenti del volto così marcati non possono poi che conferire ulteriore fascino alla figura della principessa-maga. Degno contraltare femminile della protagonista è stata la Glauce di Scilla Cattafesta, fasciata in un costume color oro – quasi una Bond girl – e giocata su un fraseggio più lirico e seducente. Adeguati gli interpreti maschili: il Giasone di Antonio Russo, l’Egeo di Evghenij Kurtsev e il Creonte di Pietro Occhio. Una coreografia che meriterebbe senz’altro di essere ripresa, magari all’interno della stagione invernale del Teatro Filarmonico. Come già rilevato in occasione di Barocco Remix, questo dovrebbe essere il repertorio abituale del Balletto dell’Arena di Verona: coreografie ‘in grado di dire qualcosa’ ma, soprattutto, adatte al Corpo di ballo. L’arrivo di Renato Zanella ha contribuito notevolmente all’immagine di una Compagnia meno polverosa e più dinamica: ci auguriamo che il percorso intrapreso continui su questa linea, lasciando da parte per ora il balletto ottocentesco anche se rivisto e rimaneggiato. Applausi per tutti; molto festeggiata la protagonista Teresa Strisciulli. Foto Ennevi per Fondazione Arena di Verona