Christoph Willibald Gluck: “Ezio”

Christoph Willibald Gluck (Erasbach, 2 luglio 1714 – Vienna, 15 novembre 1787)
La produzione di Gluck precedente al 1762, alla volta rappresentata dalla collaborazione con De Calzabigi e al progetto di rifondare le basi drammaturgiche del dramma in musica sul modello di quella che si pensava essere la tragedia classica rientra pienamente nella produzione dell’opera seria che caratterizzava la produzione europea nei decenni a cavallo della metà del XVIII e la stessa esperienza umana e artistica di Gluck corrisponde al modello del compositore itinerante fra le corti e teatri europei canonico in quei decenni e dal quale il maestro bavarese potrà svincolarsi solo con la stabilizzazione alla corte di Vienna, condizione preliminare e necessaria per quel progetto di radicale riforma che li potrà finalmente venire alla luce.    L’”Ezio” rappresenta uno dei risultati più compiuti della produzione pre-riforma di Gluck e mostra chiaramente come all’epoca il compositore fosse ancora parte integrante del gusto e degli schemi compositivi canonici. Composto per il Teatro Nuovo di Praga nel 1750 questo si richiama alla tradizione fin dalla scelta del testo che vede la ripresa di un libretto scritto dal Metastasio nel 1728 per il Teatro Grimani di San Giovanni Grisostomo a Venezia dove era andato in scena con musica di Nicola Porpora e che in seguito era stato riutilizzato da numerosi compositori fra cui Haendel che aveva portato in scena una sua versione dell’opera a Londra nel 1732.
Gli interventi praticati da Gluck sul testo sono minimi e non modificano sostanzialmente né la drammaturgia né la versificazione dello stesso. Rispetto alla stesura originaria si assiste ad una riduzione e semplificazione dei momenti secondari in modo da concentrare il dramma sugli snodi fondamentali – si veda in apertura l’eliminazione della scena iniziale prevista dal libretto in modo da far coincider l’inizio dell’opera con l’entrata di Ezio la cui marcia trionfale si lega direttamente all’ouverture senza soluzione di continuità – alla soppressione di alcune arie, all’aggiunta di un terzetto alla fine del II atto per venire incontro all’evoluzione del gusto del pubblico e ad alcune modifiche della versificazione in modo da poter adattare il testo a musiche già composte che si intendeva riutilizzare. L’opera si organizza tutta sull’alternanza fra arie e recitativi, fatto salvo il già citato terzetto, non vi sono pezzi d’assieme e non è prevista la presenza del coro ma tutto punta a mettere in evidenza le doti dei solisti a disposizione di Gluck nell’occasione.
La musica è in gran parte composta appositamente per l’occasione ma si assiste ad un nuovo utilizzo e al riadattamento di brani provenienti da un precedente lavoro, la festa teatrale “La contesa dei Numi” andata in scena l’anno precedente a Copenaghen e totalmente sconosciuta al pubblico praghese. L’opera ottenne un trionfale successo di cui resta una eco nelle dozzine di parodie latine delle arie oggi conservate negli archivi ecclesiastici di Praga che testimoniano la popolarità immediatamente ottenuta da molti brani di quest’opera.
Il trionfale successo praghese e la profonda fiducia che Gluck nutriva in quest’opera giustificano la scelta di recuperare l’”Ezio” al Burgtheater di Vienna nel 1763. In quell’occasione l’opera fu sottoposta ad una drastica revisione, venne espunta l’aria “Se povero il ruscello” forse il momento musicalmente più alto della versione praghese e che lo stesso Gluck aveva già recuperato nel 1762 nell’”Orfeo ed Euridice” e quindi già nota al pubblico viennese mentre si aggiungono ben sette arie e alcuni numeri corali in gran parte provenienti da “Il trionfo di Clelia” composta l’anno precedente per Bologna e totalmente sconosciuta a Vienna.
La registrazione
Attualmente sono in commercio tre edizioni discografiche dell‘Ezio, tutte realizzate tra  il 2008 e il 2010. La nostra scelta è caduta su quella edita dalla Virgin Classics e che presenta il cast più omogeneo e convincente.
“EZIO”
Dramma per musica in tre atti, su libretto di Pietro Metastasio.
Prima rappresentazione, Kotzentheater (Teatro Nuovo), Praga, 1750
Valentiniano III, Imperatore, amante di Fulvia Max Emanuel Cencic (controtenore)
Fulvia, figlia di Massimo, patrizio romano, amante e promessa sposa d’Ezio Anna Hallenberg (mezzosoprano)
Ezio, generale dell’armi cesaree, amante pure di Fulvia Sonia Prina (contralto)
Onoria, sorella di Valentiniano, amante occulta di Ezio Mayuko Karasawa (soprano)
Massimo, patrizio romano, padre di Fulvia, confidente e nemico occulto di Valentiniano Topi Lehtipuu (tenore)
Varo, prefetto de’ pretoriani, amico d’Ezio Julian Prégardien (tenore)
Il Complesso Barocco
Direttore Alan Curtis
Live recording,  Théâtre de Poissy, 18 dicembre 2008
Qui il libretto dell’opera
La Trama – Atto I
Roma 454 d.C., il generale romano Flavio Ezio (contralto) rientra in città dopo aver sconfitto gli unni di Attila accolto trionfalmente dal popolo e dall’imperatore Valentiniano III (“ Se tu la reggi al volo”). Al termine della parata trionfale Ezio incontra Fulvia (mezzosoprano), figlia del patrizio Massimo  (tenore) consigliere di Valentiniano, l’occasione permette ad entrambi di dar spazio ai propri sentimenti d’amore reciproco (“Pensa a serbarmi, o cara”). L’eroe è però al centro di trame e congiure da parte dei suoi nemici di corte. In particolar modo il patrizio Massimo trama contro di lui e ordisce per farlo ingiustamente accusare di tradimento. La figlia cerca di difendere il generale (“Caro padre, a me non dei”) ma Massima minaccia di ripudiarla se essa rivelerà qualche cosa della trama che si sta ordendo.
Nel frattempo lo stesso Valentiniano (contralto)agisce nell’ombra contro Ezio, teme il favore popolare nei confronti del generale e pensa di farlo sposare alla sorella Onoria (soprano) in modo da poterlo meglio controllare sfruttando il sentimento che questa nutre per Ezio (“ Quanto mai felici siete”) e che aveva confessato a Varo (tenore), amico di Ezio e prefetto del pretorio. Interrogata dall’imperatore sulla possibilità del matrimonio con la sorella Ezio rifiuta dichiarando il proprio amore per Fulvia e attirando ancor più su di se i sospetti dello stesso Valentiniano la cui apparente benevolenza (“ So chi t’accese”) crea un clima di ulteriore tensione. L’atto si chiude con l’incontro fra le due donne, entrambe tremanti per la sorte dell’uomo amato (“Finché un zeffiro soave”).
Atto II
Massimo attenta alla vita di Valentiniano che però sfugge alla congiura; il patrizio decide a quel punto di accusare Ezio facendo ricadere su lui tutta la colpa di quanto accaduto. Fulvia che è a conoscenza di tutto vorrebbe svelare la verità ma le iterate minacce del padre stroncano in lei ogni capacità d’azione (“Va’ dal furor portata). La ragazza cerca almeno di convincere Ezio a fuggire ma questi rifiuta certo della sua innocenza, giunge Varo con l’ordine di disarmare Ezio e condurlo al palazzo. Il prefetto cerca allora di convincere Fulvia a sposare Valentiniano innamorato di lui in modo da poter cercare in quel modo di salvare la vita ad Ezio, la ragazza è combattuta fra il suo amore e la necessità di sacrificarlo per salvare la vita all’amato.  A palazzo Massimo cerca in ogni modo di spingere Valentiniano contro Ezio; trascinato di fronte all’imperatore viene interrogato ma credendosi tradito da Fulvia rifiuta di difendersi (“Ecco alle mie catene”); Fulvia confessa allora il suo amore per Ezio e la sua scelta di sposare Valentiniano solo per salvare l’amato scatenando ancor più l’ira dell’imperatore.
Atto III
Ezio è in carcere, qui viene raggiunto da Onoria che inutilmente cerca di convincerlo a sposarla cos’ da salvarsi la vita, la ragazza cerca quindi di convincere il fratello a concedere la grazia (“Peni tu per un’ingrata”) ma questi appare irresolubile. Valentiniano chiama quindi Varo comunicandogli che fingerà di graziare Ezio ma che poi lui dovrà ucciderlo ugualmente. Ezio viene condotto di fronte a Valentiniano che gli concede il perdono ma l’atmosfera resta satura di tensione. Poco dopo Varo annuncia l’uccisione di Ezio da parte della guardia pretoriana suscitando la gioia dell’imperatore e lo sgomento in Fulvia.
Entra Onoria che da un congiurato ferito ha avuto conferma dell’innocenza di Ezio ma non è riuscita a sapere dati maggiori sulla congiura, Valentiniano è preda dei sensi di colpa per aver voluta la morte dell’innocente generale (“Per tutto il timore”).
Massimo tenta di placare la figlia per evitare che in preda alla disperazione riveli la verità a Valentiniano (“Tergi l’ingiuste lagrime”) mentre la ragazza vittima di contrastanti passioni è sul punto di perdere il senno travolta dalle passioni contrastanti (“Ah non son io che parlo”).
A quel punto tutta la situazione viene a ricomporsi, le colpe di Massimo vengono scoperte, Varo riporta in scena Ezio, il prefetto non l’ha ucciso ma nascosto certo della sua innocenza e le preghiere di tutti spingono Valentiniano a perdonare i congiurati. L’opera si chiude in un tripudio generale. L’esecuzione presentata è di livello decisamente alto e permette di apprezzare le qualità di un’opera che pur strettamente legata al suo tempo non manca di interesse né di meriti musicali. Esperto conoscitore di questo repertorio Alan Curtis presenta una lettura stilisticamente molto puntale e di gradevolissimo ascolto. Alla guida del suo Il complesso barocco il direttore inglese opta per una lettura molto musicale con una preferenza per sonorità luminose e trasparenti e per un tono espressivo che potremmo già definire classico lasciando maggior spazio al gusto barocco per l’effetto solo nei brani dal carattere più mosso e violento. Il canto è accompagnato con intelligenza e la direzione non si mette mai contro le necessità dei cantanti, va inoltre riconosciuta a Curtis una grande attenzione per i recitativi e per la loro valenza espressiva aiutato in questo da un cast che pur molto differenziato come provenienza geografica dimostra di possedere un’ottima facilità con la lingua italiana e le sue specificità espressive. L’opera non da molti momenti di visibilità agli esecutori orchestrali – di fatto vi è solo l’ouverture in tre movimenti di gusto tipicamente italiano cui si unisce direttamente la marcia che accompagna il ritorno vittorioso di Ezio – ma le qualità stiliste e musicali del complesso emergono chiaramente in ogni caso.
Sonia Prima è uno splendido protagonista. La parte di Ezio è estremamente ricca di possibilità espressive – pur prevalendo un tono nobile ed eroico il personaggio presenta una grande varietà di espressioni – ma richiede una cantante dotata di ottime doti vocali e di aplomb stilistico non indifferente e la Prina possiede entrambe le caratteristiche. Voce solida, corposa, ricca di suono nel registro grave ma anche capace di salire con sicurezza in quello acuto, facilità del canto di coloratura e notevoli capacità espressive l’hanno resa una delle figure di maggior spicco dell’attuale panorama barocco e la presente incisione ne conferma i meriti. L’aria di entrata “Pensa a serbarmi, o cara” (Atto I, scena 2) con il suo carattere sentimentale giocato in contrasto con il tono eroico della marcia introduttiva fa emergere soprattutto l’elemento espressivo mentre la successiva “Se fedele mi brama il regnante” (Atto I, scena 8) riporta il personaggio alla sua dimensione eroica e richiede alla cantante notevoli doti virtuosistiche. Punto culminante del personaggio è la complessa aria del II atto “Ecco alle mie catene” (Atto II, scena 9) uno dei momenti in cui è più evidente la successiva evoluzione della musica gluckiana. Preceduta da un intenso recitativo accompagnato l’aria si caratterizza per continui passaggi espressivi che evocano i continui passaggi emozionali del personaggio e in cui la vocalità passa repentinamente dal’abbandono melodico a violente accensioni di furore che il canto esprime con rapidi passaggi di coloratura, principalmente di forza, e va riconosciuto alla Prina di essere stata in grado di risolvere al meglio entrambe le componenti nonché a costruire un autentico personaggio.
Di fronte all’Ezio della Prima sta il Valentiniano di Max Emanuel Cencic. Personalmente non amo particolarmente le voci dei controtenori oltre a ritrovarle storicamente improprie in questo repertorio in quanto la prassi del tempo prevedeva in assenza di castrati l’uso di cantanti donne – restando all’”Ezio” nell’edizione londinese di Haendel la parte di Valentiniano fu affidata ad Anna Bargnolesi – ma in questo caso la scelta mi sembra più condivisibile. In primo luogo questo personaggio  è lontano dalla natura eroica di molti ruoli barocchi per castrato, siamo invece di fronte ad un carattere dominato dalla fragilità e dall’insicurezza che possono esplodere nella durezza se non nella ferocia ma dove anch’esse sono in realtà frutto da una sostanziale insicurezza, in quest’ottica la voce del controtenore contribuisce a creare questa immagine di indefinitezza, inoltre Cencic canta molto bene, la voce ha – per questa tipologia vocale – corpo, una linea vocale molto curata e di grande musicalità così come molto buono è il bagaglio prettamente tecnico. Brani come “Dubbioso amante” (Atto II, scena 2) – una delle arie ripresa da “La contesa dei Numi” –  dall’ andamento dialogico e le contrastanti emozioni o “Per tutto il timore” (Atto III, scena 8 )con la sua costruzione così ricca di futuri sviluppi nell’impianto quasi parlante e nel formarsi dell’aria quasi come naturale espansione del recitativo,  sono resi da Cencic non solo in modo musicalmente compiuto,  ma anche con un livello espressivo curato e puntuale.
Nella parte di Fulvia troviamo Ann Hallenberg, cantante svedese specialista assoluta di questo repertorio e capace di muoversi con sicurezza fra la vocalità di mezzosoprano e quella di soprano, caratteristica che ne fa l’interprete ideale per il ruolo caratterizzato da una tessitura particolarmente ampia con frequenti discese nel settore grave e repentine salite in acuto spesso accompagnate da non facili passaggi di coloratura caratteristiche che la Hallenberg possiede naturalmente unite ad un temperamento ideale per una figura spesso estrema nelle sue reazioni emotive. Gluck presenta progressivamente il ruolo affidandole all’inizio solo un’aria in stile parlante “Caro padre, a me non dei” (Atto I, scena 3) in modalità minore per poi chiamarla a chiudere l’atto con una grande aria di spiccato carattere virtuosistico “Finche un zefiro soave” (Atto I, scena 10) che rende al pieno il carattere musicale del personaggio fino al culmine rappresentato dall’aria di furore “Ah, non son io che parlo” (Atto III, scena  10) di non comune forza espressiva e che anticipa modalità vocali ed espressive che saranno ripreso da Mozart per l’Elettra di “Idomeneo”.
Il  perfido Massimo è impersonato da Topi Lehtipuu tenore finlandese di grande musicalità e di non comune intelligenza espressiva che in questi anni si è affermato come una delle voci tenorili più interessanti nel repertorio compreso fra il madrigalismo tardo-manierista e l’opera mozartiana e che con le sue innegabili doti interpretative tratteggia al meglio questa figure losca e viscida che ricorda quasi uno Jago in versione barocca. Il personaggio è poi destinatario del momento forse più ispirato dell’opera, la splendida “Se povero il ruscello” (Atto I, scena 5) di cui Gluck si ricorderà nel 1762 quando la riprenderà per esprimere l’incanto di Orfeo alla visione dell’Elisio “Che puro ciel”. Completano il cast l’Onoria del soprano giapponese Mayuko Karasawa dal timbro morbido e luminoso e il Varo di Julian Prégardien figlio del grande liederista Christoph che dal padre ha ereditato il senso della parola e la finezza dell’esecuzione come si può apprezzare anche in quest’edizione nell’unica aria del personaggio “Nasce al bosco in rozza cuna” (Atto II, scena 7) di sapore arcadico e pastorale. Un’opera sicuramente interessante storicamente e godibile musicalmente ma ben lontano dallo stato di capolavoro ma lo fa con una qualità esecutiva rimarchevole e appare difficile fare meglio in un titolo come questo.