Teatro Nuovo, Milano – Stagione Teatrale 2013-2014
“FOREVER CRAZY”
Crazy Horse, Paris
Milano, 13 luglio 2014
Magnifique! Quando ho saputo che il Crazy Horse sarebbe stato per la prima volta in Italia al Teatro Nuovo di Milano ho pensato a un sogno che si avverava; poi ho pensato a quanto sia stato avanti nei tempi il creatore, Alain Bernardine, quando decise di elevare lo streap tease su di un vero palcoscenico, evidenziando o accentuando l’aspetto erotico della gestualità e della danza. Era soltanto questione di angolazione, perché la carne rimane pur sempre carne, ma la nudità diventa padrona di ogni pezzo coreografico, una nudità che esalta lo splendore della donna e rimarca una verità assoluta ed eterna: che la donna stessa sia una delle opere perfette della natura. Monsieur Bernardine lo aveva capito bene, sessantatré anni fa.
Tutto lo spettacolo si sviluppa in formato cinemascope, creando così una prima illusione, cioè che le donne sul palco siano altissime (in realtà sono abbastanza alte, obbedendo alle misure richieste per far parte della compagnia, ma la visione concentrata e lo riempirsi di tutta la scatoletta teatrale esalta ancora di più l’altezza naturale dei corpi).
La serata inizia con un breve filmato in bianco e nero del backstage, in stile Anni Sessanta, e le ballerine vengono presentate: Gloria di Parma (l’unica italiana per il momento nel cast), Rosa Fumetto, Loa Vahina, Rosa Chicago, e si continua con una sequenza di nomi d’arte, che accentuano la magia dell’atmosfera. La musica è quasi interamente in stile Anni Trenta/Quaranta, a eccezione di pochissimi brani (come Toxic). Stupendi quasi tutti i numeri, le idee, e in particolare le luci: il mondo del Crazy è creato per la luce, sempre all’altezza giusta, nei toni e nei colori adeguati, con una dinamica sempre viva: la luce stessa balla sul palco. Una carrellata dei numeri più belli. Peek a Boo: bellissima coreografia, con una trovata geniale, perché le ballerine danzano nude per rivestirsi alla fine (è il rovesciamento dello streap tease), con tuniche greche trasparenti. Rosa Chicago: la pantera, protagonista di un pezzo modificato rispetto alla versione originale in funzione del tour (avrebbero dovuto essere due le donne-feline; qui era una sola, ma bastava a raggiungere tutto l’effetto). Geniale anche il numero in cui, appoggiate alle sedie, le ragazze muovono unicamente le gambe: è un riflesso della modalità con cui molti uomini pensano alle donne.
Tutto l’erotismo, ogni tipo di fantasia vengono fuori con Loa Vahina: quando si apre il sipario si vede una massa sospesa in aria, legata a un nastro; all’inizio il corpo trema, ha paura, oppone resistenza, poi si arrende, si apre, si rilassa e si adatta, mentre tutto è magnificamente accompagnato da musica e luci. Scanner: il miglior pezzo di tutto lo show insieme a Upside down: il gioco dei corpi in orizzontale al di sopra di uno specchio che occupa tutto il palcoscenico è estremamente ben cadenzato, malizioso, sinuoso; talmente brillante e sorprendente che lo hanno copiato in tanti (da Madonna nel suo video Vogue ai Momix nella produzione di Botanicha).
Qualcuno potrebbe obiettare che in uno spettacolo come Forever Crazy si dia della donna un’immagine di oggetto sessuale, succube dell’uomo. E invece no; è anzi il contrario: è la donna soggetto, libera e autonoma. Tutt’al più, è oggetto di culto, di adorazione, di contemplazione, insomma un vero collirio antistress, divertente e allegro. Prima della conclusione c’è anche uno stacco al maschile, con una esibizione simpatica di un ballerino di hip hop che ha riscosso molto successo. Ed è piaciuto moltissimo il refrein della serata, con la ragazza ricoperta di baci che intervallava i numeri, regalando al pubblico bacini, sogni, strizzatine d’occhio, con una canzoncina (zoo be zoo be zoo) che fu un tormentone negli Anni Sessanta, resa popolare in Italia da Sofia Loren; il Crazy l’ha riscattata, e utilizzata al meglio.
Assistere a questo spettacolo a Parigi è sicuramente un’emozione unica, anche perché nel suo spazio naturale, nel suo habitat lo show è più moderno e più ricco di numeri; qui a Milano si è preferito esportare una versione molto classica, a tratti un po’ agée, ma sicuramente molto bella: bisou, bisou, bisou.