Vicenza, Teatro Olimpico – XXIII Settimane Musicali al Teatro Olimpico
“COSÌ FAN TUTTE ossia LA SCUOLA DEGLI AMANTI”
Dramma giocoso in due atti su libretto di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfang Amadeus Mozart
Fiordiligi ARIANNA VENDITTELLI
Dorabella, dame ferraresi e sorelle RAFFAELLA LUPINACCI
Despina GIOVANNA DONADINI
Guglielmo, ufficiale, amante di Fiordiligi MARCO BUSSI
Ferrando, ufficiale, amante di Dorabella DANIELE ZANFARDINO
Don Alfonso, vecchio filosofo LORENZO REGAZZO
Orchestra di Padova e del Veneto
Coro “I Polifonici Vicentini”
Direttore Giovanni Battista Rigon
Maestro del Coro Pierluigi Comparin
Maestro al cembalo Alberto Boischio
Regia Lorenzo Regazzo
Scene e Costumi Michele Lisi
Vicenza, 20 Giugno 2014
Nel Così fan tutte il salace gioco di coppie, gli scambi, i travestimenti non permettono di identificare un vero e proprio protagonista: ogni personaggio ha il suo momento di riflessione personale e, nel caso dello spettacolo andato in scena all’Olimpico, anche fisica, davanti allo specchio posto sulla destra della scena. Gli elementi scenici sono pochi ed essenziali: al centro due divani disposti simmetricamente – i giochi di simmetrie in Così fan tutte sono vitali. In primo piano, un tavolo, che sotto la tovaglia è completamente ricoperto di fotografie di volti femminili, dando già una connotazione quasi universale alle vicende della trama. A destra lo specchio e un paravento, tòpos immancabile del segreto e delle passioni celate. Sulla sinistra troviamo l’elemento meno immediato:un baule carico di giocattoli, cubi, bambolotti, che tra le mani dei protagonisti acquisteranno una simbologia, se non proprio raffinata, perlomeno interessante.
La regia dello spettacolo, che andrà ancora in scena stasera, domani e mercoledì, è affidata al basso Lorenzo Regazzo (Don Alfonso), onnipresente in scena. Le sue soluzioni sono state sicuramente efficaci: l’attenzione non cade mai, anzi, in questo allestimento le doti sceniche dei cantanti sembrano diventare quasi più essenziali di quelle vocali. Nonostante l’audacia talvolta un po’ forzata degli espedienti registici, lo spettacolo non fa rimpiangere allestimenti più abbottonati e convince il pubblico, che si esalta con applausi scroscianti a scena aperta. L’epoca di ambientazione è assolutamente contemporanea. Ferrando e Guglielmo si presentano in scena in divisa da marò (scatenando, com’era naturale, reazioni contrastanti); le due sorelle indossano magliette con la foto dei rispettivi fidanzati; Despina, una Giovanna Donadini davvero eccezionale, nella sua tenuta blu da bidella arricchisce di significato il sottotitolo dell’opera: “la scuola degli amanti”. Quando rientreranno in scena travestiti i due giovani soldati indosseranno la classica divisa scozzese, con tanto di kilt e cappello a pon-pon (originariamente dovevano essere albanesi). Eccellente la prestazione dei cantanti più giovani, selezionati attraverso il bando promosso dall’associazione culturale Settimane Musicali al Teatro Olimpico. Scenicamente i più spigliati sono Raffaella Lupinacci (una magnifica Dorabella) e Marco Bussi (ottimo Guglielmo) che catalizzano l’attenzione del pubblico con la loro spontaneità e briosa disinvoltura. La Lupinacci sostiene il ruolo della lasciva Dorabella con una grazia maliziosa che ben si accosta alle sue eccellenti doti vocali: il fraseggio è curatissimo, il timbro caldo e avvolgente in tutte le zone. Bussi travolge con la sua dirompente presenza scenica e si impone per la cura della linea melodica. Il tenore Daniele Zanfardino sostiene mirabilmente il complesso ruolo di Ferrando con raffinatezza e il suo timbro, naturalmente cristallino, si ammanta di accenti addolorati nell’aria di grande effetto Tradito, schernito. Non altrettanto coinvolgente la recitazione di Arianna Vendittelli, che non sembra trovarsi perfettamente a proprio agio nei panni della sorella più fedele; il ruolo, d’altra parte, è ingrato: Fiordiligi è il personaggio che nel corso dell’opera subisce la trasformazione più lenta e complessa, un vero “stillicidio” del cuore fedele. Dal punto di vista vocale la Vendittelli si difende bene, a conferma dei numerosi riconoscimenti già conseguiti: qualche suono è ancora un po’ indietro, ma non abbastanza da intaccare la sensazione che ci troviamo davanti a una promessa. Durante il celeberrimo Come scoglio probabilmente non ha aiutato la dispersione registica (in scena gli altri protagonisti, stravaccati sui divani, erano impegnati a sfogliare riviste o scattarsi selfie con il cellulare) che, come accennavo poco fa, talvolta non si è rivelata vincente sia per l’accumulo di dettagli che per il gusto quasi trash di alcune trovate (spogliarelli, palpeggiamenti, video col cellulare, cioccolatini a forma di cuore distribuiti tra il pubblico) che sono risultate, se non dissacranti, quanto meno in forte contrasto con l’atmosfera solenne del meraviglioso Teatro Olimpico e con la musica sublime cui si accompagnavano. Lorenzo Regazzo si erge a protagonista supremo e motore mobilissimo di questo astuto meccanismo, assumendosene piena responsabilità e contemporaneamene riconfermando il suo celebrato talento vocale. La sua tecnica formidabile, accostata ad una presenza scenica talvolta fin troppo manierata, contribuiscono al grande successo della serata. Ma è Giovanna Donadini che riesce a chiamare l’applauso più fragoroso. Già felicemente nota presso numerosi teatri nazionali ed internazionali, la sua Despina è incantevole: ambigua, disillusa, spregiudicata e a tratti tenerissima, talmente convincente anche nei gesti più estremi da non risultare mai volgare; è perfettamente a suo agio anche laddove un’artista meno dotata avrebbe destato solo fastidio. Nella sua aria più celebre Una donna a quindici anni emergono molte delle caratteristiche vocali che fanno della Donadini una delle più apprezzate interpreti mozartiane: il legato condotto con eleganza, i suoni puliti mai gonfiati e la piena comprensibilità della pronuncia (caratteristica ampiamente condivisa con Regazzo). Eccellente la prestazione del Maestro concertatore Giovanni Battista Rigon, che guida la prestigiosa Orchestra di Padova e del Veneto con gesto ampio ma sempre cristallino, attacchi precisissimi e una perfetta scelta dei tempi. Fondatore, insieme alla moglie, delle Settimane Musicali al Teatro Olimpico, Rigon si riconferma una delle bacchette più esperte nel repertorio mozartiano, coadiuvato da un organico orchestrale preciso e sempre concentrato: dall’inizio alla fine la qualità del suono rimane sempre altissima. Una menzione speciale va fatta al coro I Polifonici Vicentini (istruiti da Pierluigi Comparin), che brilla per puntualità e intonazione. Non chiarissimo il ruolo dell’attrice vestita di bianco che pascolava per la scena apparentemente a caso, pettinando bambole e giocherellando sul tappeto. Forse, in un’opera di scambi di coppie, equivoci, malizia e disperazione, l’unica vera protagonista è la vanità, intesa nel suo duplice significato di illusione e vanagloria. La “scuola degli amanti” è tutto meno che una scuola dell’amore; non tanto per il sessismo con cui tutte le donne vengono etichettate come destinate all’infedeltà, quanto per la spaventosa incomunicabilità di fondo: l’assenza di un contatto vero non solo tra i quattro amanti, ma anche tra le stesse sorelle, o tra i soldati e Don Alfonso, che si giocano la fedeltà delle fidanzate in una competizione che ha poco a che vedere con l’affetto e molto invece con la vanità. Foto Luigi Di Frenza