Roma, Terme di Caracalla: The Tokyo Ballet

Roma, Terme di Caracalla, Roma Opera Aperta Caracalla MMXIV
The Tokyo Ballet
Coreografie di Maurice Béjart
Danses Grecques
Musica Mikis Theodorakis
Don Giovanni
Musica Frédéric Chopin su tema di Mozart
Le sacre du printemps
Musica Igor Stravinskij
L’Élu HIROKI UMEZAWA
Deux Chefs DAN TSUKAMOTO, MAO MORIKAWA
Deux Jeunes Gens JUNYA OKAZAKI, YUICHI SUGIYAMA
L’Élue MIKA YOSHIOKA
Quatre Jeunes Filles TOMOKO INUI, AYA TAKAGI, RIE WATANABE, RUI YOSHIKAWA
Roma, 27 giugno 2014

Al centro di uno scambio interculturale – così come il Giappone ha ospitato il Teatro dell’Opera di Roma impegnato nelle rappresentazioni del Nabucodonosor e del Simon Boccanegra diretti da Riccardo Muti – le Terme di Caracalla hanno avuto l’onore di accogliere una delle compagnie di balletto più rinomate al mondo: il Tokyo Ballet. Fondato nel 1964, oggi diretto da Tadatsugu Sasaki, il Tokyo Ballet può contare nel suo ampio repertorio balletti classici, neoclassici e lavori di coreografi contemporanei orientali e occidentali. In onore della loro prima visita a Roma, festeggiando il cinquantesimo anniversario dalla fondazione, ci propongono un programma tutto dedicato a Maurice Béjart. Tre pezzi molto diversi tra loro: Danses Grecques, Don Giovanni e Le sacre du printemps, tutti accomunati dall’assenza di costumi significativi, dalla quasi totale mancanza di scenografie se non l’incantevole cornice delle Terme di Caracalla, e dal genio coreografico di Béjart.
Danses Grecques evoca le atmosfere dell’antica Grecia, lasciandoci assaporare il gusto folkloristico delle danze tradizionali greche senza però scadere nella ricostruzione popolare o archeologica. Béjart infatti le reinterpreta a suo modo prendendo in prestito solo pochi passi tipici e fondendoli con il proprio linguaggio neoclassico. Molto precisa la prova della compagnia di Tokyo al gran completo; all’inizio si muovono all’unisono con un tale controllo, che ci ricordano le onde del mare che lambiscono proprio le coste greche. Poi il quadro si allarga, i danzatori entrano ed escono; passi a due, soli e parti corali si intrecciano realizzando momenti così suggestivi che è impossibile non rimanerne affascinati. Di grande spessore la performance di Dan Tsukamoto alle prese con la variazione principale, oltre che con l’importante qualità tecnica di cui è dotato, stupisce con un temperamento e un carisma da grande danzatore.
Tutto al femminile invece Don Giovanni in cui Béjart ci regala un pizzico della sua vena ironica. Creata sulle note delle Variazioni per pianoforte e orchestra, composte sul tema “Là ci darem la mano” riletto da uno Chopin diciassettenne, questo breve pezzo si apre su un gruppo di giovani danzatrici in attesa di incominciare le prove. All’improvviso un immaginario Don Giovanni entra sulla scena catalizzando l’attenzione di tutte le donne presenti, che si sfideranno a colpi di virtuosismi spettacolari pur di conquistarlo. Piacevolissime le variazioni in cui sono impegnate le soliste della compagnia che danno sfoggio di una tecnica di punte di livello elevatissimo e che possono vantare linee perfette delle gambe e braccia morbide e danzanti.
Capolavoro assoluto della produzione béjartiana, Le sacre du printemps chiude la serata. Creato nel 1959 per il Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles – che poi sarà la patria del Ballet du XXe siècle fondato proprio da Béjart – questo balletto su musica di Stravinskji viene danzato dal 1993 con diritti esclusivi dal Tokyo Ballet per volere dello stesso Béjart. Discostandosi dal libretto originario, che prevede un rito sacrificale pagano, Béjart reinterpreta lo spirito della Sagra, celebrando l’unione tra uomo e donna in un inno all’amore e alla vita che si rinnova continuamente così come la primavera. Il linguaggio coreografico stavolta si spoglia di tutti gli orpelli stilistici fino a diventare quasi primitivo, violento, animalesco, come si nota soprattutto nelle parti maschili durante le quali la virilità degli uomini esplode in salti incredibili che sembrano volerli avvicinare al cielo, mentre le donne, delicate e sottili, quasi eteree, sono invece attaccate alla terra, pronte all’accoglienza. Un incontro/scontro tra l’essere maschile e il femminile che si scopriranno inevitabilmente legati l’uno all’altro. Un pezzo emozionante, in cui l’estro di Béjart viene fuori in tutta la sua prepotenza, concedendoci di apprezzare la rara musicalità di cui è impregnata tutta la coreografia. Davvero notevole la dedizione con cui la compagnia giapponese si cimenta in questo capolavoro, in particolare il ruolo dell’Eletta magistralmente interpretato dall’ipnotica Mika Yoshioka lascia senza fiato, ma gli altri solisti ed il corpo di ballo intero non sono da meno.
Senza dubbio il pubblico di Caracalla ricorderà a lungo il debutto romano del Tokyo Ballet. Foto Luciano Romano