Per ricordare la scomparsa di Ivo Vinco, prendiamo a prestito un estratto dal secondo volume de “Le stirpi canore” (1988) di Angelo Sguerzi…“Tra la Scala, l’Arena e la Fenice avrò passato con lui mille serate (lui in scena, io in platea o in loggione). Ramfis, Sparafucile, Ferrando, il Padre Guardiano, il conte Rodolfo, Oroveso, Sir Gualtiero, Timur, Colline, Il Grande inquisitore (ho citato a caso) e altri personaggi, che ora mi sfuggono hanno sempre trovato sulle sue labbra accenti convinti, preparazione assoluta, voce di bel timbro (e, se conta ancora, di vero basso) e poi presenza scenica rilevante.
Si sa, Filippo II, i Boris, i Mefistofele non so se avrebbero potuto contare su ampiezza di fraseggio ed escavazioni interiori adeguate, ma Fiesco e Silva, per certo (altre due importanti figure che stavo omettendo); ho detto, si sa, ma in concreto, non lo so proprio.”Splendon più belle in ciel le stelle” (Favorita) e “Ah deò Tebro il giogo indegno” non si faranno dimenticare alla svelta.“