Charles-Simon Catel (1770-1830):”Sémiramis”

Tragedie-Liryque in tre atti su libretto di Philippe Desriaux da Voltaire. Maria Riccarda Wesseling (Semiramis), Gabrielle Philiponet (Azéma), Mathias Vidal (Arzace), Nicolas Courjal (Assur), Andrew Foster-Williams (Oroès), Nicolas Maire (Cédar). Chœr et Orchestre Le Concert Spirituel,  Hevé Niquet  (direttore). Registrazione dal vivo del 25 luglio 2011 presso l’Opéra-Berlioz Le Corum di Montpellier. 2 CD e volume (96 pgg.) a tiratura limitata Palazzetto Bru Zane / Glossamusic  GCB921625 

Charles-Simon Catel non è forse compositore geniale ma sicuramente professionista colto e preparato e figura non secondaria della vita culturale francese negli anni della Rivoluzione e del Primo Impero. Nato a L’Aigle il 10 giugno 1770 arriva a Parigi nel pieno dell’esperienza rivoluzionaria. Nel 1790 appena ventenne è assistente capo di François-Joseph Gossec nell’orchestre de la Garde National. Sarà un’esperienza estremamente formativa al fianco di quella che è stata una delle personalità più geniali del classicismo francese alla fine del XVIII secolo.  Giovane ed esuberante Catel si cala pienamente nel clima esaltato di quegli anni dedicandosi alla composizione di musiche per le celebrazioni dei governi rivoluzionari e delle loro vittorie come l’”Hymne à la Victoire” che lo rivela all’attenzione generale.  Interessato fin da giovane non solo alla composizione ma ai problemi di tecnica e didattica della musica ottiene rapidamente l’incarico di professore di armonia presso il conservatorio di Parigi incarico che terrà fino al 1814 quando con la restaurazione perderà molti degli incarichi pubblici perché troppo compromesso con il regime napoleonico; nella veste di insegnante aveva pubblicato nel 1802 il “Traité d’harmonie” che sarà ampiamente studiato dai musicisti francesi nel corso di tutto il secolo. L’attività di compositore accompagnò sempre in lui quella di teorico e quasi rappresentò un banco di prova concreto per le riflessioni teoriche che veniva sviluppando. Composta nel 1802 – lo stesso anno della pubblicazione del trattato – “Semiramis” tratta dall’omonima tragedia di Voltaire rappresenta il risultato più compiuto di Catel come compositore – almeno nel repertorio serio – ed una sorta di manifesto delle sue idee relative al rinnovamento dell’opera francese.
L’opera nasce su uno schema formale ancora di natura prettamente settecentesca, legata ai moduli drammatici che si erano affermati negli anni precedenti alla Rivoluzione e fortemente influenzati dalle esperienze francesi di Gluck ma questo materiale viene trattato per molti aspetti in modo nuovo e secondo una sensibilità in cui il neoclassicismo comincia a contaminarsi di suggestioni preromantiche nonché di una vocazione eroica – assente originariamente – chiamata a riflettere il clima imperante negli anni dei trionfi bonapartisti. Una visione del teatro musicale molto prossima a quella di Cherubini e di Spontini per altro anch’essi attivi presso il conservatorio parigino che in lui si unisce con una cura non comune per i colori e gli impasti orchestrali e per la ricerca di effetti nuovi e sorprendenti in cui le forme tradizionali dell’evocazione ambientale – in questo caso del mondo orientale – vengono rivisti e aggiornati apprendo la strada a quelli che saranno i moduli propri del grand’opera ottocentesco che in queste esperienze affonda le sue radici più profonde.
In “Semiramis” questi aspetti sono particolarmente evidenti. L’orchestrazione è sempre molto ricca ed è sorretta da una ricerca armonica di grande originalità e di altissimo mestiere se non di autentico genio. Sul piano vocale lo stile di Cartel da un lato appare erede di quello della tradizione tardo settecentesca di Rameau e Gluck con la preferenza per ampi declamati e per un superamento di una divisione rigida fra arie e recitativi ma al contempo la linea vocale si fa più mossa e frastagliata evidenziato in modo più drammatico i contrasti fra le passioni mentre la coloratura seppur non eccessiva acquista maggior spazio lasciando prevedere certi moduli vocali che si affermeranno nei decenni successivi ad esempio nella produzione francese di Rossini. Di altissima qualità è il trattamento delle parti corali caratterizzate da una grande ricchezza nella concezione armonica e da un ruolo drammaturgico decisamente maggiore rispetto a quanto era di prassi nel tardo XVIII secolo ed anche qui si percepiscono i primi germi di una linea evolutiva che porterà alla centralità delle masse corali ad esempio in molti lavori seri rossiniani.

La presente edizione, registrata nel corso del festival di Radio France a Montpellier nel 2011, può contare soprattutto sulla presenza di un complesso di alto livello musicale e di perfetta padronanza stilistica come il Concert Spirituel diretto da Hervé Niquet che avevamo già avuto modo di apprezzare nella registrazione dell’”Andromaque di Gretry. Una lettura che si caratterizza per un’estrema pulizia delle linee vocali ed armoniche e per un gusto per colori orchestrali di grande brillantezza e luminosità, particolarmente adatto a rendere la ricchezza delle intuizioni orchestrali di Catel. Tanto il direttore tanto gli orchestrali mostrano di padroneggiare alla perfezione lo stile richiesto e il taglio più apertamente drammatico della partitura rispetto a titoli del tardo Settecento risulta particolarmente congeniale a Niquet che trova proprio nei momenti di maggior tensione il terreno a lui più congeniale, tendenza già riscontrata in altre incisioni dello stesso direttore. Il coro del Concert Spirituel si conferma compagine di assoluto rilievo in questo repertorio dando la giusta pienezza ed intensità agli interventi corali così importanti nella drammaturgia dell’opera.
Nel ruolo del titolo il mezzosoprano Maria Riccarda Wesseling dispone di un bel timbro dalle inflessioni quasi sopranili e un naturale istinto drammatico che emerge con decisione nei momenti più tesi della vicenda dove la scrittura di Semiramis ricorda da presso quella della Medée cherubiniana come nel duetto del III atto con Arzace che precede la morte della regina “Eh bien, ne tarde plus” che non può fare a meno di ricordare la stretta del duetto del I atto Medea – Giasone “Nemici senza cor”; di contro va riscontrata una pronuncia francese non sempre sciolta e una mancanza di naturalezza nella scansione della prosodia francese così importante in questo repertorio.
Elementi questi che si ritrovano invece pienamente realizzati nella prova di Mathias Vidal che interpreta il ruolo di Arzace e che testimonia la fioritura in ambito francese di ottimi specialisti nel repertorio haute-contre. Voce chiara, luminosa, agile che sale con grande facilità al settore acuto ma non priva di un certo squillo eroico il giovane tenore da una lettura completa e pienamente convincente della parte del giovane principe in particolare nel lirismo dei duetti con Azéma – “De tant d’amour” nel II atto e “Songe qu’a toi je me confie” nel III -colmi di autentica poesia.  La scelta di affidare Semiramis ad un mezzosoprano libera la corda di soprano per la parte di Azéma che riveste qui un ruolo decisamente più importante rispetto a quanto accada nella più nota versione rossiniana. La parte presenta una scrittura vocale sostanzialmente lirica – simile a quella della Dircé-Glauce di Cherubini – è richiede buoni dote nel canto di coloratura  che risulta essere la cifra espressiva di questo personaggio. Gabrielle Philiponnet ha una piacevole voce non priva di morbidezza e canta con gusto e proprietà sia nei momenti più distesi sia in quelli più virtuosistici – la coloratura è  comunque ben lontana  dalle esplosioni virtuosistiche dell’operismo italiano. La bell’aria di sortita “Arzace, par sa valeur “ inquadra subito il tratto sentimentale di questo personaggio. La voce della cantante si sposa alla perfezione con quella di Vidal contribuendo all’ottima riuscita dei duetti mentre l’aria del II atto “ Que l’eclat de votre naissance” appare maggiormente connotata in chiave virtuosistica. Nicholas Courjal (Assur) dal timbro da bass-baritone che sicuramente lo favorisce nella gestione di una linea vocale  spesso acuta. Il cantante ha  un pregevole fraseggio,  ricco di impeto e mordente. La grande aria del II atto “S’il est vrai que votre vengeance” è particolarmente degna di interesse  per la ricca scrittura e per gli effetti orchestrali che l’accompagnano i cui echi saranno ancora percepibili dopo decenni in alcune composizioni di Meeyerbeer che verosimilmente conosceva la partitura di Catel. Completano validamente  il cast il basso Andrew Foster-Williams (Oroés) e il tenore Nicolas Maire (Cédar).