Palazzetto Bru Zane:“I Quartetti dalla Restaurazione al Secondo Impero”

Palazzetto Bru Zane, Festival Félicien David, Da Parigi al Cairo (5 aprile-17 maggio 2014)  
Quatuor Mosaïques
Violini Erich Höbarth, Andrea Bischof
Viola Anita Mitterer
Violoncello Christophe Coin
Antonin Reicha: Ouverture générale pour les séances des quatuors ou Vérification de l’accord des instruments à cordes, exécutée par deux violons, alto et violoncelle.
Louis-Emmanuel Jadin: Quatuor à cordes n.. 2 en fa mineur.
Félicien David: Quatuor n. 3 en ré mineur.
In partenariato con/ En partenariat avec Wiener Konzerthaus
Venezia, 8 maggio 2014      

Prosegue con successo a Venezia il Festival dedicato a Félicien David, di cui si sta eseguendo, tra l’altro, l’intera produzione di quartetti d’archi. Ancora una volta la sala dei concerti del Palazzetto Bru Zane si è trasformata in un raffinato salotto ottocentesco, i cui “ospiti” hanno potuto ascoltare, nell’esecuzione del Quatuor Mosaïques, tre quartetti d’autori francesi, o d’area francese, tra cui l’ultimo in programma firmato dal beniamino di questa rassegna, avendo la possibilità di cogliere l’evoluzione di questo genere in Francia dai primi decenni dell’Ottocento agli anni Settanta dello stesso secolo.
Al genere quartettistico si dedicano in Francia, nel periodo della Restaurazione, compositori come Pierre Rode, Rodolphe Kreutzer, Louis-Emmanuel Jadin, che prediligono il “quartetto brillante”, nel quale il primo violino ha il ruolo di protagonista con una parte impegnativa, che esige prestazioni di livello professionale, mentre gli altri tre strumenti si limitano generalmente ad accompagnarlo con prestazioni che non superano quelle richieste a buoni dilettanti. Bisogna aspettare qualche tempo prima che – sull’esempio di quanto era avvenuto e ancora avveniva aldilà del Reno – si sviluppi gradatamente anche in Francia un quartetto di carattere serio, in cui il compositore assegna agli strumenti pari dignità, ad esprimere i più vari e riposti “moti del cuore”: sono i quartetti di Napoléon-Henry Reber, Alexandre-Pierre-François Boëly, George Onslow(di cui in un precedente concerto del Festival è stato eseguito il Quintette n. 12 avec contrebasse en la mineur op. 34), il nostro Félicien David e, tra gli altri, Gounod e Franck.
Nato a Vienna nel 1987, il Quatuor Mosaïques si è dato il compito di perpetuare la grande tradizione europea del quartetto d’archi, rispetto alla quale i musicisti che lo compongono intrattengono il più vivo legame, grazie anche alla loro precedente esperienza nell’esecuzione con strumenti d’epoca: una formazione, dunque, con le carte in regola per poter affrontare al meglio un programma come quello della serata di cui ci occupiamo.
La loro padronanza tecnica assieme alla raffinata sensibilità interpretativa – attacchi perfetti, bel suono, diversità d’accento, senso dell’insieme – si è apprezzata appieno in un pezzo come L’Ouverture générale pour les séances des quatuors di Antonin Reicha (1816), concepita come una sorta di “studio” per i componenti della prima formazione professionale francese, nata nel 1814 e guidata dal violinista Pierre Baillot (amico di Reicha); unpezzo che aveva lo scopo di aiutare gli strumentisti ad accordarsi e sciogliere le dita prima di affrontare il concerto vero e proprio. Dopo l’inizio meramente tecnico – l’accorso dei quattro strumenti sulle corde vuote, oltre a scale, arpeggi e altri “esercizi” preparatori – la singolare composizione diventa via via più complessa: seguono infatti un pacato Andante siciliano, basato su semplici armonie, e poi un Allegro assai, per il quale sono richieste non solo abilità tecniche, ma anche la capacità di ascoltarsi, essendo il movimento costituito da brevi motivi che si alternano tra le voci.
Analogamente autorevole la prestazione dei solisti nel Quatuor à cordes n.. 2 en fa mineur di Louis-Emmanuel Jadin, che fa parte dei Trois Grands Quatuors (1814), dedicati a Federico Guglielmo III, re di Prussia, che seguono alla distanza di circa tre decenni i Six Quatuors concertants op. 3, primo “cimento” in questo genere del compositore, noto soprattutto come operista. I tre quartetti appartengono al genere “brillante” con il primo violino che – come già abbiamo messo in evidenza – prevale sugli altri strumenti. Eccellente la prestazione del primo violino del Quatuor Mosaïques a creare – assecondato dagli altri strumentisti – l’atmosfera cupa che domina nel primo movimento del Quartetto n. 2, Maestoso moderato, in fa minore, rasserenata solo dal secondo gruppo tematico in modo maggiore. Giusto accento e tecnica brillante nel Grazioso moderato, che funge da Minuetto e porta, nella prima sezione, la cifra distintiva di una stupefacente asimmetria dal punto di vista ritmico: misure in due tempi alternate a misure in tre tempi. Calma e intimità nell’Andante moderato. Cantabilità nell’Allegro non troppo, che peraltro rivela ancora una volta originalità ritmica per la presenza di numerose sincopi e contrattempi.
Con il suo Quatuor n. 3 en ré mineur Félicien David ci ha riportato nella Francia del Secondo impero.Dedicato all’amico sansimoniano Térence Hadot, il lavoro – composto tra il 1868 e il 1869 e pervenutoci, come le altre tre composizioni quartettistiche, allo stato di manoscritto – è caratterizzato da intensa espressività. Nell’esecuzione di questo quartetto, in cui il rimo violino intrattiene un dialogo alla pari con gli altri strumenti, i solisti del Quatuor Mosaïques hanno fatto sentire tutte le loro doti migliori. Grande vivacità nel primo movimento, Allegro moderato, nel quale i due temi, il primo in modo minore, l’altro in maggiore, circolavano da uno strumento all’altro con conseguenti cambi di timbro e contrasti di colore. Una grazia schubertiana ha incantato il pubblico nella prima sezione Adagio, eminentemente lirica, mentre ancora Schubert (ma tragico) faceva capolino nel passaggio modulante estremamente agitato prima del ritorno al tema lirico. Grande varietà di tecniche esecutive (staccato, pizzicato, con sordina, ecc,) è stata sfoggiata dagli esecutori nello Scherzo. Allegretto, che precede il Finale: Largo. Allegro leggiero, dove tra accenti popolareschi (bordoni, ripetizioni, brusche interruzioni) di nuovo il materiale tematico passava da uno strumento all’altro nel classico “dialogo tra amici”. Ragguardevole la prestazione del violoncello impegnato in ampie frasi cantabili e slanci drammatici, facendosi apprezzare per il bel timbro e l’espressività. Dopo ripetuti applausi un raro bis: l’Adagio sostenuto in mi maggiore, inedito (risalente al 1804), di Alexandre Boëly, una pagina struggente, la cui esecuzione ha pienamente confermato il Quatuor Mosaïques come formazione di riferimento per questo tipo di repertorio.