Teatro dell’Opera di Roma – Stagione Lirica 2013/2014
“L’ELISIR D’AMORE”
Melodramma giocoso in due atti, libretto di Felice Romani
Musica di Gaetano Donizetti
Adina ROSA FEOLA
Nemorino ANTONIO POLI
Belcore ALESSANDRO LUONGO
Dulcamara ADRIAN SANPETREAN
Giannetta DAMIANA MIZZI
Coro e Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Donato Renzetti
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Regia Ruggero Cappuccio
Scene Nicola Rubertelli
Costumi Carlo Poggioli
Luci Agostino Angelini
Allestimento del Teatro dell’Opera di Roma
Roma , 08 maggio 2014
Ripresa di uno spettacolo della stagione del 2011 questo Elisir d’Amore romano, affidato in questa occasione al maestro Donato Renzetti. Il titolo è stato negli anni costantemente presente nella programmazione del teatro e sempre molto gradito al pubblico che nel tempo ha avuto modo di ascoltare gli interpreti più autorevoli ed acclamati di questa piacevolissima e geniale partitura. Ottima la direzione orchestrale molto equilibrata nella scelta dei tempi e dei colori e particolarmente attenta nel seguire e accompagnare le voci, seguendo l’arco della narrazione musicale con un ritmo in progressivo crescendo, sempre misurato ma mai pigro, tale da trovare la giusta cifra interpretativa per i vari momenti comici, patetici o malinconici previsti. Buone le prove dell’orchestra e del coro diretto da Roberto Gabbiani. Il percorso narrativo scelto dal regista sembra privilegiare più la vicenda amorosa dei due giovani protagonisti ed in particolare il mutamento interiore di Adina nella sua presa di coscienza dell’amore e nel suo riuscire finalmente a lasciarsi amare, abbandonandosi all’affetto ed alle attenzioni dell’altro e tutto il racconto e lo sviluppo della vicenda appaiono incentrati sul suo personaggio e su questa problematica di sempre, senza dubbio presente nel libretto di Romani e nella musica Donizetti. In questa ottica interpretativa lo spettacolo va detto funziona molto bene anche grazie all’ottimo livello dei due interpreti scritturati per le parti. Antonio Poli impersona un Nemorino impacciato e timido ma fermamente determinato a raggiungere il suo scopo, cantando con bella voce ampia, sicura e ricca di sfumature e colori anche se in qualche occasione forse distratto dagli eccessivi quanto secondo noi inutili movimenti imposti dalla regia. Il suo personaggio risulta irresistibilmente simpatico, spontaneo e divertente ma anche capace di emozionare e commuovere al momento giusto, reggendo in maniera più che onorevole il confronto con i cosiddetti interpreti storici di una parte costellata di frasi e pagine arcinote. Adina è stata cantata da Rosa Feola con impeccabile musicalità, precisione nelle agilità e gusto interpretativo curato, sorvegliato e mai manierato o artefatto, esprimendo l’evoluzione psicologica della parte attraverso un sapiente uso delle sonorità e del fraseggio ed una gestualità scenica sempre appropriata e spontanea anche quando costretta a cose forse discutibili e di certo inutilmente rumorose come le pagine strappate nell’aria di sortita. In secondo piano per ragioni diverse gli altri interpreti. Buono il Dulcamara di Adrian Sampetrean tuttavia non più protagonista e motore della vicenda come probabilmente vorrebbe anche il titolo dell’opera, cantato con brillante presenza scenica, dizione chiara ed impeccabile e ragguardevole volume di voce. Viceversa esteriore e generico è apparso il Belcore di Alessandro Luongo, qua e là impreciso nelle agilità ma soprattutto, complice anche la regia, caricaturale. Discreta la Giannetta di Damiana Mizzi interpretata con precisione, partecipazione e musicalità anche se con un volume vocale non sempre adeguato.
La regia di Ruggero Cappuccio immagina la vicenda in un passato onirico e fiabesco di indefinita collocazione temporale, essenziale nelle scene e dalle belle tinte pastello, nell’insieme molto piacevole a vedersi e sostanzialmente in efficace sintonia con la vicenda e la partitura musicale. Molto divertenti prese singolarmente alcune delle trovate delle quali è riempita la scena in maniera probabilmente un po’ eccessiva e di buon gusto i costumi. Quello che lascia francamente perplessi è il continuo movimento imposto a cantanti e coro fatto di passeggiate afinalistiche, saltelli e corsette che risultano alla fine distraenti rispetto alla comprensione del testo poetico ed all’ascolto della musica. Assolutamente incomprensibile e crediamo forse non nuovo, l’acrobata che si arrampica sul nastro rosso durante la furtiva lagrima, per altro eseguita molto bene dal tenore e meritatamente applaudita. Giusto eliminare finalmente il vecchio trovarobato di covoni, botti, fiaschi e carretti, purchè non venga però sostituito da un altro trovarobato di nuova generazione fatto di lucette, ombrellini e zompetti anche se, va riconosciuto, nell’insieme comunque allegro e simpatico a vedersi. Interessante e ben curato il programma di sala, ottima l’idea della traduzione in inglese anche dei saggi in esso contenuti. Alla fine pubblico divertito ed applausi per tutti.