Nel salotto-Secondo Impero del Palazzetto Bru Zane

Palazzetto Bru Zane, Festival “Félicien David, da Parigi Al Cairo”, 5 aprile-17 maggio 2014
“NEI SALOTTI DEL SECONDO IMPERO”
Soprano Olivia Doray
Baritono Philippe-Nicolas Martin
Pianoforte Jeff Cohen 
Félicien David: Herculanum: Duo de Licanor et Lilia “Gardes, dispersez-la, cette troupe rebelle…”; Le Nuage; La Chanson du pêcheur; Le Soir, rêverie pour piano.
Charles Gounod: Le Soir; Ma belle amie est morte.
Hector Berlioz:”Les Nuits d’été”: Sur les lagunes; L’Île inconnue.
Félicien David :Tristesse de l’Odalisque; Lalla-Roukh: “Sous le feuillage sombre”; Larmes et regrets.
Gaetano Donizetti:” La Fille du régiment”: Duo de Marie et Sulpice “Au bruit de la guerre”
Venezia,  26 aprile 2014    

Félicien David, chi era costui? Per molti, probabilmente, questa continua a restare una domanda senza risposta. Non così per il pubblico privilegiato, che segue numeroso il Festival “Félicien David, da Parigi Al Cairo”, attualmente in svolgimento con successo a Venezia, per felice iniziativa del Centre de musique romantique française, presso il Palazzetto Bru Zane. Una manifestazione più che mai in linea con il compito precipuo per cui tale Centro è nato: riproporre autori francesi ingiustamente caduti nell’oblio. E il nostro David non ha tradito le attese, confermandosi ogni volta un musicista di tutto rispetto, il cui esotismo orientaleggiante, grazie al quale raggiunse a suo tempo la fama (un esotismo presente più che altro in certi titoli e argomenti delle sue opere, non tanto nella musica), si va rivelando, nel corso della rassegna veneziana, un aspetto abbastanza minoritario della sua produzione. Il musicista di Cadenet, infatti, va rivelando un raffinato eclettismo musicale, che gli ha permesso di affrontare con estrema dignità i più diversi generi: dal melodramma, in cui si coglie, tra l’altro, l’eleganza di Gounod, al lied, dove aleggia la grazia di Schubert, alla musica da camera, che guarda al magistero compositivo di Mendelssohn. Ma il concerto del quale ci occupiamo – in programma brani di Félicien David e di altri compositori, le cui melodie risuonavano nei salotti del Secondo Impero – rivestiva un interesse tutto particolare, in quanto proponeva tre diverse versioni musicali di una stessa lirica di Théophile Gautier, rispettivamente ad opera di David, Gounod e Berlioz, consentendo ai presenti di farsi un’idea dell’evoluzione del genere relativo alla romanza da salotto, che portò ad accentuare progressivamente la drammatizzazione del testo, grazie a una linea vocale e a un’armonia tendenti ad una sempre più forte sottolineatura di ogni minima sfumatura verbale, nonché a una crescente indipendenza del pianoforte rispetto al canto.
Di prorompente drammaticità il brano iniziale, tratto dall’opera Herculanum di Félicien David, un drammone a sfondo religioso, che si svolge nell’antica città romana durante l’anno dell’eruzione del Vesuvio: i due interpreti hanno brillato per intensità espressiva e controllo dei mezzi vocali, in un duetto, che vede Nicanor – un principe orientale pagano, assurto agli onori di proconsole della Magna Grecia per essere passato dalla parte dei Romani come la sorella, la regina Olympia, di cui asseconda il furore anticristiano – dichiarare il suo amore, spacciandosi per seguace di Cristo, alla fanciulla cristiana Lilia, che lo respinge decisamente. Nobilmente appassionata, Olivia Doray ha fin da subito sfoggiato una voce gradevolmente timbrata dall’ampia estensione, che risuona potente nel registro medio e grave, per quanto si assottigli un po’ in quello acuto. Nondimeno la sua interpretazione è stata emozionante. Pienamente all’altezza anche Philippe-Nicolas Martin, che ha ugualmente toccato il cuore del pubblico, grazie all’uso intelligente di una voce dal timbro rotondo ed omogeneo, capace di raffinatezze e sfumature.
Di pari intensità e raffinatezza espressiva le altre interpretazioni offerte dal soprano lionese: semplice e con voce appena impostata in Le Nuage di Félicien David, su testo di Édouard Pluvier, e nella successiva “Sous le feuillage sombre”, da Lalla-Roukh, sempre di David, caratterizzate da una quasi perfetta corrispondenza tra struttura metrica e linea di canto, nonché da un elementare accompagnamento del pianoforte; leggiadra in Le Soir di Charles Gounod, su testo di Alphonse Lamartine, che si basa su un’armonia più elaborata, impreziosita da qualche risoluzione arcaicizzante; giustamente calda e teatrale in l’Île inconnue, da Les Nuits d’été, di Hector Berlioz, su testo di Théophile Gautier, che – come ci si poteva aspettare da un compositore tanto geniale e originale – rivela un trattamento del testo più libero, modulazioni piuttosto ardite e un accompagnamento variato in funzione dell’espressività.
Pregevole anche la prestazione di Philippe-Nicolas Martin nelle tre romanze ispirate a “Ma belle amie est morte” di Gautier, dimostrando un ottimo controllo dei propri mezzi vocali, che gli ha consentito affascinanti mezze voci e altre raffinate sfumature richieste dai rispettivi testi: così nella Chanson du pêcheur di David, che presenta analoghe caratteristiche compositive rispetto a Le Nuage, come nella romanza di Gounod, in cui si coglie maggiore libertà nel rapporto parole-musica, oltre a un’armonia più interessante, e in Sur les lagunes di Berlioz (ancora dalle Nuits d’été), decisamente complessa ed originale nel senso che abbiamo indicato per Le Soir. Le stesse buone doti sono state esibite dal baritono francese in Tristesse de l’Odalisque, ancora su testo di Gautier. Irresistibili i due interpreti di nuovo insieme – a conclusione di quest’altra tappa alla riscoperta di Félicien David – nel duetto di Marie e Sulpice “Au bruit de la guerre” da La Fille du régiment di Gaetano Donizetti, dimostrando verve, senso del teatro, fraseggio ed estensione di voce.
Ottimo musicista si è dimostrato il pianista (e compositore) Jeff Cohen, che ha accompagnato i due cantanti con intelligenza e rispetto delle voci, ma capace di significative prestazioni anche nei due brani di David per pianoforte solo: Le Soir e Larmes et regrets, entrambi di pregevole fattura sulla falsariga delle mendelssohniane Romanze senza parole. Applausi più che convinti dopo ogni pezzo e, soprattutto, alla fine del concerto.