“Les Huguenots” (1836) Atto III Danse bohémienne; “Robert le Diable” Atto II (Pas de cinq); Atto III Ballet des Nonnes (Les Feux Follets et Procession des nonnes: Bacchanale; Premier Air de Ballet: Séduction par l’ivresse; Deuxième Air de Ballet: Séduction par le jeu; Troisième Air de Ballet: Sêduction par l’amour; Finale; “L’Étoile du Nord” (1854): Waltz (Atto III); Chanson de cavalerie (Atto II); Prayer (Atto I); Entr’acte (Atto III); “Le Prophète” (1849) Atto III: Ballet des Patineurs: (Waltz, Redowa, Quadrilles des patineurs, Galop; “L’Africaine” (1865) Atto IV: Marche indienne. Barcelona Symphony Orchestra, Michał Nesterowicz (Direttore). Registrazione 3-6 luglio 2012. T.Time: 69’40” 1 CD NAXOS 8.573076
Nel XX sec. la fortuna di Giacomo Meyerbeer, il maggior compositore del Grand-Opéra dell’Ottocento, è andata declinando non solo a causa dell’ostruzionismo della critica tedesca che esaltava il Wort-Ton-Drama wagneriano, ma anche per la difficoltà di mettere in scena le sue opere grandiose e, per questo, economicamente dispendiose. Solo negli ultimi vent’anni la produzione di Meyerbeer è stata rivalutata con la ripresa di alcune sue opere importanti, come l’Africaine, Les Huguenots, Robert le Diable e L’étoile du Nord che hanno conosciuto anche interessanti produzioni discografiche. Emblematica della fortuna di cui ha goduto la produzione di Meyerbeer è una rapida descrizione di quella occorsa a Les Huguenots, opera che, rappresentata per la prima volta all’Opéra di Parigi il 29 febbraio 1836, per tutto l’Ottocento fu non solo ripresa in vari teatri europei, ma addirittura fu scelta per inaugurare il nuovo edificio del Covent Garden di Londra il 15 maggio 1858. Definita da Berlioz un’enciclopedia musicale, l’opera, composta su libretto di Scribe, suscitò pareri contrastanti nella critica che, dopo la prima rappresentazione, si divise fra sostenotori e detrattori che giudicarono la partitura troppo protestante, perché, secondo quest’ultimi, la sua musica: «si attacca ai sensi più spesso che all’anima; l’armonia degli accordi vi prevale sulla melodia degli accenti; vi si sente dappertutto l’orgoglio del cromatico dominare sull’umile e toccante espressione del cantabile». In realtà altri critici rilevarono nella partitura di Meyerbeer la preponderanza dell’elemento cantabile, giustificando l’affermazione di Berlioz che, nel definire l’opera un’enciclopedia, aveva di fatto intuito la compresenza di tali elementi in quest’opera incentrata sull’amore impossibile e tragico tra Raoul di Nangis, gentiluomo protestante, e la cattolica Valentine di Saint-Bris nella Francia dilaniata dalle guerre di religione. Collocata nel terzo atto, la Danse bohèmienne è formalmente un rondò preceduto da una breve introduzione e concluso con una coda di carattere marziale, poco varia dal punto di vista timbrico e un po’ convenzionale, che annuncia il successivo tableau Couvre-feu.
Più articolato è il balletto di Robert le Diable, opera che, rappresentata per la prima volta il 21 novembre 1831 con notevole successo dovuto anche al cast di cantanti, diretto dal mitico Habeneck, nel quale figuravano il tenore Adolphe Nourris, che curò anche la regia, e il basso Nicolas Lavasseur, condivide con Les Huguenots la stessa fortuna. Rappresentata nella prima metà dell’Ottocento in tutta Europa, l’opera sparì quasi del tutto dai cartelloni teatrali durante il Novecento. Solo negli ultimi anni del secolo scorso un rinnovato interesse nei confronti di essa portò sia a una sua ripresa a Parigi nel 1884 con June Anderson nel ruolo di Isabelle sia alla stesura, per mano di Wolfgang Kühnhold, di un’edizione critica che fu utilizzata per una rappresentazione avvenuta a Berlino nel mese di marzo del 2000. L’opera, il cui libretto di Scribe si ispira alla leggenda medievale di Roberto il Diavolo, secondo la quale il padre del duca Roberto il Magnifico di Normandia, a sua volta padre di Guglielmo il Conquistatore, sarebbe stato il diavolo in persona, concede molto spazio alla danza con due balletti nel secondo e terzo terzo. Costituito da 4 numeri eseguiti senza soluzione di continuità e legati fra di loro anche da richiami interni in modo tale da costituire un unico pezzo, il Pas de cinq dell’atto secondo festeggia le nozze di sei coppie all’interno della corte palermitana, mentre il secondo balletto, collocato alla fine del terzo atto e costituito da 6 numeri in cui sfrenate danze orgiastiche si alternano a momenti di più intenso lirismo, come la Troisième air (Seduction par l’amour), accompagna la processione delle anime delle monache che vengono destate dalle loro tombe da Bertram il quale, oltre ad essere il padre di Robert, è il diavolo.
Al genere dell’Opéra-Comique, appartiene L’étoile du Nord su libretto di Scribe, che, rappresentata per la prima volta a Parigi nella Salle Favart, sede dell’Opéra-Comique, il 16 febbraio 1854, ha goduto di un grande successo per tutto l’Ottocento, non solo in Francia ma anche in Europa, per sparire quasi totalmente dalle scene nel corso del Novecento. Alcuni suoi brani si sono, tuttavia, imposti nel repertorio sinfonico anche grazie al direttore e compositore inglese Constant Lambert che nel 1937 li rielaborò, insieme ad altre pagine sinfoniche tratte da Le prophète, per inserirle nel balletto Les patineurs per le coreografie di Frederick Asthon. Tra queste la Valse, entr’acte dell’atto secondo, la chanson de la cavalerie, la poetica preghiera dell’atto primo e l’Entr’acte dell’atto terzo.
Migliore fortuna nel Novecento ha avuto Le prophète che, rappresentato per la prima volta a Parigi il 16 aprile 1849, è rimasto nei cartelloni dei maggiori teatri europei sino alla Seconda Guerra Mondiale; nel secondo dopoguerra l’opera non è del tutto scomparsa e ha conosciuto importanti riprese a Zurigo (1962), a Berlino (1966) e a New York (1977). Come già ricordato, le sue danze sono state utilizzate da Asthon nel suo balletto Les patineurs, il cui titolo si riferisce alla scena di apertura dell’atto terzo, dove è collocato il balletto ambientato nel campo degli anabattisti di cui Jean de Leyden è diventato il profeta.Infine si segnala per un certo virtuosismo orchestrale la Marche indienne del quarto atto dell’Africaine che, lasciata incompiuta dal compositore a causa della morte e rappresentata per la prima volta postuma il 28 aprile 1865 in una versione realizzata da Fétis, ha avuto un enorme successo nel corso del XIX secolo, ma è stata ripresa piuttosto raramente nel XX secolo.
A distanza di 150 anni dalla morte del compositore, avvenuta il 2 maggio 1864, questo Cd, inciso dalla Barcellona Symphony Orchestra sotto la direzione di Michal Nesterowicz per l’etichetta Naxos, ripropone le danze di queste opere segnalandosi in generale per un corretta scelta dei tempi e una buona pulizia di suono sia nei brani veloci che in quelli più sostenuti, nonostante qualche taglio non del tutto condivisibile nella parte conclusiva sia della Danse Bohèmienne di Les Huguenots sia del pas de cinq tratto da Robert le diable. Le scelte interpretative del direttore, che si rivolgono all’accentuazione della linea del canto, in certi casi, conducono a smorzare alcuni contrasti dinamici che forse andrebbero marcati con più attenzione. In quest’esecuzione, che si distingue per molti aspetti positivi come il poetico e intenso canto della preghiera tratta dall’Étoile du nord, per la verità vanno segnalate alcune sonorità un po’ pesanti, come quelle degli strumentini, che stridono un po’, nella Première air de Ballet (Séduction par l’ivresse) tratta da Robert le Diable, dove dovrebbero mantenere delle sonorità più leggere, o come quelle degli archi dai quali, nella Deuxième air de Ballet (Séduction par le jeu), ci si sarebbe attesa maggiore leggerezza e brillantezza soprattutto nei suoni staccati. L’orchestra, comunque ben guidata da Nesterowicz, dà il meglio di sé nelle pagine più complesse, come le danze dell’Étoile du nord, di Le Prophéte, che si segnala per una particolare attenzione a marcare i contrasti dinamici e timbrici soprattutto nel galop finale, e la Marche indienne dell’Africaine.