Torino, Auditorium RAI “Arturo Toscanini”, Stagione Concertistica 2013-2014
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Pianista e direttore Alexander Lonquich
Wolfgang Amadeus Mozart : Concerto n. 17 in sol maggiore per pianoforte e orchestra KV 453; Sinfonia n. 36 in do maggiore KV 425 Linz; Concerto n. 22 in mi bemolle maggiore per pianoforte e orchestra KV 482
Torino, 22 maggio 2014
«La musica parla per sé», dice Alexander Lonquich per giustificare il suo prologo verbale al concerto mozartiano che chiude la stagione 2013-2014 dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI all’Auditorium “Arturo Toscanini” di Torino. L’excusatio non petita introduce alla prima delle due serate che Lonquich dedica a Mozart in veste di pianista e di direttore, proponendo in due programmi diversi ben quattro concerti per pianoforte eseguiti a memoria (nn. 17 e 22 la prima sera, 14 e 24 la seconda) e due sinfonie assai impegnative (la Linz la prima sera, la Praga la seconda). Lonquich non è nuovo a simili maratone musicali per conto dell’OSN RAI: nella prima metà di maggio 2009 aveva affrontato un ciclo di cinque concerti comprendente tutte le sinfonie di Schubert e tutti i concerti per pianoforte beethoveniani. Le iniziative sono sempre interessanti, meritorie, di ottimo gusto negli accostamenti; ma può un interprete approfondire adeguatamente così tante opere musicali in così poco tempo, specialmente se deve confrontarsi con le dinamiche orchestrali, le necessarie prove, e in più cimentarsi sia come direttore sia come solista al pianoforte? A volte si ha davvero l’impressione che Lonquich ami strafare, forse anche per essere unico protagonista di rassegne impegnative e, dato il repertorio scelto, appaganti.Nel concerto n. 17 KV 453 è interessante l’effetto sonoro costruito per l’orchestra: plastico, con giusto dosaggio di archi e di fiati. Oltre alle sonorità, però, il direttore dovrebbe presentare una sua lettura della musica di Mozart; impegnato nella ricerca della brillantezza, ma anche delle malinconie cromatiche, Lonquich finisce in realtà per spianare un po’ le agilità della partitura, sia nelle dinamiche orchestrali sia nella parte pianistica. Se il I movimento (Allegro) è staccato con una certa rapidità (come è tipico del musicista), il II (Andante) è invece giocato su effetti molto enfatici, come pause e tempi dilatati; la pagina ne esce, alla fine, un po’ sfilacciata, tanto che persino l’Allegretto finale perde di verve. «L’immagine di un Mozart distaccato e apollineo, amata dalle beate serre neoclassiche, non è più prediletta dalla osservazione critica contemporanea». Così Mario Messinis – con una notazione antica ma sempre calzante, riportata all’interno del programma di sala – faceva notare come proprio nel gruppo di opere strumentali composte tra 1783 e 1786 (quelle scelte da Lonquich per il suo duplice cartellone) «fulminei cromatismi» e «interne frenesie» oscurino la raffinata vivacità e l’eleganza abituali. E certamente Lonquich ha lavorato in modo analitico per fare affiorare la trama dei cromatismi e i dialoghi, anche frenetici, tra le famiglie strumentali; all’analisi momentanea non corrisponde però una visione complessiva duratura e nuova.
Anche nella sinfonia Linz alle sonorità apprezzabili si contrappone una lettura “superficiale”: in qualità di direttore Lonquich preferisce cioè restare sull’epidermide della partitura, rilevando bene gli elementi che più spiccano, ma esclusivamente quelli. Nell’Andante sono pregevoli i colori dei corni e dei contrabbassi, mentre il celebre Minuetto ha qualcosa di caricato, pur senza essere pesante; è il movimento eseguito con taglio più originale, nel tentativo di conciliare la leggerezza con la mole massiccia dell’organico sinfonico. Anche il finale Presto si dipana allo stesso modo del Minuetto; le voci del corno e dell’oboe sono molto belle, ma forse non abbastanza valorizzate nell’economia generale. L’Allegro del concerto n. 22 KV 482 si avvia con segno drammatico e incisivo, ma Lonquich lo attenua, conducendolo a un livello assai più blando: una marzialità in sedicesimo riservata all’orchestra, forse perché renda meglio l’apporto solistico. Quando attacca il pianista si apprezza infatti il legato molto morbido delle frasi, in uno stile esecutivo diverso rispetto alla prima parte della serata. Ora Lonquich ricerca effetti smaccati e un po’ gigioneschi, non senza qualche scivolata sul funambolico cromatismo che la partitura impone. Risolto l’Andante in forma di rapida meditazione, il pianista e direttore si concentra sull’Allegro conclusivo, equilibrando sonorità, ritmo, stile congiunto di pianoforte e orchestra: ne scaturisce un Mozart umbratile (diversissimo da quello del movimento iniziale), dei cui fiati Lonquich sottolinea l’apparente gaiezza.Alle acclamazioni del pubblico alla fine del concerto l’artista risponde con un ennesimo brano mozartiano: presenta un minuetto tutto giocato sugli strascichi e sugli stridori ironici. Con tale sigillo stilistico si chiude la bella stagione 2013-2014 della RAI: simpatico auspicio per una piena riuscita della successiva. Fotografie Michele Rutigliano