Roma, Auditorium “Parco della Musica”, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, stagione 2013-2014
Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Direttore Ton Koopman
Oboe Francesco di Rosa
Clarinetto Alessandro Carbonare
Fagotto Francesco Bossone
Corno Alessio Allegrini
Johann Christoph Friedrich Bach: Sinfonia in si bemolle maggiore I/20
Wolfgang Amadeus Mozart: Sinfonia concertante in mi bemolle maggiore per oboe, clarinetto fagotto e corno KV 297b
Johann Sebastian Bach: Sinfonia della Cantata BWV 42 “Am Abend aber desselbigen Sabbats”
Georg Friedrich Händel: Water Music, Suite n. 1 in fa maggiore HWV 348
Roma, 18 marzo 2014
Singolare, eccentrico, l’olandese Ton Koopman è allo stesso tempo un organista di fama mondiale, un ottimo direttore di repertorio barocco e un filologo-musicologo talentuoso, editore di un corpus notevole di opere – in particolare del suo amato Buxtehude, per cui ha ricevuto diversi riconoscimenti.
In questo concerto per l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Koopman inizia con un primo tempo neoclassico e termina con un secondo barocco. Apre con la Sinfonia in si bemolle maggiore di uno dei molti figli di Bach, Johann Christoph Friedrich: il lavoro è stuzzichevolmente brillante, ma lievemente superficiale, disimpegnato. L’orchestra si palesa da subito sonoramente esuberante, centrata, con quel timbro autenticamente barocco-neoclassico dato dall’estrema cura del suono e da un ensemble opportunamente ridotto. Segue la Sinfonia concertante di Mozart, composta a Parigi nel 1778 − mentre il compositore attendeva anche alla famosa sinfonia che prese il nome da quella città – e pensata affinché venisse eseguita da quattro solisti dell’orchestra di Mannheim: piglio neoclassico, francese per la leziosa grazia della scrittura delle parti soliste (corno, oboe, fagotto e clarinetto), l’ibrida forma della sinfonia-concerto è aderente alla filosofia musicale dello stile galante. Onore ai quattro solisti, eccellenti, dell’ANSC e alla direzione di Koopman: il quartetto è del tutto perfettamente armonizzato, dove oboe e clarinetto dipingono delicati arabeschi e veloci figurazioni di accordi sciolti, mentre corno e fagotto rafforzano l’armonia e dipingono figurazioni melodiche in dialogo con gli altri due. L’effetto è − come ho detto − magnifico, e il loro virtuosismo non ha mai un’inflessione: dalla cadenza dell’Allegro, alle melodie e impasti timbrici dell’Adagio, fino alle variazioni dell’Andantino. Se mai si debba appuntare qualcosa al tutto, avrei, forse, da ridire su qualche dinamica sonora scelta da Koopman (direttore più barocco che mozartiano), cui però l’orchestra non fa mancare colore; orchestra che, peraltro, esegue una parte non eccellente dovunque, tra le cruces della filologia mozartiana (è realmente sua l’orchestrazione del manoscritto ottocentesco, il più antico documento che reca la partitura, in cui addirittura il flauto venne sostituito col clarinetto?). Il pubblico, goduta l’esecuzione, applaude caloroso: Koopman bissa l’ultima variazione e coda del III movimento. Il secondo tempo si apre con la vitale sinfonia della Cantata BWV 42; e viene in mente un pensiero, quasi una malizia: Bach aveva insegnato veramente la musica ai suoi figli, ma non certo il suo talento, inimitabile. L’impianto melodico e le floride bellezze del basso continuo di questa sinfonia fanno impallidire quella scritta dal figlio. Chiude la serata il pezzo forte, la Suite n. 1 dalla Water Music di Händel. Scritta per una parata festiva in barca sul Tamigi (1717), la prima Suite è un insieme di danze, anche abbastanza disparate per carattere, che dovevano accompagnare la sontuosa traversata del fiume londinese da parte di re Giorgio I: la direzione dell’olandese è tutta brillante e tesa a tirar fuori dall’orchestra a sua disposizione la maggior brillantezza, spumeggiante, argentina, di suono, unita a marcare un carattere intimamente regale della musica. Indimenticabili sono il duettino dei due primi violini nell’Allegro dell’ouverture, l’assolo struggente dell’oboe nell’Adagio, melodioso e ribattuto dal frizzante suono del clavicembalo, i corni del Senza titolo n. 3, la graziosa Aria n. 6 e gli echi dei corni stessi (con il motivo poi ripreso dall’orchestra) del Minuetto n. 7; e come dimenticarsi della caratteristica Hornpipe e della celebre, pomposa fanfara del n. 10. Al termine, calorosi applausi da parte del pubblico, mentre Koopman, personaggio realmente sui generis, gongola divertito e compiaciuto. Foto Riccardo Musacchio & Flavio Ianniello